La preoccupazione dei giovani russi: «E adesso?»
Mesi fa, non appena Vladimir Putin aveva annunciato l’oramai famosa (e famigerata) operazione militare speciale in Ucraina, i venti di guerra avevano spinto molti giovani russi a riparare altrove. Nel timore, va da sé, di una mobilitazione parziale o generale. E, quindi, di essere spediti al fronte dall’oggi al domani.
C’è chi, all’epoca, scelse ex repubbliche sovietiche come la Georgia e chi, ancora, i Balcani o la Turchia. A muoverli, appunto, la paura e la preoccupazione della coscrizione. Ora, dopo l’annuncio di Vladimir Putin, è probabile che assisteremo a una nuova, importante ondata migratoria. Lo dimostrano i prezzi (e i tassi di riempimento) per i voli che dalla Russia portano a Istanbul.
A Istanbul
Prima delle parole di Putin, d’altronde, il Moscow Times aveva raccolto le sensazioni e i sentimenti di molti russi trasferitisi all’estero e, nello specifico, proprio a Istanbul. Rimanere all’estero fino al ventisettesimo anno di età, leggiamo, teoricamente avrebbe garantito a questi giovani di evitare la leva una volta rientrati in patria. Teoricamente, già, dal momento che la mobilitazione parziale fa cadere questo limite. Anche sopra i ventisette anni, insomma, c’è il rischio di finire nelle maglie dell’esercito. E, ribadiamo, di andare a combattere in Ucraina.
Un rischio che, non a caso, diversi russi potenzialmente arruolabili non vogliono correre. La soluzione? Mantenere un profilo basso, anche a Istanbul. Evitando, così, di attirare l’attenzione delle autorità russe.
Coscritti in combattimento
Detto ciò, c’è anche chi – come Alexander, citato dal giornale moscovita – è tornato brevemente in Russia per rinnovare il passaporto. Chi non ha completato il servizio militare, come lui, può ricevere un nuovo documento solamente di fronte a un’esenzione medica. Di qui i problemi, grossi, in cui è incappato il ragazzo. «Ho rifiutato la loro convocazione sulla base di malattie che non sono state ancora provate, ma dovrò tornare in Russia per fare altri test», ha detto. «Nel caso in cui la mia esenzione medica venga rifiutata, è probabile che non ritorni in Turchia».
Altro giro, altro timore: se è vero che la legge russa non prevede, per i coscritti, la partecipazione a conflitti al di fuori della Federazione Russa, è stato confermato da fonti indipendenti che diversi uomini in pieno servizio militare obbligatorio sono morti mentre combattevano in Ucraina. Alcuni coscritti, ad esempio, erano rimasti uccisi sull’ammiraglia della flotta del Mar Nero, la Moskva. Altri report, invece, suggeriscono che alcune unità di coscritti siano state inviate a difendere il confine nella zona di Kharkiv.
I controlli a campione
La preoccupazione, detto dei russi all’estero, è che in patria molti giovani ora subiscano controlli a campione da parte della polizia. Polizia che, va da sé, può arrogarsi il diritto di denunciare i civili all’ufficio di reclutamento.
Il decreto di mobilitazione, pubblicato mercoledì dopo il discorso televisivo di Putin, garantisce al Cremlino la possibilità di arruolare milioni di uomini fra i diciotto e i sessant’anni. Il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, ha affermato che «solo» 300 mila riservisti verranno chiamati a combattere. Lo stesso Putin ha chiarito che «solo i cittadini attualmente nella riserva saranno soggetti a convocazione al servizio militare, in primis quelli che hanno prestato servizio nei ranghi delle forze armate».
Eppure, gli osservatori hanno sottolineato che il decreto di mobilitazione parziale, guarda caso, è stato pensato e scritto per essere il più vago possibile. «In realtà, il ministero della Difesa russo deciderà quali uomini, dove e in che quantità inviare in guerra», ha scritto su Telegram il difensore dei diritti umani Pavel Chikov.
Gli interrogatori
Di più, una legge approvata dal parlamento russo, martedì, ha introdotto i concetti di «mobilitazione, legge marziale e tempo di guerra» e, parallelamente, imposto lunghe pene detentive per i disertori e coloro che si sono arresi «volontariamente».
Il nazionalismo politico di molti attori, in questo senso, ha contribuito parecchio all’annuncio di una mobilitazione parziale, in particolare come risposta al ritiro russo dalla regione di Kharkiv a inizio mese.
Il Cremlino, finora resistente a simili appelli, ha preferito appoggiarsi sul reclutamento di prigionieri o, ancora, di stranieri, con l’offerta della cittadinanza quale specchietto per le allodole. Sempre il Moscow Times ha riportato che alcuni studenti e attivisti politici, fra cui Ivan, ventidue anni, sono stati sottoposti a interrogatori psicologici piuttosto invasivi presso gli uffici di reclutamento militare. L’obiettivo? Valutare le opinioni sulla guerra e, ancora, chiedere come mai questi ragazzi non avessero (ancora) prestato servizio militare. «C’è stato un problema quando un medico mi ha chiesto se fossi preoccupato per le sanzioni» ha ricordato Ivan. «Ho risposto onestamente e ho detto di sì. A quel punto sapevo cosa volevano fare: o volevano mettermi in un ospedale psichiatrico, o mandarmi nell’esercito».
Ivan, per forza di cose, si è visto costretto a lasciare la Russia per Istanbul. Unendosi ai tanti connazionali che, dalla Turchia, manifestano contro la guerra di Putin. Come molti altri, è disposto a rimanere all’estero tutto il tempo necessario. Se tornasse, nella buca delle lettere rischierebbe seriamente di trovare una convocazione militare. O, meglio, un biglietto di sola andata per l’inferno.