Le consegne del 787 sono riprese, che cosa significa per Boeing?
A volte ritornano, già. Parliamo del Boeing 787, conosciuto come Dreamliner. Dopo quindici, lunghissimi mesi di stop – finalmente – è stata effettuata una nuova consegna. A beneficiarne è stata American Airlines.
Le consegne dell’aereo a lungo raggio erano state sospese nel maggio 2021 su ordine della Federal Aviation Administration statunitense (FAA). Il motivo? Problemi di produzione. L’incidente di percorso, se così vogliamo chiamarlo, ha provocato un danno economico e di immagine enorme per il colosso dell’aviazione. Basti pensare che 120 esemplari di 787 sono, ad oggi, fermi in sede. Dovranno essere riparati alla svelta, quindi potranno essere trasferiti ai proprietari.
Detto ciò, per Boeing si tratta sicuramente di una buona notizia, considerando il vantaggio competitivo acquisito nel frattempo da Airbus e le difficoltà incontrate nello sviluppo del 777X.
Il Dreamliner, dal canto suo, esce da un brutto, bruttissimo sogno: detto dello stop alle consegne, aveva vissuto momenti complicati anche durante le fasi di sviluppo e in volo. Citiamo, fra gli altri problemi, le debolezze strutturali e gli incendi a bordo.
La stretta della FAA
La FAA aveva messo gli occhi sul 787 nel settembre 2020, dopo la scoperta di alcuni difetti. Il regolatore americano, d’altronde, dopo lo scandalo legato alla certificazione del 737 MAX aveva stretto la morsa attorno a Boeing. Una prima sospensione delle consegne, leggiamo, era stata decisa fra novembre 2020 e aprile 2021. Due mesi e 14 esemplari dopo, un nuovo stop. A tempo indeterminato.
La pandemia e i citati guai attorno al 737 MAX, se possibile, hanno peggiorato le cose. Il tutto mentre il Dreamliner, ancora, ha mostrato nuovi e preoccupanti difetti costringendo la FAA a diramare una nota: tutti gli aerei già prodotti e in attesa di consegna dovranno per forza di cose essere modificati. Addirittura, l’autorità statunitense ha sospeso l’autorizzazione che permetteva alla Boeing di ispezionare in proprio gli aerei.
Quindi, lo scorso luglio, dopo anni tormentati, Boeing si è vista approvare il nuovo piano di ispezione e modifica. Il costruttore, in una lettera inviata all’AFP, ha dichiarato di aver «ripreso le consegne del 787 a seguito delle nostre analisi, verifiche e rilavorazioni che miravano a garantire che tutti gli aerei fossero conformi alle specifiche esatte di Boeing e ai requisiti normativi».
L'esempio del 737 MAX
Dopo quindici mesi di stop, è inevitabile, la pazienza delle compagnie aeree cominciava a mancare. Detto di American Airlines, contano di mettere le mani sui 787 ordinati anche Lufthansa e soprattutto Qatar Airways, a corto di aerei dopo il ritiro di almeno 25 Airbus A350 per problemi di verniciatura e rivestimento. Altro cliente importante, se non importantissimo, Emirates aspetta risposte concrete su più fronti: il 787 e il 777X da un lato, un possibile ripensamento di Airbus in merito all’A380 dall’altro.
La possibilità di effettuare consegne, va da sé, permetterà a Boeing di aumentare il fatturato. La redditività, per contro, non risponderà presente all’appello. Ci vorrà più tempo.
Durante la sospensione, va detto, la produzione di 787 non si è mai fermata del tutto. Tuttavia, è avanzata a ritmi bassi. Molto bassi. E così, dicevamo, 120 apparecchi sono attualmente stoccati in sede, con tutti i discorsi del caso in materia di costi da sostenere per il mantenimento. Una volta sistemati, questi 787 dovranno essere consegnati per direttissima. Più facile a dirsi che a farsi, dal momento che centinaia di 737 MAX – a più di un anno e mezzo dal ritorno nei cieli – sono tuttora in attesa di essere consegnati.
Pochi ordini
Sistemare il programma 787, potete immaginare, ha un costo. Un costo esorbitante: 2 miliardi di dollari, cui bisogna aggiungere i 3,5 miliardi dell’ultimo trimestre 2021. Cifre necessarie per lo stoccaggio degli aerei, per il loro ripristino e, altresì, per compensare i clienti delusi (e arrabbiati). Rispetto alla tabella di marcia, poi, ci sono qualcosa come 473 Dreamliner ancora da consegnare. Ahia.
E le vendite? La pandemia ha rallentato la domanda di nuovi velivoli a lungo raggio, come noto. Peggio: per il 787, ora come ora, non sembra profilarsi una rinascita all’orizzonte. Da un anno a questa parte, ad esempio, la sola Lufthansa ha piazzato 7 ordini mentre AerCap e Azerbaijan Airlines, durante la fiera di Farnborough, hanno annunciato l’intenzione di acquistare rispettivamente 5 e 4 Dreamliner. Poco, troppo poco. Nell’intero 2021, le vendite si erano fermate a 21. Un numero modesto. E dire che, tra il 2015 e il 2019, Boeing ha venduto in media più di cento 787 all’anno, con un massimo di 136 Dreamliner nel 2018. Le cancellazioni, almeno quelle, durante questi mesi di crisi sono state relativamente basse.
Di strada da farne, nell’ottica di recuperare terreno nei confronti di Airbus, ne resta dunque ancora parecchia. Ma Boeing, almeno, può tornare (in parte) a respirare. O, meglio, a consegnare l’amato/odiato Dreamliner.