Le immagini del Signore degli Anelli e quella Svizzera «selvaggia» che colpì Tolkien

A inizio settembre del 1973 se ne andava uno dei padri — probabilmente il padre — del genere epic fantasy: John Ronald Reuel Tolkien. Dalla Contea a Mordor, da Frodo ai Nazgûl: paesaggi e personaggi nati dalla penna dell'autore britannico fanno ormai parte dell'immaginario collettivo, sostenuti e rinnovati anche da produzioni recenti (film, serie TV, videogiochi). In occasione dell'anniversario di morte di Tolkien (caduto, per la precisione, il 2 settembre), abbiamo organizzato una lunga chiacchierata con John Howe. Nato il 21 agosto 1957 a Vancouver (Canada), Howe è fra gli illustratori tolkieniani più affermati, e da anni risiede a Neuchâtel. Nell'ultimo ventennio ha collaborato alla creazione di tutti i maggiori adattamenti delle opere di Tolkien: da Il Signore degli Anelli alla recentissima serie (ancora in corso di pubblicazione) Gli anelli del potere, passando per Lo Hobbit.

Quadri o francobolli
Con Howe partiamo parlando dei giorni più recenti. Proprio lo scorso 2 settembre, la Posta ha emesso quattro francobolli commemorativi sui quali campeggiano le opere dell'autore canadese. Come è nata la collaborazione con il servizio postale svizzero? «In modo molto spontaneo», racconta John Howe. «La Posta svizzera voleva fare qualcosa per commemorare questa data. È sembrata una scelta logica guardare alle opere di qualcuno che vive in Svizzera. Così, semplicemente, hanno chiesto a me». Una collaborazione che ha dato vita, appunto, ai quattro francobolli che abbinano a paesaggi e personaggi tolkieniani la classica scritta "HELVETIA". «È la prima volta che i miei lavori diventano francobolli», spiega Howe, «ma il mio coinvolgimento è stato marginale», spiega. «Si tratta di opere già esistenti che non sono state fatte appositamente per questo anniversario, ma che la Posta ha scelto da una selezione da me proposta». Da grande a piccolo: una trasposizione che non ha creato particolari problemi. «Un francobollo è grande come un dipinto, se lo avvicini abbastanza», ci dice ridendo, prima di aggiungere: «La qualità dei francobolli svizzeri è sempre ottima ed ero sicuro che ogni dettaglio si sarebbe preservato anche in queste miniature». E il risultato non ha deluso l'artista: «Sono incantato da come sono usciti».
La Svizzera di Mezzo
Da anni, l'illustratore canadese abita in Svizzera. Che la "location" abbia influenzato le opere dell'illustratore tolkieniano? «Assolutamente sì. Per i miei lavori mi sono indubbiamente ispirato alle cime delle Alpi, ma non solo. Soprattutto per le opere cinematografiche ho pensato anche ai panorami locali, di Neuchâtel (dove Howe risiede, ndr) e del Giura. Penso che per questo lavoro si debba prendere ispirazione da più fonti. Da ciò che si legge, dai posti che si visitano in viaggio, ma anche da ciò che ci circonda tutti i giorni, che così spesso dimentichiamo. Vale sempre la pena guardarsi attorno».
Lo stesso Tolkien, del resto, deve qualcosa alla Svizzera. Nei suoi scambi epistolari, l'autore affermò che il viaggio di Bilbo (protagonista di Lo Hobbit) attraverso le Montagne Nebbiose è una trasposizione di una serie di escursioni che egli stesso effettuò tra Interlaken e Lauterbrunnen (Berna). Di più: con nostalgia, nelle sue lettere, ricordava le «nevi eterne» della Jungfrau. «Viaggiò in Svizzera nel 1911», conferma Howe. «Aveva 19 anni, era il suo primo grande viaggio in una nazione straniera. Era un'estate calda, con molti incendi boschivi, un dettaglio che lo colpì. Leggere dei suoi viaggi in Svizzera è molto stimolante, fa capire quanto dei paesaggi elvetici sia riuscito a entrare nelle sue opere e in quali modi inaspettati (si sofferma, assaporando la parola "unexpected", forse pensando al titolo completo di Lo Hobbit, ndr) lavori l'immaginazione».
