«La vendita di Panama Ports è avvenuta sotto pressione degli USA»

La vendita di Panama Ports da parte di CK Hutchinson al consorzio guidato da BlackRock, attraverso la sua unità Global Infrastructure Partners (Gip), e con la partecipazione della divisione porti (Terminal Investment Limited) di Msc dell'armatore italiano Gianluigi Aponte, è una «mossa avvenuta sotto la pressione» della Casa Bianca.
All'indomani dell'annuncio dell'operazione, il portavoce del ministro degli Esteri cinese Lin Jian ha ribadito che Pechino «sostiene la sovranità di Panama sul Canale e si impegna a supportare lo status del Canale come via d'acqua internazionale permanentemente neutrale».
La Cina, ha aggiunto Lin, «non ha mai partecipato alla gestione o all'esercizio del Canale, né ha interferito nei suoi affari. L'affermazione che la Cina controlla il Canale è una totale bugia», ha riferito il network statale Cctv.
CK Hutchinson, intanto, ha registrato alla Borsa di Hong Kong un balzo del 21,86% a causa della maxi liquidità all'orizzonte. L'accordo prevede la vendita del 90% di Panama Ports, a cui fanno capo i terminali di Balboa e Cristobal sui lati dell'Atlantico e del Pacifico del Canale di Panama, e dell'80% di Hutchison Ports Group, con i suoi 43 scali in 23 Paesi, per una transazione complessiva stimata in 22,8 miliardi di dollari.
L'operazione mette fine alla disputa avviata dal presidente Usa Donald Trump che ha minacciato di prendere anche con la forza il Canale di Panama, costruito dagli americani e poi gestito dai cinesi, da CK Hutchison che ha sede a Hong Kong ed è posseduta dal magnate di 96 anni Li ka-shing.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, secondo i media statali di Pechino, ha affermato di non voler commentare la transazione in quanto tale, osservando che il governo di Hong Kong aveva già affrontato le questioni relative alle attività portuali della società. In linea di principio, Lin ha sottolineato che «la Cina supporta le sue imprese, comprese quelle di Hong Kong, negli investimenti e nello sviluppo delle attività all'estero. E tutti i Paesi dovrebbero fornire un ambiente equo e giusto per le imprese in questione». Pertanto, «ci opponiamo all'uso di coercizione e pressione nelle relazioni economiche e commerciali internazionali».