Niente pettegolezzi

L'anno che verrà di papa Francesco e la Chiesa che arranca

In undici anni e mezzo di pontificato sono emerse periodicamente le divisioni, meno frequentemente le soluzioni: il Giubileo ordinario, in questo senso, è un'occasione unica
© MAURIZIO BRAMBATTI
Carlo Tecce
12.10.2024 20:30

L’anno che verrà, «anno santo giubilare» con l’apertura della porta di San Pietro fissata alla vigilia di Natale, probabilmente sarà in grado di rivelare in maniera compiuta e definita il pontificato di papa Francesco. Inevitabilmente, e anche probabilmente perché dietro la figura carismatica di Jorge Mario Bergoglio arranca una Chiesa lacerata e incapace di sincronizzarsi ai temi del mondo. Per esempio, l’altro giorno, Francesco ha sottratto al sinodo, una sorta di assemblea generale, le questioni più controverse (gay, donne, laici) per affidarle a gruppi di studio composti da esperti di teologia e diritto canonico. Come a dire: non siete pronti. In undici anni e mezzo di pontificato sono emerse periodicamente le divisioni dentro la Chiesa, meno frequentemente sono emerse le soluzioni. Qui in terra, però, il tempo non è infinito. E papa Francesco, che fra due mesi compie ottantotto anni, ne è consapevole.

Il Giubileo ordinario è un’occasione unica. Tant’è che fu indetto, dieci anni fa, un Giubileo straordinario anche per timore che il 2025 fosse troppo distante. Non potrebbero bastare le circa 3.000 pagine – dipende dal tipo di edizione – che Proust ha dedicato alla Recherche per compendiare il quadro attuale in Vaticano, ma alcune vicende possono aiutare a capirsi meglio. Prendiamo l’Ucraina.

La guerra ha generato più di qualche incomprensione fra la Santa Sede e il governo di Kiev. Papa Francesco non è mai andato a visitare la «martoriata» Ucraina. Più volte ha dichiarato che un eventuale viaggio a Kiev dovrebbe proseguire verso Mosca. Con scarso successo il Vaticano si è proposto come mediatore per la pace. Poi si è occupato di emergenze umanitarie. Francesco ha designato inviato per la pace il cardinale Matteo Maria Zuppi. Non un diplomatico.

Il Vaticano dovrebbe aiutare il governo di Kiev al rientro dei minori portati in Russia durante il conflitto, ma lo stesso governo di Kiev ha assegnato un ruolo precipuo al Qatar. Questa settimana Bergoglio, con un cordiale sorriso, ha accolto a palazzo apostolico il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Nel comunicato finale, non a caso, si è fatto riferimento a un «focus sul rimpatrio dei prigionieri di guerra». La diplomazia vaticana, che ha canali ovunque e al servizio ucraino ha assegnato il bravo nunzio Kulbokas, non è nel suo periodo migliore. La sua influenza è parecchio ridotta in Occidente e la sua attenzione è parecchio cresciuta in Asia (ne sono prova le recenti visite di Bergoglio). Però Roma resta la sua capitale. Il governo italiano di Giorgia Meloni e il comune romano di Roberto Gualtieri, politici di centrodestra e di centrosinistra, ecumenicamente hanno accolto le richieste della Santa Sede e, prodigio, sono quasi conclusi i cantieri, pagati con denaro pubblico italiano, per il Giubileo attorno al Vaticano. Che sia di buon auspicio.