«La seconda ondata di contagi fa paura a Chinatown»

Mentre l’emergenza COVID-19 torna a minacciare l’Europa, la Cina pare essere riuscita a contenere i danni e a tornare a una relativa normalità. Più preoccupazioni si fanno largo tra i cinesi all’estero, spiega la giornalista di Radio China FM con sede a Milano, Angelica Zhou Jie.
«La vita in Cina è tornata quasi ad una piena normalità: negozi, ristoranti, ma anche scuole ed uffici, hanno riaperto i battenti già dalla fine dell’estate. Da Wuhan (focolaio del virus nel 2019) a Huanggang, da Hangzhou a Wenzhou (città d’origine della maggioranza degli emigrati in Europa), la gente prende ancora precauzioni contro la COVID, ma ormai con il virus ci si convive e tutto è tornato a funzionare senza intoppi». È la fotografia fornita dalla giornalista Angelica Zhou Jie di Radio China FM, emittente con sede a Milano che si indirizza prioritariamente alla comunità cinese all’estero, che ha il polso della situazione.
Commerci e locali alle corde
«Maggiori problemi li riscontriamo qui in Italia, dove il coronavirus ha colpito duramente anche tutte le attività commerciali, negozi e ristoranti in testa. Basti dire che nella sola Chinatown di Milano nei mesi seguenti il lockdown, si sono registrate perdite economiche che hanno raggiunto il cinquanta per cento». Una situazione catastrofica, prosegue la nostra interlocutrice, che solo «piano piano ha subito un’inversione di tendenza dalla fine dell’estate, con la riapertura della maggioranza degli esercizi pubblici e il ritorno della clientela».
Da rilevare, in quest’ottica, che gli avventori italiani «hanno disertato i ristoranti cinesi, ma hanno continuato a riempire quelli giapponesi. Sarà certamente un fatto legato alla grande diffusione dei piatti di sushi, dato che i proprietari in buona parte sono comunque, come sappiamo, tutti cinesi».
Timori per i positivi
Come sta vivendo la diaspora questa nuova fase di diffusione del virus alla luce dell’impennata dei contagi? «C’è stato un nuovo rallentamento del business. Era inevitabile. L’insicurezza è percettibile, ancora una volta di più, tra chi lavora nella vendita o nella ristorazione e che ha contatti diretti con le persone. Ci si protegge con le mascherine, con il distanziamento sociale, con la disinfezione continua dei locali. Nessuno nella comunità cinese, giovane o anziano, sottovaluta la prevenzione, soprattutto alla luce di una serie di nuovi focolai che hanno colpito più di recente Prato e Milano».
Quando, pochi giorni fa, sono stati eseguiti i tamponi che hanno attestato la positività al virus di un certo numero di cinesi - una ventina nella città toscana, quattro o cinque nel capoluogo lombardo - «i negozianti e i ristoratori hanno dovuto far fronte a una nuova perdita di clienti». Il timore di potersi contagiare non manca, spiega ancora Angelica Zhou Jie. «Se si fa un giro nel quartiere di Via Paolo Sarpi, nei locali c’è un certo smarrimento. Direi che il sentimento più diffuso è la preoccupazione per il fatto che si vive in una specie di emergenza perenne. Non si sa quanto durerà e questo aumenta l’insicurezza di fondo, anche se ormai non si può più parlare di paura».
Studenti
Un altro effetto della pandemia, specifica la giornalista di Radio China FM, è che gli studenti - solitamente numerosi - che giungono in Italia per iscriversi a corsi di design, moda o arte nelle università, sono rimasti a casa, dove in molti casi la partecipazione online è rimasta diffusa soprattutto a scopo preventivo».
E che dire degli ultimi attacchi alla Cina da parte del presidente americano Donald Trump durante l’assemblea dell’ONU? «Parlare di ’virus cinese’ mi sembra fuori luogo. La politica - conclude - non c’entra. Questo è un problema di portata mondiale».