L’addio ad Alitalia, tra flash mob e «profonda tristezza»

Campidoglio. Un gruppo di donne, distanziate tra di loro. I cappotti sono colorati, ma indossano tutte gli stessi guanti e la medesima borsetta. Quando si levano il soprabito, sono tutte in divisa. Sono le assistenti di volo di Alitalia. Che il 14 ottobre è decollata e atterrata per l’ultima volta. Lo scorso mercoledì le hostess dell’ormai ex compagnia di bandiera italiana hanno inscenato un flash mob a Roma: si sono spogliate degli abiti di lavoro e sono rimaste in sottoveste in una protesta silenziosa con cui esprimere «il loro dolore» dopo il fallimento della società. «La solidarietà – hanno spiegato – va a tutti i nostri colleghi che hanno chiamato in ITA e che sono stati costretti a firmare un contratto aziendale umiliante e mortificante». Al centro della piazza sono rimaste, infine, solo le scarpe, un’immagine simile a quella simbolo delle proteste per i diritti delle donne in tutto il mondo, qui testimoni dell’assenza di lavoro e di prospettive.

A fine settembre, ancor prima della partenza di ITA, si era parlato di «stipendi dimezzati» per piloti, comandanti, hostess e stewart non solo rispetto alla «vecchia» Alitalia ma anche alle altre compagnie d’Europa (EasyJet e Ryanair comprese). Alcuni media d’oltreconfine avevano diffuso i dettagli del Regolamento aziendale applicabile al personale di ITA Trasporto Aereo. E ne era emerso che in alcuni casi l’abbattimento degli stipendi del personale navigante può superare il 50% rispetto a quanto percepito in Alitalia e per le hostess la diminuzione può raggiungere il 35%. Tutto questo ha scatenato la rabbia dei sindacati, che hanno annunciato azioni legali bollando le retribuzioni previste come «offensive». L’Unione sindacale di Base (USB) ha parlato di «disprezzo della legge e arroganza con le quali ITA ha messo alla porta 8.000 dipendenti dell’ex compagnia di bandiera».
Tra i volti femminili dell’aviazione italiana dell’ultimo periodo c’è quello di Laura Manto, l’hostess di terra divenuta sui social «il volto dell’addio ad Alitalia» dopo aver condiviso il video dell’ultimo saluto ai passeggeri del volo Roma-Cagliari AZ01581 del 14 ottobre, ringraziandoli «per averci accompagnati e dato fiducia in questi 74 anni». A lei abbiamo chiesto di commentare il flash mob delle sue colleghe «di aria». «Quello che provo in questo momento è profonda tristezza - confessa -. Si è materializzata la consapevolezza che una stagione della mia vita si sta chiudendo. Per me, così come per i miei e le mie colleghe, Alitalia è casa, è una seconda famiglia. E ora siamo una famiglia in lutto. Insieme ai passeggeri, che anche quando si trovavano dall’altra parte del mondo, vedendo sulla pista il velivolo di Alitalia pensavano “mi sono venuti a prendere per riportarmi a casa”».

Per Laura Manto, l’azione delle sue colleghe in Campidoglio ha ben rappresentato una sorta di violenza psicologica. «Per noi togliere la divisa è un gesto forte, perché ci rappresenta nel mondo che ci rende riconoscibili. Privarcene pubblicamente è una richiesta di lavoro, di diritti, di dignità». Senza dimenticare gli uomini. «Si parla di circa 8000 persone non contemplate» in ITA. «Che obiettivamente sono tante. Ci sono pure famiglie in cui moglie e marito lavorano entrambi per Alitalia. Diventa difficile. Oltre al fatto che gettare a mare tanta professionalità è davvero un peccato».
Un’altra situazione importante, però, è senza ombra di dubbio l’incertezza. Quella che la nostra interlocutrice vive attualmente. «Io faccio parte del personale di terra, che non è contemplato in ITA. Non sappiamo cosa ci aspetta. Noi prestiamo il nostro servizio a ITA, ma siamo ancora sotto Alitalia». In pratica, a fine mese lo stipendio arriva dall’ormai ex compagnia di bandiera italiana, in amministrazione straordinaria. Laura Manto , a differenza dei colleghi e delle colleghe d’aria sta lavorando. Anche se giornalmente si reca al lavoro senza sapere cosa accadrà l’indomani.
Il futuro dei servizi di terra è tutto da scrivere. Ma per il momento, in bocca persiste il gusto amaro di un addio. «Un’ultima cosa, però, mi preme dirla - conclude Manto -. Grazie ai social network ho capito che ci sono tante persone che ci sono vicine. Mi sono arrivati tantissimi messaggi di solidarietà e vicinanza. Sono pochi quelli che ci vedono come dei ‘‘privilegiati’’. Così non è mai stato. Alitalia era una ‘‘mamma’’ con tanti difetti. Ma pur sempre famiglia».