La politica italiana come Fantozzi, manca solo il «rutto libero»
La protagonista di questa settimana italiana è la politica con la p rigorosamente minuscola. Un esponente di Forza Italia, partito di maggioranza di governo, peraltro un deputato della corrente di riferimento di Antonio Tajani, segretario forzista, ministro degli Esteri nonché vicepresidente del Consiglio, dando sfoggio del suo spessore culturale (e qui avrà frainteso la parola) ha definito «paraculetto» Matteo Salvini, a sua volta segretario leghista, ministro dei Trasporti nonché vicepresidente del Consiglio. Il Salvini e il partito di Salvini, piccati per cotanto insulto, hanno replicato con un digrignante «si diano una calmata». Queste sono le interlocuzioni fra colleghi di alto livello istituzionale. Altro che peggiori bar di Caracas. Le migliori buvette della Camera.
In maggioranza si agitano i bulli, in minoranza si agitano i cavilli. L’ex comico Beppe Grillo, e potremmo dire anche ex politico, ha impugnato un cavillo dello statuto dei Cinque Stelle per invalidare l’abolizione del garante (cioè di Grillo stesso) votata appena una settimana fa dagli iscritti dei Cinque Stelle, iscritti virtualmente riuniti per la prima volta in un congresso vecchia maniera, un evento ormai atipico convocato da Giuseppe Conte, un politico di recente forgiatura ma di vecchie maniere. Il secondo tentativo sarà consumato entro una manciata di giorni.
Sulla riduzione del canone Rai, misura che piace alla Lega e non piace a Forza Italia perché non piace a Mediaset, un pezzo di maggioranza (Forza Italia) si è unito alla minoranza. Sul raddoppio degli introiti pubblici per i partiti col meccanismo fiscale del «duepermille» (da 25 milioni di euro a circa 43), misura che non dispiace quasi a nessuno, un pezzo di minoranza (Partito democratico) si è unito alla maggioranza. Per fortuna è intervenuto il Quirinale, il «mattarello magico», che ha fermato l’emendamento inserito nel testo di conversione di un decreto legge: per una norma del genere non c’è bisogno di corsie preferenziali, non c’è una urgenza indifferibile.
Il tema dei partiti è vitale per la democrazia: scontato. I partiti unipersonali o monofamiliari, e ce ne sono molti in Italia, difettano in democrazia: ancora più scontato. Risolvere lo scollamento fra il palazzo e i cittadini con una decina di milioni da spartirsi non soltanto è ipocrita, ma è offensivo per i cittadini e la Costituzione. È da oltre settant’anni che aspetta piena applicazione l’articolo 49 della Carta, le due frasi che regolano la democrazia nei partiti.
Per il filosofo del diritto Norberto Bobbio la democrazia può essere descritta in modo semplice e profondo: «È un metodo per prendere decisioni collettive. Si chiama gruppo democratico quello in cui valgono almeno due regole per prendere decisioni: la prima è che tutti partecipino alle decisioni direttamente o indirettamente, la seconda è che vengano prese dopo una libera discussione a maggioranza». «Paraculetto» non va bene. Questa non è libera discussione a maggioranza. È il Fantozzi di «frittatona di cipolle, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero».