La penuria d'acqua sta diventando un problema

Sì, il fabbisogno di acqua aumenta. In tutto il mondo. Di per sé, una logica conseguenza dell'aumento della popolazione mondiale. Il problema, però, è che la disponibilità di oro blu – parallelamente – diminuisce. Secondo la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) preposta alla cooperazione internazionale, entro il 2025 due terzi della popolazione mondiale vivranno in regioni in cui l'acqua, semplicemente, scarseggia.
Il problema della scarsità
Che cosa dobbiamo aspettarci, dunque? Quando un bene scarseggia, e l'acqua in questo senso non fa eccezione, possono scatenarsi conflitti. Ad affermarlo, al Blick, è Ashok Swain, ricercatore sulla pace e sui conflitti nonché direttore del Dipartimento di cooperazione internazionale sull'acqua dell'Università di Uppsala, in Svezia: «La scarsità d'acqua ha il potenziale per esacerbare le dispute sul suo uso condiviso». A detta dell'esperto, dunque, non si possono nemmeno escludere conflitti armati per il cosiddetto oro blu. Il ricercatore cita come esempi due guerre in cui la lotta per l'acqua è stata una delle cause scatenanti: la Guerra dei Sei Giorni del 1967, quando gli israeliani occuparono le alture del Golan per assicurarsi l'approvvigionamento idrico del fiume Giordano, e le guerre indo-pakistane nel Kashmir, bacino idrografico dei fiumi indiani.
La diga della discordia
Secondo Swain, in questi giorni la situazione delle risorse idriche in Etiopia e dintorni è tesa. La diga etiope, che dovrebbe essere la più grande dell'Africa una volta completata nel 2024 o 2025, sta facendo temere al vicino egiziano di perdere l'approvvigionamento idrico dal Nilo. Una minaccia, diretta, all'agricoltura del Paese. «In diverse occasioni – ribadisce l'esperto – la disputa ha quasi raggiunto il punto di escalation militare. Il Nilo è vitale per l'Egitto, che dipende da questa fornitura per soddisfare oltre il 90% del suo fabbisogno idrico. Quanta acqua fluirà nel fiume in futuro è quindi di grande importanza per molti Paesi della regione». Non a caso, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi ha adottato toni molto meno concilianti nelle sue relazioni con l'Etiopia.
La Cina e il controllo del Tibet
A preoccupare è anche un'altra disputa, quella fra India e Pakistan, entrambi afflitti da scarsità di acqua e siccità e in lotta per diversi fiumi in comune. Il più importante, l'Indo, che scorre nella parte indiana del Kashmir, nasce in Tibet, la «torre d'acqua dell'Asia». L'altopiano tibetano è la culla di altri importantissimi corsi d'acqua, come il Gange, il Mekong e il Brahmaputra. Una concentrazione di risorse, leggiamo, su cui ovviamente sta investendo tantissimo la Cina. Di fatto, Pechino si è assicurata un potere esclusivo sulla distribuzione di acqua nella regione, come dimostra un'analisi dello Swiss Institute for Global Affairs. Un'esclusività che, di riflesso, potrebbe avere gravi ripercussioni su tutti i Paesi toccati dai fiumi citati. Dagli anni Novanta, per dire, la Cina ha costruito qualcosa come undici mega-dighe che impediscono un sufficiente passaggio di acqua agli Stati più a sud.
In un periodo di grave e prolungata siccità, senza contare il caldo che sta colpendo alcune zone del Dragone, il controllo dell'acqua sta diventando un vero e proprio simbolo di potere. Nonché una leva. Swain, infine, auspica che presto o tardi i governi trovino un'intesa: «Questi Paesi devono rendersi conto che una distribuzione equa dell'acqua può solo portare benefici a tutte le parti coinvolte. Altrimenti, l'acqua rischia di diventare un'arma in grado di destabilizzare intere regioni».