Medio Oriente

La Russia teme di perdere le sue basi in Siria: perché sono così importanti?

Dopo la caduta del presidente Assad, il futuro della base navale di Tartus e dell'aeroporto di Hmeimim è incerto: Mosca vuole tutelare i suoi interessi in Africa
Putin parla alle truppe all'aeroporto di Hmeimim. ©Mikhail Klimentyev
Michele Montanari
12.12.2024 12:45

La caduta del regime del presidente siriano Bashar al-Assad a opera dei ribelli rappresenta un duro colpo per la reputazione internazionale della Russia, alleata del rais e presente sul territorio con due importanti centri logistici e militari, la base navale di Tartus e l'aeroporto di Hmeimim. Lo scorso 11 dicembre il Cremlino ha confermato che il dittatore siriano è fuggito a Mosca dopo la conquista della capitale Damasco da parte delle forze di opposizione guidate dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS).

Durante le concitate fasi dell’offensiva volta a rovesciare il regime, il presidente Assad è riuscito a far perdere le sue tracce, facendo subito pensare a una, praticamente ovvia, fuga in Russia. D’altronde, il Cremlino ha investito molte risorse per sostenere il regime siriano, supportato militarmente dal 2015, quando i raid aerei russi sulle forze antigovernative avevano aiutato Assad a consolidare il suo potere nel Paese. In cambio, la Russia ha ottenuto la presenza permanente in Siria con due basi per le sue operazioni militari in Africa.

Con l’esercito di Vladimir Putin impegnato in Ucraina da ormai quasi tre anni, la Russia si è dimostrata però incapace di proteggere il regime e ora le sue strutture militari in Siria, importantissime dal punto di vista strategico, hanno un futuro incerto.

Le basi russe in Siria

L'impatto della caduta di Assad non rappresenta solo un danno d’immagine a livello internazionale, ma minaccia le operazioni di Mosca in Africa, dove il Cremlino ha cercato per anni di costruire un punto d'appoggio. La Siria, non è un mistero, è da tempo al centro delle ambizioni russe nel continente africano, con due basi militari chiave, la base navale di Tartus e l'aeroporto di Hmeimim, che fungono da hub strategici. Situate nel governatorato di Latakia, ora sotto il controllo dell'opposizione siriana. Le due basi, negli anni, sono diventate fondamentali per facilitare le spedizioni militari a supporto delle operazioni espansionistiche della Russia in Africa settentrionale e centrale.

Il 10 dicembre, scrive il Kyiv Independent, l'intelligence ucraina ha fatto sapere che la Russia aveva iniziato a ritirare alcune attrezzature militari dalla Siria, in particolare dalla sua unica base aerea al di fuori dell'ex Unione Sovietica e dal suo porto navale sul Mar Mediterraneo. Per ora, comunque, il Cremlino sembra intenzionato a mantenere i soldati russi nelle basi, in attesa della formazione di un nuovo governo siriano.  

«La Russia ha sempre avuto una presenza molto limitata e chirurgica in Siria, ed è più facile sostenerne una piccola che una grande», ha fatto notare Anna Borshchevskaya, ricercatrice senior presso il Washington Institute for Near East Policy, stimando la presenza di circa 4.500 soldati di Putin nel Paese.

Interpellato dal Kyiv Independent, Marat Gabidullin, un mercenario del gruppo Wagner, ha descritto la base aerea di Hmeimim come il «fulcro» delle operazioni russe in Africa e Medio Oriente, affermando che tutte le operazioni logistiche principali passano da lì.

L'intervento della Russia in Siria e il suo sostegno al regime di Assad hanno aperto le porte a Mosca per espandere la sua influenza e presenza militare nella regione. Tartus, fondata come base navale sovietica nel 1971, ha ottenuto un importante ammodernamento nel 2017, quando la Russia ha stretto un accordo per espandere la struttura e utilizzarla per quasi mezzo secolo.

Secondo Business Insider, Tartus ospitava sei navi russe, tre fregate, due petroliere e un sottomarino, che sarebbero state ritirate lunedì scorso. Hmeimim, invece, è un'aggiunta più recente, costruita dopo che Mosca è accorsa in aiuto di Assad nel 2015.

Stando ad alcuni analisti citati da Meduza, prima della guerra in Ucraina, la Siria era il principale punto di partenza della Russia per le operazioni in Africa. Sebbene questo ruolo sia leggermente diminuito dopo che la Turchia ha chiuso lo stretto del Bosforo alle navi da guerra, in seguito all'invasione dell'Ucraina nel febbraio 2022, tagliando fuori la «Syrian Express», una rotta chiave per il trasporto di carichi militari attraverso il Mar Nero.

Il professor Mark Galeotti, uno dei più autorevoli esperti di Russia, ha spiegato ad Al Jazeera che la Siria fornisce a Mosca un punto di partenza vitale, consentendole di eludere le restrizioni della Turchia: «Senza la base russa a Tartus, l'unico modo di proiettare la potenza navale nel Mediterraneo è attraverso il Mar Baltico, il che non è certo l'ideale. Allo stesso modo, senza la base aerea di Hmeimim, fornire supporto aereo alle operazioni in Africa dipenderebbe ancora una volta dalla buona volontà della Turchia, il che è qualcosa che difficilmente andrebbe a genio al Cremlino».

