Energia

La storica chiusura dell'ultima centrale a carbone nel Regno Unito

L'impianto di Ratcliffe-on-Soar chiuderà i battenti il prossimo 30 settembre, segnando la fine di un'epoca: il Paese, infatti, ha legato la sua crescita proprio a questo combustibile fossile
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Marcello Pelizzari
26.09.2024 12:15

Carbone, addio. E il passo, per un Paese che ha fatto di questo combustibile fossile un perno del proprio sviluppo, è indubbiamente epocale. Di più, il Regno Unito sarà il primo membro del G7 a salutare, del tutto, le centrali a carbone. L'ultima, situata a Ratcliffe-on-Soar, fra Derby e Nottingham, chiuderà il prossimo 30 settembre. Londra, dunque, non si servirà più del carbone per la produzione di energia elettrica. Secondo il gestore, Uniper, l'impianto di Ratcliffe-on-Soar verrà smantellato «entro la fine del decennio». Al suo posto, un domani, sorgerà un impianto per la produzione di idrogeno verde. Una fonte pulita.

Il passo, dicevamo, è epocale. Storico. Perché, appunto, la storia e la crescita del Regno Unito sono legate a doppio filo al carbone. Centrale per la crescita economica dal diciannovesimo secolo fino agli anni Novanta di quello scorso. Un dato, su tutti: negli anni Ottanta, quasi il 70% dell'elettricità consumata nel Paese proveniva questa energia altamente inquinante. Quindi, la discesa, con quote sempre più basse: il 38% nel 2013, il 5% nel 2018, l'1% l'anno scorso secondo i dati di Our World in Data. Di fatto, la chiusura dello stabilimento di Ratcliffe-on-Soar è puramente simbolica. Ma rimane importante, se non importantissima, nel processo di decarbonizzazione avviato da Londra. Processo che dovrebbe portare il Paese alla neutralità carbonica entro il 2050. Il Regno Unito, come detto, è il primo Paese del G7 a liberarsi completamente dal carbone. L'Italia, in questo senso, si è posta come obiettivo il 2025, la Francia il 2027, il Canada il 2030 e la Germania il 2038. Giappone e Stati Uniti non hanno ancora indicato una data, mentre in Svizzera – a titolo comparativo – nel 2022 un misero 1,9% di elettricità prodotta proveniva, citiamo l'Ufficio federale dell'energia, da «vettori fossili». 

Tornando al Regno Unito, l'addio al carbone è stato e verrà compensato dal gas naturale, leggermente meno inquinante, che nel 2023 rappresentava circa un terzo dell'elettricità prodotta. Nel mix anche l'energia eolica (25%) e quella nucleare (13%). Molto, evidentemente, ha fatto lo sviluppo stesso del Paese: la fine della cosiddetta economia manifatturiera, ad esempio, ha via via fatto perdere al carbone il suo ruolo-principe. Alla fine di questo combustibile fossile, leggiamo, hanno contribuito anche le normative e le regolamentazioni sugli inquinanti e sulle emissioni. Detto in altri termini, per gli operatori energetici – a un certo punto – l'investimento nel carbone si è fatto tutto fuorché redditizio. Lo stesso governo laburista, quest'estate, ha lanciato un piano di energia verde ad ampio respiro, che prevede investimenti in turbine eoliche, energia mareomotrice e nucleare. 

La centrale di Ratcliffe-on-Soar, che potenzialmente avrebbe potuto elettrificare 2 milioni di abitazioni, in realtà è stata usata sempre più con il contagocce. Durante un'ondata di freddo nel 2022, ad esempio, oppure a causa del grande caldo nel 2023 temendo un uso eccessivo di condizionatori. Il suo ultimo carico, 1.650 tonnellate all'inizio dell'estate, è servito per alimentare 500 mila case per appena otto ore. Paradossalmente, ma nemmeno troppo, mentre l'ultima centrale elettrica a carbone del Regno Unito si appresta a chiudere i battenti i tribunali britannici, venerdì scorso, hanno annullato l'autorizzazione concessa dal precedente governo allo sviluppo di una nuova centrale di carbone, a Whitehaven, nel nordovest del Paese. Il giudice dell'Alta Corte, nella sua decisione, ha concluso che l'idea di un impianto a carbone che non comporti un aumento delle emissioni di gas serra «è giuridicamente errata». All'epoca, l'esecutivo sostenne che il carbone prodotto sarebbe stato utilizzato per la produzione di acciaio nel Regno Unito e in Europa, non per la generazione di elettricità, e che avrebbe sostituito il carbone che, altrimenti, avrebbe dovuto essere importato.

Detto del Regno Unito, secondo l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) il carbone rappresenta ancora (circa) un terzo della produzione mondiale di elettricità. Non solo, la domanda per questo combustibile fossile ha raggiunto un livello record nel 2022. Secondo l'AIE, dal 2000 il consumo è aumentato di oltre il 60%. La Cina è il maggior consumatore di carbone al mondo con una quota del 50%. Secondo l'AIE, l'aumento del consumo di carbone negli ultimi anni è una questione, come si dice, multifattoriale. Le gravi tensioni sulle forniture di gas, in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, sono una delle ragioni. Ma anche le ondate di calore e la siccità in alcune parti del mondo hanno contribuito a far crescere la domanda. Combustibile fossile, il carbone è una delle forme di energia più inquinanti e uno dei principali responsabili del riscaldamento globale. La sua produzione è anche una delle principali fonti di metano, che fuoriesce dalle miniere attraverso cave a cielo aperto e fessure nel terreno.

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