La Palestina sì, il Kosovo no: perché?

La Palestina sì, il Kosovo no. La decisione della Spagna di riconoscere lo Stato palestinese, al pari di Islanda e Norvegia, ha sollevato non poche discussioni e polemiche. A Madrid e dintorni, soprattutto, ma anche nei Balcani. E questo perché, secondo alcuni analisti, la Spagna starebbe agendo con un doppiopesismo ingiustificato. E ingiustificabile. Proprio perché, da anni oramai, il Paese iberico si rifiuta di riconoscere Pristina. Con motivazioni tutto fuorché convincenti, sempre agli occhi di alcuni analisti. Detto questo, come e dove nasce questo rifiuto nei confronti della Repubblica kosovara? Proviamo a fare chiarezza.
La situazione del Kosovo
La situazione giuridica del Kosovo, la cui dichiarazione di indipendenza risale al 2008, di per sé è complicata. Oggi, de facto, il territorio è autogovernato sotto il protettorato delle Nazioni Unite. Ma è rivendicato dalla Serbia. Belgrado non soltanto non riconosce l'indipendenza del Kosovo, ma considera parte integrante dello Stato serbo il suo territorio. A livello internazionale, l'indipendenza di Pristina è riconosciuta da 101 Paesi su 193, mentre all'interno dell'Unione Europea il riconoscimento è stato messo nero su bianco da 22 Stati membri su 27. Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna, appunto, a oggi si limitano a riconoscere i documenti di viaggio kosovari. Nulla più. Questi cinque Paesi, leggiamo, temono che un eventuale riconoscimento del Kosovo funga da propellente per movimenti secessionisti interni. Nel caso della Spagna, lo sguardo evidentemente è rivolto ai Paesi Baschi e alla Catalogna.
La posizione della Svizzera
Parentesi sulla Svizzera: il riconoscimento dell'indipendenza kosovara, da parte di Berna, risale al 27 febbraio 2008. Dieci giorni dopo la dichiarazione fatta dal Kosovo, in sostanza. «Da allora – spiega il Dipartimento federale degli affari esteri – i due Paesi hanno sottoscritto accordi bilaterali nei campi della cooperazione tecnica e finanziaria, dell’aviazione civile, del trasporto di passeggeri e di merci su strada, del commercio, della protezione degli investimenti e della sicurezza sociale».
Kosovo e Svizzera, d'altro canto, sono legati da una forte, fortissima storia migratoria. I primi lavoratori kosovari, per dire, giunsero nella Confederazione negli anni Sessanta, quando il Kosovo era una provincia autonoma della Jugoslavia. Negli anni Novanta, ancora, decine di migliaia di profughi trovarono rifugio nel nostro Paese in fuga da un conflitto fratricida. Non solo, la Svizzera fornì aiuti umanitari durante la cosiddetta guerra del Kosovo, dal 1998 al 1999, una guerra inserita nel più ampio contesto delle guerre jugoslave e incentrato proprio sullo status del Kosovo.
Considerando questo vissuto, ribadisce il Dipartimento federale degli affari esteri, «la Svizzera si impegna, tra le altre cose, nella promozione del dialogo politico, nell’integrazione delle minoranze, nell’elaborazione del passato, nel rafforzamento delle istituzioni democratiche e nello sminamento umanitario». Di nuovo: «Dal 1999 l’Esercito svizzero partecipa con la Swisscoy alla missione internazionale per la promozione della pace KFOR della NATO. Questo impegno militare si basa sulla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU».
Le critiche alla Spagna
Curiosamente, tornando alla Spagna, venticinque anni fa le forze militari iberiche parteciparono agli attacchi aerei contro la Serbia in risposta al massacro di Reçak, nel tentativo di frenare il nazionalismo serbo e, di fatto, porre fine alla guerra del Kosovo. Nazionalismo che, nel 2024, non è scomparso. Anzi, il presidente serbo Aleksandar Vučić insiste sul fatto che Pristina sia una provincia serba. Secessionista, d'accordo. Ma serba. Vučić, a suo modo, è legato a doppio filo a Slobodan Milosevic: dal 1998 al 2000, quando Milosevic era presidente, Vučić ricoprì la carica di ministro dell'Informazione. Un biennio durante il quale l'attuale presidente introdusse misure restrittive nei confronti dei giornalisti e mise al bando le emittenti straniere.
I critici, da tempo, puntano il dito contro la Spagna. E questo perché, riassumendo al massimo, rifiutandosi di riconoscere il Kosovo Madrid, a suo modo, sostiene l'ideologia nazionalista di Vučić. Di più, contribuisce all'instabilità della regione. Denis MacShane, ex ministro del Regno Unito, lo scorso aprile intervenendo a un podcast di Euronews era stato categorico, al riguardo: «L’argomentazione secondo cui il riconoscimento del Kosovo costituirebbe un precedente per la Catalogna è surreale. La Francia riconosce il Kosovo e ignora le richieste di indipendenza della Corsica. La Gran Bretagna riconosce il Kosovo senza che nessun indipendentista scozzese lo usi come argomento per smantellare il Regno Unito. Il Canada riconosce il Kosovo senza che ciò abbia alcun impatto sulle richieste dei secessionisti del Québec affinché il Québec rompa i legami con il resto del Canada».