Il caso

La mazzata delle sanzioni: la Russia deve sostituire 200 aerei entro il 2030

La cifra arriva direttamente dall'amministratore delegato del conglomerato statale Rostec, Sergey Chemezov, ma potrebbe essere perfino più alta
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Marcello Pelizzari
09.04.2025 15:45

«O tolgono le sanzioni o la Russia non avrà più aerei». Titolavamo così, lo scorso marzo, un approfondimento sullo stato dell'aviazione commerciale russa, stritolata da tre anni di guerra e misure. Il settore, va da sé, è in difficoltà. O, peggio, in guai seri. Riassumendo, il contrabbando di componenti non è sufficiente a garantire l'aeronavigabilità dei velivoli di fabbricazione occidentale mentre la produzione «locale» è in alto mare.

Le autorità, sin qui, hanno sempre fatto buon viso a cattivo gioco. Alcune settimane fa, per contro, Sergey Chemezov, amministratore delegato del conglomerato statale Rostec, attivo nella difesa e nell'alta tecnologia, ha ammesso che la Russia nei prossimi anni dovrà sostituire centinaia di velivoli commerciali di fabbricazione straniera, Airbus e Boeing soprattutto, con velivoli prodotti nel Paese. La data limite, in questo senso, è il 2030 mentre il numero di aerei che dovrà essere per forza di cose dismesso è in zona 200. Parliamo, nello specifico, di modelli oramai tagliati fuori dalla manutenzione e dagli aggiornamenti di software, nonché dai pezzi di ricambio ufficiali, a causa delle sanzioni internazionali pronunciate in seguito all'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca. Chemezov, scrive fra gli altri il Moscow Times, ha parlato all'Unione russa degli industriali e degli imprenditori. Lasciando intendere che, in realtà, il numero di aerei da pensionare forzatamente potrebbe perfino essere superiore: Rostec, che nel 2018 inghiottì la United Aircraft Corporation, ovvero il raggruppamento di aziende aeronautiche e aerospaziali russe creato nel 2006 su iniziativa del governo, ha appena iniziato a parlare con le singole compagnie per valutare lo stato delle flotte.

Calcolatrice alla mano, le dichiarazioni di Chemezov suggeriscono che, nei prossimi cinque anni, il 30% circa degli aerei passeggeri di fabbricazione occidentale in dotazione alle compagnie russe verrà messo a terra. Al momento, la flotta commerciale russa comprende qualcosa come 700 velivoli fra Airbus e Boeing. Chiamati a gestire il 90% dei voli nel Paese. L'Agenzia federale per il trasporto aereo, Rosaviatsiya, tramite il suo responsabile Dmitry Yadrov ha fatto sapere che in questi tre anni e oltre di sanzioni i vettori della Federazione hanno dovuto ritirare 58 aerei. Ritiri, leggiamo, legati a doppio filo a una vera e propria impennata di incidenti. Novaya Gazeta, al riguardo, è stata piuttosto tranciante: gli incidenti, in Russia, lo scorso anno sono aumentati del 25%. Se ne sono verificati 208, nei primi undici mesi del 2024, rispetto ai 161 dei primi undici mesi del 2023. Almeno novanta di questi incidenti hanno comportato atterraggi non programmati per uno o più guasti ai sistemi. Parliamo, nella stragrande maggioranza dei casi, di guasti ai motori e ai carrelli di atterraggio. 

Oltre ai requisiti di manutenzione ordinaria, qualsiasi aeromobile commerciale di Airbus e Boeing deve essere sottoposto a modifiche obbligatorie ai sensi delle direttive di aeronavigabilità e dei bollettini di servizio della FAA statunitense e dell'EASA, l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea. Modifiche che richiedono (o richiederebbero) la collaborazione dei cosiddetti OEM, acronimo che sta per Original equipment manufacturer. Di più, perfino i Superjet – aerei russi – in attesa della versione totalmente nazionalizzata dipendono dall'Occidente per alcuni componenti critici. Detto in altri termini, le sanzioni hanno interrotto da un lato le normali operazioni di manutenzione degli aeroplani stranieri e, dall'altro, fermato (quasi) totalmente l'afflusso di pezzi di ricambio dall'estero.

Nel 2022, un piano governativo prevedeva di produrre 1.036 aerei «al 100% russi» entro il 2030, fra cui 270 MC-21, 142 Superjet e 70 Tu-214. La produzione di massa, tuttavia, è stata più volte ritardata, in parte a causa delle sanzioni occidentali in parte, invece, per la necessità di convogliare le risorse disponibili nello sforzo bellico. In base al citato piano, le compagnie avrebbero dovuto ricevere due Superjet «russificati» e tre nuovi (vecchi) Tupolev Tu-214 nel 2023, mentre lo scorso anno la lista avrebbe dovuto comprendere 20 Superjet, 7 Tu-214, 6 MC-21 e 2 turboelica Ilyushin Il-114-300. E invece, come ha riferito il quotidiano economico Kommersant, dalle linee di produzione negli ultimi tre anni sono usciti solo 3 Tupolev Tu-214 e 2 Ilyushin Il-96-300. Poco, anzi pochissimo per sostenere (un domani) il traffico aereo del Paese. Traffico che nel 2024 è cresciuto del 5,9% rispetto all’anno precedente. Di qui la domanda: fino a quando la crescita sarà sostenibile con la flotta attuale e le pochissime aggiunte future?