Le crociere piacciono sempre di più, ma il clima ne risente
Le crociere piacciono. E molto. Nonostante la questione ambientale. «Le offerte rimarranno tante» aveva detto, non a caso, il portavoce di Hotelplan Davide Nettuno. Già, a quanto pare decisioni come quella di Amsterdam, che vieterà l’attracco di questi colossi in centro città, non spaventano il settore. Le previsioni per il 2023, addirittura, dicono che la cifra d’affari sarà superiore a quella del 2019. L’ultimo anno prima della pandemia.
Il motivo, leggiamo, è legato anche alla grandezza delle navi e, di riflesso, alla possibilità di imbarcare sempre più passeggeri. Rispetto al passato, ne esistono di mastodontiche. Come la World Europa di MSC o la Wonder of the Seas di Royal Caribbean. Navi che possono accogliere fra i 6 e i 7 mila crocieristi. Ah, qualora vi interessasse: a polarizzare l’offerta sono i Caraibi e il Mediterraneo.
L'intesa
Il successo delle crociere, dicevamo, è accompagnato da non poche polemiche e proteste. La scorsa estate, nel 2022, il Sud della Francia aveva vissuto giorni tesi, se non tesissimi, a causa di una petizione che intendeva fermare l’inquinamento generato da queste navi. Troppo grandi e troppo scomode. Anche il sindaco di Marsiglia, Benoît Payan, aveva sostenuto la causa ambientalista. E proprio la città focea, sul proprio sito, ricorda come nell’ottobre del 2022 gli armatori operanti nel Mare Nostrum abbiano firmato un’intesa, con lo Stato francese, per accelerare la transizione ecologica del settore.
I meccanismi che regolano le crociere, in fondo, con i dovuti paragoni sono paragonabili a quelli dell’aviazione commerciale. Parliamo, in entrambi i casi, di una forte domanda da parte dei clienti a fronte di una spinta, altrettanto forte, a ridurre le emissioni o, meglio, a prediligere mezzi di trasporto più sostenibili. Alle crociere, per contro, bisogna aggiungere altresì la polemica riguardante il sovra-turismo.
A preoccupare, appunto, è la sordità dimostrata dalla clientela. Che, forte di un rapporto molto competitivo e vantaggioso in termini di qualità e prezzo, continua a scegliere la crociera. Nonostante le conseguenze per il clima e l’ambiente, già.
Gli obiettivi da qui al 2050
Che fare, dunque? Di soluzioni, assicurano i professionisti, ce ne sono. L’Associazione internazionale delle compagnie di crociera, la CLIA, ha promesso di risolvere il problema del sovra-turismo in alcune città-scalo. Favorendo il dialogo con le autorità locali. E promuovendo esempi virtuosi come Palma, alle Baleari, dove è stata trovata un’intesa fra la stessa CLIA e le autorità per «limitare» gli arrivi.
L’altra priorità, invece, è l’impatto ambientale. Su questo fronte, la linea è stata tracciata dall’IMO, l’Organizzazione marittima internazionale: una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 da qui al 2030 e una vera e propria neutralità carbonica entro il 2050. La CLIA, dal canto suo, si sta concentrando sulle tecnologie a zero emissioni, come le celle a combustibile, e su strumenti digitali come il Digital Twin, che può essere utilizzato per ottimizzare le rotte delle navi e trovare il percorso più efficiente dal punto di vista dei consumi.
Su tavolo ci sarebbe anche un ritorno, massiccio, della navigazione a vela per le navi più piccole. Un’opzione, ma non la soluzione secondo gli esperti. Quantomeno, non per l’industria delle crociere. Vincolata al suo stesso successo: i turisti vogliono attraccare, di volta in volta, in una città diversa. E visitarla. Non sarebbe ammissibile lo scenario di una nave ferma in mezzo al mare per mancanza di vento. Per evitare questo problema, la CLIA ha parlato più volte di navi ibride, con diverse forme di energia a bordo, fra cui le celle a combustibile e il metanolo verde.
Biocarburanti, ma ce ne saranno?
L’Associazione ha pure messo sul tavolo un’altra soluzione: i biocarburanti. Proprio pensando agli obiettivi dettati dall’IMO, che prevede un utilizzo del 2% di questi carburanti da qui al 2025, del 6% nel 2030 e del 14% nel 2035. Di più, i biocarburanti non sono fantascienza. Esistono già. Qui, però, casca l’asino, un po’ come per il SAF e gli aerei: chi può avere accesso ai carburanti sostenibili? E di quanti volumi parliamo?
La stessa CLIA, al riguardo, è rimasta sul vago. Anzi, si è detta preoccupata circa una disponibilità su larga scala quando la transizione ecologica entrerà sempre più nel vivo. Non solo, il timore è che si scateni una competizione fra diversi attori: l’aviazione, ma anche il trasporto su strada hanno infatti le stesse esigenze. E le medesime necessità.
E attenzione al metano
Ad oggi, in ogni caso, l’industria delle crociere, per dirla con Transport&Environment (T&E), una organizzazione non governativa europea, è estremamente inquinante. Le navi più grandi attualmente in navigazione possono consumare fino a 2 mila tonnellate di carburante al giorno. Per tacere delle emissioni di CO2, oltre a ossidi di zolfo (SOx), ossidi di azoto (Nox) e polveri sottili, inquinanti atmosferici i cui effetti nocivi sulla salute sono documentati.
Non finisce qui: la soglia massima di emissioni di ossidi di zolfo imposta alle navi da crociera è fra le 100 e le 500 volte superiore a quella imposta alle automobili in Europa, ovvero 10 mg/kg. Secondo uno studio condotto da T&E, l’anno scorso le 218 navi da crociera presenti in Europa hanno emesso una quantità di ossidi di zolfo pari a quella di un miliardo di veicoli nello stesso periodo.
T&E, concludendo, ha pure messo in guardia i crocieristi dal cosiddetto gas naturale liquefatto, o GNL, balzato agli onori della cronaca a causa della guerra in Ucraina quale alternativa al gas russo. È vero che le navi alimentate a GNL riducono le emissioni di CO2 del 20% secondo le stime, ma le fughe di metano durante la sua estrazione o il trasporto dello stesso gas rappresentano un grave problema. Su un periodo di vent’anni, il metano ha un effetto 80 volte superiore a quello della CO2 sul cambiamento climatico. T&E, a tal proposito, stima che tra il 2019 e il 2022 vi sia stato un aumento pari a 5 volte delle emissioni di metano delle navi da crociera. Visti i suoi effetti, impossibile considerarlo una buona soluzione per la decarbonizzazione del settore.