Aviazione

L'aereo a idrogeno? Norvegia e Svezia fungeranno da laboratorio

Airbus ha appena firmato un protocollo d'intesa con quattro attori scandinavi, fra cui SAS e i gestori degli scali di entrambi i Paesi – L'obiettivo? Creare un'infrastruttura affinché, nel 2035, si possa volare senza inquinare
© Airbus
Marcello Pelizzari
31.01.2024 15:15

Mercoledì, il presidente francese Emmanuel Macron non si trovava in Svezia per caso. A Stoccolma, infatti, ha annunciato una cooperazione importante, molto importante nel settore dell'aviazione civile. Airbus, per farla breve, ha firmato un protocollo d'intesa con quattro attori scandinavi: Avinor, il principale gestore di aeroporti norvegesi; SAS, la più grande compagnia della regione; Swedavia, l'ente pubblico che gestisce i principali scali svedesi; Vattenfall, il produttore di energia nelle mani dello Stato svedese. L'obiettivo? Studiare la fattibilità di un'infrastruttura a idrogeno negli aeroporti di Norvegia e Svezia. Idrogeno che, ne avevamo parlato, è un obiettivo nell'obiettivo per Airbus nell'ambito della neutralità carbonica.

Il costruttore europeo, al riguardo, da tempo ha avviato il progetto-ecosistema ZEROe H2 per promuovere un'aviazione a zero emissioni, sostenuta dal cosiddetto idrogeno verde. Quello, citiamo dai manuali, che si ottiene attraverso l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Perché tutto ciò diventi realtà, evidentemente, serviranno da un lato nuovi aerei e, dall'altro, infrastrutture. Così Karine Guenan, vicepresidente responsabile di ZEROe H2: «Puntiamo a partnership con gli attori pionieristici per garantire lo sviluppo non solo del velivolo a idrogeno, ma anche dell'intero ecosistema che ne consenta l'entrata in servizio commerciale nel 2035. E va da sé che, con questi partner, dobbiamo anche garantire la preparazione di aeroporti equipaggiati con idrogeno, l'intera catena del valore e l'ecosistema energetico». 

Non è dato sapere a quanto ammontino le spese per mettere in piedi una partnership del genere. La bontà dello studio, tuttavia, è legata alla sua dimensione: saranno una cinquantina gli attori coinvolti, fra aeroporti e altre realtà. Ancora Guenan: «Si tratta di un'iniziativa unica nel suo genere rispetto a quanto realizzato finora. Ed è anche unico in termini di condizioni: saremo insieme, tutti, per migliorare la nostra comprensione della fornitura di idrogeno, delle infrastrutture, dei requisiti di rifornimento aeroportuale, ma anche per sostenere lo sviluppo delle operazioni di aviazione a idrogeno in entrambi i Paesi, comprese le normative necessarie che sono parte della chiave del successo di un intero ecosistema».

John Nilsson, direttore della pianificazione strategica per gli aerei elettrici e a idrogeno presso Swedavia, dal canto suo ha affermato: «Stiamo valutando, ad esempio, la rapidità dello sviluppo dell'aviazione commerciale a idrogeno. Cercheremo quindi di elaborare scenari per il numero di movimenti e rotazioni nei nostri aeroporti. Questo ci permetterà di capire i volumi di idrogeno di cui avremo bisogno nei nostri aeroporti. Sia per lo stoccaggio, sia per il trasporto o forse anche per la produzione in aeroporto. Tutti questi fattori avranno un impatto sulle infrastrutture aeroportuali». Quanto al coinvolgimento, attivo, delle autorità di regolamentazione, il vice-presidente di Avinor, Olav Mosvold Larsen, ha spiegato a La Tribune che fra i vantaggi di una simile partnership c'è proprio quello di poter riunire intorno a un tavolo «la maggior parte degli attori chiave del settore in un tempo relativamente breve, inclusa l'autorità dell'aviazione civile». E ancora: «Gestiamo 43 dei 47 aeroporti norvegesi, Swedavia possiede dieci dei principali aeroporti svedesi, sono presenti altresì una manciata di aziende e alcune compagnie energetiche». Non manca nessuno, insomma.

«Siamo entusiasti di far parte di una partnership così ampia sul ruolo dell'idrogeno nell'aviazione» gli ha fatto eco Jonas Abrahamsson, presidente e amministratore delegato di Swedavia. «Swedavia, Avinor e SAS hanno già avviato collaborazioni di successo nel settore dell'aviazione senza combustibili fossili ed è quindi entusiasmante che Airbus, con la sua vasta conoscenza degli aerei alimentati a idrogeno grazie all'iniziativa ZEROe, e Vattenfall, con la sua esperienza nella produzione di elettricità ed energia, si uniscano a noi in una collaborazione più approfondita. Si prevede che in futuro l'idrogeno diventerà sempre più parte del mix di carburanti dell'industria aeronautica e avrà quindi un effetto crescente sulle infrastrutture e sulla pianificazione dei nostri aeroporti. Questa partnership è un passo importante verso un'aviazione senza combustibili fossili».

«Vogliamo favorire la decarbonizzazione dell'industria» ha chiosato Anna Borg, presidente e amministratore delegato di Vattenfall. «L'aviazione è un settore difficile, l'abbandono dei combustibili fossili rappresenta oggi una sfida enorme. Questa collaborazione transfrontaliera dimostra tuttavia la volontà di realizzare un cambiamento. Siamo ansiosi di contribuire con la nostra esperienza nello sviluppo del mercato dell'elettricità, delle infrastrutture elettriche e della produzione di idrogeno in Svezia».

La scelta di affidarsi a Norvegia e Svezia d'altro canto non è casuale e, analogamente, potrebbe rivelarsi vincente. Entrambi i Paesi, dati alla mano, sono all'avanguardia nel processo di decarbonizzazione e, allo stesso tempo, dipendono con forza dall'aviazione regionale per garantire la cosiddetta continuità territoriale. Il terreno ideale, riassumendo, per testare il turboelica regionale a idrogeno. 

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