L'appello di due ex dipendenti: «Non volate sui Boeing 737 MAX»
Michael O'Leary e Boeing. Storia di un grande amore, verrebbe da dire. A inizio gennaio, sulla scia dell'incidente occorso ad Alaska Airlines, il padre-padrone di Ryanair si era detto sicuro, anzi sicurissimo di una cosa: i suoi passeggeri, in futuro, non avrebbero avuto problemi a volare su un Boeing 737 MAX. O'Leary parlava con cognizione di causa: a suo tempo, quando le compagnie aeree furono autorizzate a volare di nuovo con i 737 MAX 8, Ryanair offrì a tutti i viaggiatori la possibilità di riprenotare gratuitamente il proprio volo qualora non desiderassero salire su un MAX 8. Il risultato? Nessuno accettò quell'offerta, secondo O'Leary.
Non finisce qui: gli attuali problemi di Boeing con il MAX 9 potrebbero ritardare, e non poco, le consegne del MAX 10. United Airlines, al riguardo, ha già intavolato discussioni con Airbus per sondare la possibilità di acquistare degli A321neo. Della serie: se i ritardi diventano insostenibili, io vado dal costruttore rivale. E Ryanair? No, Ryanair – tramite O'Leary – ha fatto sapere di voler tenere fede al maxi-ordine (300 apparecchi) annunciato nel 2023. Di più, il vettore è pronto a subentrare alle rinunce di altre compagnie. «Abbiamo comunicato a Boeing che se qualcuna delle compagnie americane non volesse prendere i MAX 10, beh, Ryanair se ne farebbe carico». Al giusto prezzo, va da sé.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: O'Leary sta facendo la cosa giusta, insistendo su Boeing? Una possibile risposta si cela fra le pieghe di alcune dichiarazioni, rilasciate al Los Angeles Times da due ex dipendenti del costruttore americano, Ed Pierson e Joe Jacobsen. Entrambi, con forza, hanno affermato che non volerebbero mai su un Boeing 737 MAX. Il motivo? La sicurezza, proprio così. «Ho lavorato in una fabbrica di 737 MAX e ho visto la pressione a cui erano sottoposti i dipendenti per far uscire gli aerei il più rapidamente possibile» ha detto Pierson, ex dirigente Boeing. Jacobsen, ex ingegnere per il costruttore, ha vivamente consigliato a qualsiasi passeggero di evitare il MAX. Spiegando che il problema, in seno a Boeing, è culturale. L'azienda, ha aggiunto Jacobsen, si è preoccupata esclusivamente di massimizzare i profitti: «Negli ultimi vent'anni si sono spostati costantemente verso l'ingegneria finanziaria e non verso l'ingegneria tecnica». Ahia. Anche Pierson, ora a capo della Foundation for Aviation Safety, un'organizzazione no-profit specializzata nel monitoraggio del traffico aereo, ha usato parole simili nel descrivere le pratiche aziendali di Boeing: «Questa è una cultura in cui il denaro è tutto. Misurano il successo in base al numero di aeromobili consegnati, non a quanti aeromobili di qualità vengono consegnati».
I due ex dipendenti hanno aggiunto che la revoca del divieto di volo per il MAX 9 da parte della Federal Aviation Administration, ai loro occhi, è prematura. «È un altro esempio, questo, di un processo decisionale inadeguato e di minaccia per la sicurezza pubblica» ha detto Pierson. Jacobsen, dal canto suo, ha criticato aspramente il modo in cui Boeing sta risolvendo i (suoi) problemi. Occupandosi, di fatto, solo di quelli più acuti ed evidenti e rinunciando, al contrario, ad agire in profondità. Di riflesso, è solo questione di tempo prima che salti fuori un nuovo guaio a livello di 737 MAX. «Forse succederà la prossima settimana, o forse tra un mese». Ma succederà, stando a Jacobsen.