Quali alternative?

Gli aerei da trasporto russi attualmente si affidano a un corridoio aereo attraverso il Mar Caspio, sorvolando l'Iran e l'Iraq, rifornendosi a Hmeimim prima di proseguire verso l'Africa, ha constato Meduza, evidenziando che, per ora, «non c'è un'alternativa in grado di svolgere questo ruolo cruciale per il comando russo».

Secondo il mercenario Wagner Marat Gabidullin, se la Russia dovesse perdere le sue basi in Siria, dovrà ricostruire la sua logistica e «scommettere sulla Libia, una regione molto instabile». In quel caso, Mosca dovrà «fare i conti con i capricci di Haftar (Khalifa Ḥaftar, il comandante dell'Esercito nazionale libico), un uomo imprevedibile».

La Libia, dove la Russia ha già delle basi, sarebbe un’opzione plausibile, ma come sottolinea il ricercatore esperto di Russia John Lechner, quelle basi sono state prestate dal «signore della guerra» Haftar, che con il suo esercito controlla solo una parte del Paese africano. Secondo Lechner, una base permanente richiederebbe un accordo formale e Haftar probabilmente non ha l'autorità legale per siglare l’intesa. Inoltre, l'istituzione di una base russa permanente aumenterebbe la pressione sul comandante libico da parte delle potenze occidentali. Per l'esperto militare Kirill Mikhailov, citato da Mediazona, la questione coinvolgerebbe «anche altri attori regionali che influenzano Haftar, ovvero Francia, Italia ed Emirati Arabi Uniti. Di conseguenza, sia le questioni logistiche che quelle politiche resterebbero irrisolte». Pur essendo meno sviluppato di quello siriano, il porto libico di Tobruk potrebbe essere l’opzione «meno peggiore» per  la Russia, nonostante un aggravarsi della situazione in Ucraina potrebbe occupare Mosca, impedendole di supportare Haftar, se il comandante dovesse trovarsi ad affrontare una crisi.

Lechner, poi, cita come alternativa il Sudan. Anche se la guerra civile in corso nel Paese e le divisioni interne alla Russia su quale fazione sostenere potrebbero rappresentare «sfide significative».

Port Sudan, peraltro, si trova nel Mar Rosso, lontano dalle operazioni russe nel Mediterraneo. Gli schieramenti da lì dovrebbero passare attraverso il Canale di Suez, una barriera strategica che limita le operazioni e permette di segnalare i movimenti russi con largo anticipo. Il porto stesso necessita di ammodernamenti e potrebbero volerci anni di lavori prima di poter ospitare la presenza navale russa.

Per le basi aeree, sottolineano ancora gli analisti interpellati da Meduza, potrebbero esserci ancora meno opzioni rispetto a quelle navali, perché «la Russia è circondata da Stati ostili. L'Iran una volta si è rifiutato di affittare una base aerea alla Russia, persino durante la fase attiva della guerra in Siria».

Se l’opzione fosse anche in questo caso la Libia, i velivoli cargo come l'Il-76 e l'An-124 dovrebbero attraversare lo spazio aereo turco, il che, ancora una volta, richiederebbe l'approvazione di Ankara, sostenitrice dei ribelli che hanno rovesciato Assad, e Mosca anche questa volta dovrebbe mettere da parte il suo orgoglio.

Al momento, la Russia sta gestendo in maniera pragmatica e attendista il passaggio di potere in Siria, tenendo d’occhio le azioni del gruppo islamista HTS, definito da Mosca «terrorista» e poi ribattezzato improvvisamente «opposizione» dopo la caduta di Damasco. Un cambio di retorica che, probabilmente, mira a evitare atti ostili contro le strutture russe e rappresenta un riposizionamento per possibili accordi con il futuro governo siriano. Secondo fonti citate da Bloomberg, il Cremlino starebbe trattando con la nuova leadership per mantenere le due basi militari.

Stando al Washington Postpure l’Ucraina avrebbe avuto un ruolo nella caduta del regime di Assad, fornendo droni e operatori di velivoli senza pilota ai ribelli. L’obiettivo sarebbe stato quello di danneggiare gli interessi russi all’estero, come già avvenuto l’estate scorsa nel Mali.

Perché la Russia punta sull’Africa

Gli interessi della Russia in Africa mirano all'espansione della sua influenza geopolitica, all'accesso a risorse preziose e all'indebolimento del potere occidentale. In un rapporto pubblicato a febbraio per il Royal United Services Institute (RUSI) del Regno Unito, si legge che Mosca fornisce alle «élite nei Paesi bersaglio» un «pacchetto di sopravvivenza del regime» che include il supporto militare, la protezione dalle reazioni negative internazionali e strumenti di propaganda per consolidare il loro controllo. In cambio, la Russia ottiene maggiore influenza sul loro processo decisionale «con l'intento esplicito di soppiantare le partnership occidentali».

Oltre all'influenza regionale, l'Africa offre alla Russia l'accesso a risorse di grande valore, come oro e diamanti. Fornendo servizi militari ai regimi locali, Mosca si assicura opportunità redditizie che finanziano le sue operazioni in Africa e potrebbero persino «contribuire ai suoi sforzi bellici in Ucraina», secondo un rapporto del Polish Institute of International Affairs, un think thank con sede a Varsavia.