Guerra

Le aziende occidentali guardano alla Russia: Mosca sta preparando il ritorno dei grandi marchi?

Il Cremlino starebbe valutando dei criteri per permettere il rientro in Russia delle aziende sparite in seguito all'invasione dell'Ucraina: alcune sarebbero pronte a tornare dopo un cessate il fuoco
©VYACHESLAV PROKOFYEV / SPUTNIK /
Michele Montanari
10.04.2025 13:30

Mentre proseguono i colloqui tra USA e Russia per un possibile cessate il fuoco in Ucraina, sembra che Mosca stia già pensando al ritorno dei grandi marchi occidentali che hanno lasciato il Paese in seguito all’«operazione militare speciale» ordinata da Vladimir Putin a febbraio del 2022. Il Cremlino starebbe infatti elaborando diversi criteri in base ai quali le aziende straniere partite dalla Russia dopo l'inizio dell'invasione su vasta scala dell'Ucraina potrebbero essere autorizzate a rientrare. Lo fa sapere RBC citando fonti a conoscenza delle discussioni. Stando al gruppo mediatico con sede a Mosca, il Cremlino starebbe valutando come requisiti necessari per poter tornare a operare sul mercato russo che le società in questione abbiano continuato a pagare gli stipendi ai dipendenti prima di lasciare il Paese aggressore, il fatto che non abbiano debiti pendenti relativi agli stipendi, le tasse o altri pagamenti obbligatori e che né le società né le loro entità affiliate abbiano fornito supporto finanziario all’esercito ucraino, ai cosiddetti «agenti stranieri», alle organizzazioni «indesiderate» o a gruppi simili.

Le aziende, si legge ancora, dovranno pure ottenere l'approvazione di una sottocommissione governativa. Il primo ministro russo Mikhail Mishustin, in tal senso, ha fatto sapere che una «commissione speciale» valuterà ogni domanda caso per caso. Ulteriori condizioni per tornare a operare in Russia includerebbero trasferimenti di tecnologia, l'istituzione di centri di ricerca e sviluppo nel Paese di Putin, parametri di investimento per la ricerca e lo sviluppo, nonché la creazione di «joint venture» con gli attuali proprietari russi delle ex attività locali dell'azienda o con imprese russe strategicamente importanti.

Le autorità, inoltre, dovrebbero valutare se i prodotti di un'azienda rientrano nell'elenco dei beni prioritari per la sostituzione delle importazioni, in quanto un eventuale ritorno in Russia potrebbe rappresentare una concorrenza indesiderata per i produttori nazionali.

A metà marzo, The Bell aveva intervistato diversi responsabili di aziende occidentali che hanno voltato le spalle alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Su oltre 60 grandi marchi contattati dalla testata giornalistica, hanno risposto solamente in 21, senza però confermare l'intenzione di tornare in Russia.

La questione del ritorno sul mercato russo delle aziende straniere ha iniziato a essere discussa sullo sfondo del miglioramento delle relazioni tra le autorità russe e la nuova amministrazione statunitense, guidata dal presidente Donald Trump. In Russia, sottolinea Meduza, questo argomento viene discusso «come se ci fosse già la fila per tornare». Allo stesso tempo, però, le aziende straniere sembrano aver capito che non verranno accolte a «braccia aperte». In particolare, dopo che Vladimir Putin, lo scorso 13 marzo, ha dichiarato che le autorità russe non creeranno «alcuna preferenza» per le società occidentali che torneranno sul mercato locale.

I giornalisti di The Bell hanno chiesto informazioni a più di 60 aziende straniere che, stando alla Kiev School of Economics, erano le più grandi in termini di fatturato tra quelle che hanno lasciato la Russia da quando è scoppiata la guerra.

Al momento sembrano non essere intenzione a tornare nel Paese di Putin il produttore di pneumatici Nokian Tyres (Finlandia), il distributore di prodotti elettronici ELKO Group (Lettonia), la holding di telecomunicazioni VEON (di proprietà di Beeline, Paesi Bassi), il proprietario olandese dei negozi IKEA Ingka, l’azienda chimica industriale Henkel (Germania), la casa automobilistica Nissan (Giappone), la catena di negozi di articoli sportivi Decathlon (Francia), e la compagnia petrolifera e del gas Wintershall Dea (Germania). Altre tre aziende hanno invece dichiarato di essere impegnate a monitorare la situazione in Russia: si tratta della società americana di servizi per i giacimenti petroliferi Baker Hughes, del produttore di ascensori Otis, nonché della tedesca Bosch.  Apple, Microsoft, Inditex (proprietaria di Zara e Massimo Dutti), Uniqlo, Starbucks, Ford, Visa, Mastercard e altre grandi aziende non hanno risposto alla richiesta di The Bell.

Secondo il Korea Times, infine, alcune aziende sudcoreane tra cui Samsung, LG Electronics e Hyundai starebbero valutando un ritorno sul mercato russo, in vista di un possibile cessate il fuoco e un potenziale allentamento delle sanzioni internazionali.

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