«La Russia continua a far volare quegli aerei? E allora io non pago»
La vicenda è nota, se non arcinota. A margine dell'invasione su larga scala dell'Ucraina e delle conseguenti sanzioni occidentali nei confronti di Mosca, la Russia aveva «rubato» circa 400 aerei fra Airbus e Boeing. Riassumendo al massimo, invece di riconsegnare questi velivoli ai legittimi proprietari – le società di leasing o lessor – il Cremlino aveva optato per una re-immatricolazione forzata. Con l'obiettivo, evidente, di consentire ad Aeroflot e alle altre compagnie del Paese di mantenere attivo il servizio. La vicenda, sin da subito, aveva acceso il dibattito in Occidente, con i citati lessor decisi a farsi rimborsare dagli assicuratori per il mancato rientro dei velivoli. In realtà, Vladimir Putin aveva favorito la continuazione di questi leasing. Stabilendo tramite decreto che le rate sarebbero state versate in rubli e annunciando l’apertura di conti speciali presso banche russe per il trasferimento delle somme. Tutto regolare, dunque? Non proprio. Le società di leasing non avevano accettato questa modalità di pagamento mentre i vettori, semplicemente, avevano sospeso i versamenti sostenendo che non avrebbero comunque portato a un effettivo rimborso del debito contratto. Di per sé, tuttavia, in quasi tre anni di tira e molla i contratti di leasing non sono mai stati interrotti del tutto. Non formalmente. Con tutte le conseguenze del caso, anche a livello di solvibilità degli stessi vettori.
In ballo, secondo le stime, ci sono circa 10 miliardi di dollari. Questo, almeno, era il valore all'epoca degli aerei confiscati dal Cremlino. Di qui, appunto, la domanda: chi paga, al netto di alcune transazioni già concluse fra le parti e, come detto, dei leasing mai del tutto interrotti in via – diciamo – ortodossa? A Londra, giova ricordarlo, le società di leasing si sono già rivolte alla giustizia. Scagliandosi contro i grandi assicuratori nel tentativo, va da sé, di recuperare non tanto gli aerei quanto i soldi. Un'azione legale, spiega il portale aeroTELEGRAPH, è in corso anche a Dublino. Da giugno. Il secondo e il terzo lessor al mondo, SMBC e Avolon, come pure BOC Aviation, CDB Aviation, Nordic Aviation Capital ed Hermes Aicraft, stanno cercando di far valere i loro diritti in Irlanda, il Paese in cui tutte queste società sono registrate. La posta in gioco, nello specifico, è di 2,5 miliardi di euro. Secondo i lessor, le compagnie di assicurazione dovrebbero coprire gli aeromobili re-immatricolati come perdite. I colossi assicurativi, fra cui Lloyd's, AIG e Chubb, sostengono invece che gli aerei non sono andati distrutti e, per questo motivo, non va riconosciuto ai lessor alcun risarcimento.
Chi ha ragione? Bella domanda. Se è vero che molti di questi aerei, effettivamente, stanno volando nei cieli russi (e non solo) è altrettanto vero che – in mancanza di pezzi di ricambio occidentali, di aggiornamenti software e di una corretta manutenzione – il loro valore si è deteriorato rispetto al 2022. Le compagnie di assicurazione, di nuovo, insistono sul fatto che i vecchi contratti di leasing non sono più validi. Al lavoro, per dirimere tutte queste questioni, ci sono oltre 180 avvocati. Lo scontro, a Dublino, è cominciato lo scorso giugno come detto. E si protrarrà per mesi e mesi, secondo le stime degli esperti. Il che non impedirà ai singoli lessor di trovare accordi extragiudiziali. Come, d'altronde, insegna il caso in discussione a Londra dal novembre del 2022 e che vede coinvolte, in totale, sedici compagnie assicurative, fra cui Swiss Re. Aercap, la più grande società di leasing di aeromobili al mondo, pure con sede a Dublino, inizialmente aveva stimato le sue perdite in 3,5 miliardi di dollari. Nel frattempo, il lessor ha raggiunto accordi con le compagnie assicurative per oltre 1,3 miliardi di dollari. Poco prima di Natale, invece, gli avvocati di SMBC avevano comunicato al giudice di aver trovato un'intesa con Swiss Re. Non si sa per quale cifra.