La fusione PGA Tour-LIV Golf osteggiata dal Congresso USA: l'Arabia Saudita al centro delle polemiche
E così, la discussa fusione fra PGA Tour e LIV Golf è diventata un problema politico. C'era da aspettarselo, visto che dietro a LIV c'è nientepopodimeno che l'Arabia Saudita. Negli Stati Uniti, riporta il Guardian, il Congresso sta preparando una controffensiva per contrastare l'accordo.
La proposta di fusione, che coinvolge anche il DP World Tour, l'ex European Tour, è oggetto di due indagini distinte del Senato. Entrambe, leggiamo, sono state avviate questa settimana. Non solo, il presidente della Commissione finanziaria del Senato ha dichiarato di voler introdurre una legislazione che – fra le altre cose – colpirebbe i benefici fiscali di cui gode, in America, il fondo sovrano dell'Arabia.
«Il coinvolgimento del PGA Tour con il PIF (il Public Investment Fund, il fondo di investimento pubblico dell'Arabia Saudita, ndr) solleva questioni significative sul fatto che le organizzazioni che si legano a un regime autoritario che ha continuamente minato lo stato di diritto debbano continuare a godere dello status di esenzione fiscale negli Stati Uniti» ha scritto Ron Wyden, presidente democratico della citata Commissione nonché uno dei più duri critici dell'Arabia Saudita a Capitol Hill, in una lettera alla direzione del PGA.
Nella lettera di quattro pagine, indirizzata al commissario del PGA Tour Jay Monahan e al presidente Ed Herlihy, Wyden ha chiesto di ricevere informazioni dettagliate su questioni che vanno dai diritti di libertà di parola dei giocatori, alla struttura dell'accordo e ai compensi dei manager, fino alla possibilità che la proprietà potenziale del PIF di beni immobili statunitensi rappresenti una minaccia per la sicurezza nazionale.
Washington ha una lunga storia di interferenze con proposte di fusioni e acquisizioni politicamente sgradite, e l'annuncio shock della PGA di aver accettato, insieme al DP World Tour, una fusione con il LIV Tour saudita – dopo un anno di aspre controversie tra le parti e che di fatto significherebbe che l'Arabia Saudita prende il controllo del golf ai più alti livelli – arriva in un momento in cui le relazioni del Paese con Washington sono ai minimi termini. Per non dire peggio.
Un avvocato di lunga data che si occupa di transazioni con l'estero, in particolare, ha dichiarato che l'amministrazione di Joe Biden è sempre più frustrata dalle calde relazioni del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, con la Cina. Il regno, insomma, ha pochi, anzi pochissimi alleati a Washington.
Secondo gli esperti, ci sono diversi ostacoli che potrebbero impedire il raggiungimento dell'accordo. Il più ovvio sarebbe la decisione del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di bloccare l'accordo per motivi di concorrenza. Giovedì, al riguardo, il Dipartimento di Giustizia ha informato la PGA che la fusione sarebbe stata sottoposta a una revisione a causa di problemi antitrust, ha riferito il Wall Street Journal, citando persone che hanno familiarità con il dossier. L'amministrazione Biden potrebbe anche – in teoria, e su pressione del Congresso – decidere di avviare una revisione della sicurezza nazionale sulla transazione proposta.
Sebbene il Congresso abbia meno strumenti concreti per bloccare un accordo, misure come la proposta di legge di Wyden per privare il fondo sovrano dell'Arabia Saudita dello status di esenzione fiscale potrebbero colpire, e pure forte, il regno.
La proposta di fusione non solo dovrà affrontare l'opposizione di democratici di alto livello come Wyden nonché Richard Blumenthal e Chris Murphy del Connecticut, ma anche di repubblicani che hanno espresso il loro disagio, nonché di un'importante lobby di familiari delle vittime degli attentati terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti, che in una recente dichiarazione hanno affermato di essere stati «traditi» dalla decisione della PGA di invertire la rotta e di accettare un accordo. Va ricordato, infatti, che quindici dei diciannove dirottatori in azione quel giorno provenivano dall'Arabia Saudita.
Khalid Aljabri, esperto saudita e commentatore frequente delle relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, ha affermato che la fusione PGA-LIV esemplifica il progetto di bin Salman di utilizzare risorse infinite per ottenere, con «prepotenza», un posto a tavola. La classica operazione di soft power, nella quale rientrano ad esempio gli ingaggi di Cristiano Ronaldo e Benzema nel campionato saudita.
Nell'annunciare la fusione la scorsa settimana, Monahan aveva ammesso: «Le persone mi daranno dell'ipocrita». E questo considerando la sua precedente posizione, ostile, nei confronti della LIV. Tuttavia, Monahan ha insistito sul fatto che la mossa fosse quella giusta per il golf, un'opinione condivisa da Keith Pelley, amministratore delegato del DP World Tour: «È un momento emozionante per il golf globale e per il gioco professionistico maschile» ha dichiarato Pelley. «Sono entusiasta di questo annuncio e di ciò che significa per il futuro».