La reazione

«La grazia concessa a 37 prigionieri? Una sceneggiata, Lukashenko è un dittatore»

Come interpretare la notizia, riportata a metà settembre, del perdono concesso a diverse persone condannate per «reati di estremismo» in Bielorussia? Ne parliamo con l'attivista Yuliya Yukhno
Marcello Pelizzari
05.10.2024 12:05

A metà settembre, le agenzie di stampa internazionali hanno riferito che il leader bielorusso Alexander Lukashenko ha «graziato» 37 prigionieri. Condannati per «reati di estremismo», un termine che solitamente Minsk utilizza per descrivere i prigionieri politici. «In vista della Giornata dell'Unità Nazionale, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha firmato un decreto per la grazia di altre 37 persone condannate per reati di estremismo» le parole, precise, usate dall'agenzia statale BelTA. I prigionieri graziati, ha aggiunto BelTA, sarebbero in gran parte persone con malattie croniche e anziani.

Come interpretare questa mossa? «Prima di tutto, va chiarito che Alexander Lukashenko non è il leader legittimo della Bielorussia» ha risposto, sollecitata dal CdT, Yuliya Yukhno, rappresentante dell'Ambasciata popolare della Bielorussia in Italia. Un'organizzazione, leggiamo, che aiuta i rifugiati e il popolo bielorussi e che combatte per la libertà. «Dopo la sua sconfitta alle elezioni presidenziali del 2020, Lukashenko ha mantenuto il potere con la forza, attraverso la repressione e le sistematiche violazioni dei diritti umani. Più di 65 mila persone sono state ingiustamente detenute e torturate nelle carceri bielorusse. Il vero volto della Bielorussia di oggi è rappresentato da Sviatlana Tsikhanouskaya, leader riconosciuta a livello internazionale e simbolo della resistenza democratica del nostro popolo».

Attualmente, spiega l'organizzazione, in Bielorussia ci sono circa 1.400 prigionieri politici. Molti dei quali, ha proseguito la nostra interlocutrice, «subiscono torture e condizioni disumane nelle carceri del regime». E ancora: «Mentre Lukashenko cerca di distogliere l'attenzione internazionale con atti simbolici, come la grazia concessa a 37 persone, allo stesso tempo altre 50 vengono arrestate o perseguitate».

Detto in altri termini, l'annuncio in pompa magna del perdono concesso a 37 prigionieri «è un caso di disinformazione e speculazione politica volta a migliorare l'immagine di un dittatore, mentre la realtà dei fatti è tragica per il popolo bielorusso». Per questo, «è fondamentale che la comunità internazionale non si lasci ingannare da queste sceneggiate e continui a sostenere la lotta per la libertà in Bielorussia». 

Secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International, nel 2023 in Bielorussia diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione sono rimasti gravemente limitati. Non solo, sono state usate le accuse di «estremismo» e «terrorismo» per chiudere oltre 200 organizzazioni ed è stata eseguita la condanna a morte di almeno un uomo. La tortura e altri maltrattamenti sono stati ampiamente adoperati e, di nuovo, l’impunità ha prevalso. Il sistema giudiziario è stato sfruttato per sopprimere il dissenso e i processi sono stati sistematicamente iniqui. Le persone condannate per accuse di matrice politica sono state detenute in condizioni disumane in isolamento. Le minoranze nazionali e religiose hanno subito discriminazioni. Rifugiati e migranti sono stati oggetto di violenze e respingimenti.

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