La Svizzera, a quei tempi, era molto diversa: «Niente dighe, niente linee elettriche, molte meno vie di trasporto. Era una Svizzera, potremmo dire, più selvaggia. Una che si è fatta largo molto in profondità nelle sue storie».
All'occhio attento di Howe, dunque, chiediamo una valutazione: con la sua multiculturalità e i suoi paesaggi variegati, la Svizzera è una piccola Terra di Mezzo? «In un certo senso sì. Vedere queste aree culturali così distinte, che coabitano prosperando, è qualcosa di meraviglioso. Penso che sia proprio questo, lo spirito di compromesso, a rendere eccezionale la Svizzera». Dalle verdi colline alle aspre montagne: a livello di paesaggi, «la Svizzera sarebbe una perfetta Terra di Mezzo, ma le manca l'oceano», dice ridendo.
Dagli schizzi al cinema
Non chiedete a John Howe, però, quali siano i personaggi o i paesaggi tolkieniani che preferisce disegnare: «Sono domande a cui non so mai rispondere. Ogni personaggio è attrattivo a modo suo. Chiaramente provo un certo piacere nel dipingere creature come il Balrog (gigantesco essere dai tratti demoniaci, ndr), le Aquile o i draghi. Ma sono anche molto preso dai personaggi più complessi, più difficili da definire, come Sam e Boromir. Discorso simile per i paesaggi: non c'è un angolo di Terra di Mezzo che io non voglia dipingere». Poi ricorda: «Ho cominciato a disegnarli, per interesse personale, negli anni '70, quando ero al liceo. Avevo letto i libri del Signore degli Anelli e mi avevano ispirato. Tolkien è uno scrittore molto visivo e quando lo si legge, immediatamente, tante immagini fioriscono nella mente: per me, dipingerle sembrava una cosa naturale». Con il passare degli anni (e grazie alla scuola d'arte di Strasburgo), la passione si è trasformata in carriera professionale, legata a doppio filo all'universo fantasy, in particolare tolkieniano. «Disegnavo in modo indipendente, ogni volta che potevo, qualcosa legato alla Terra di Mezzo. Ma è verso la fine degli anni '80 che ho ottenuto la prima commissione dagli editori britannici di Tolkien». Da qui, il successo inarrestabile. Le collaborazioni con Peter Jackson, sui set neozelandesi, per le due trilogie di Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Poi, più recentemente, le consulenze per la nuova serie di Amazon: Gli anelli del potere. «Tutte esperienze diverse fra loro», ci racconta Howe. «Il Signore degli Anelli è stata la mia prima esperienza nel cinema. È stata una sfida enorme chinarsi sulla Terra di Mezzo costruendo tutto dal nulla».
Già, perché di questo si trattava: creare da zero una scenografia che facesse la storia. Sin lì mai nessuna grande produzione si era imbarcata nel progetto. Paesaggi e personaggi di Tolkien, insomma, erano rimasti su carta. Per John Howe e Alan Lee, altro grande illustratore tolkieniano impegnato nella produzione di Jackson (entrambi conceptual designers), la missione era dare concretezza cinematografica — passando dai loro disegni — alle parole dell'autore britannico. Era il 1997 quando il progetto ebbe inizio.
Poi, negli anni '10, la trilogia che racconta la storia di Bilbo. «In qualche modo, una continuazione del progetto precedente».
È con la serie voluta da Amazon che è cambiato tutto: «Il lavoro su Gli anelli del potere è stato molto differente, anche perché è basato su cinque stagioni e numerose puntate. Ma il risultato mi sta piacendo molto. Ho apprezzato la possibilità di tornare nella Terra di Mezzo, in un periodo storico differente». Lavorare a una storia ambientata millenni prima degli eventi raccontati nel Signore degli Anelli, spiega Howe, «permette di realizzare quanto materiale Tolkien abbia creato. Ne sono state ricavate due trilogie, una serie, videogiochi, cartoni animati. Ed è solo la punta dell'iceberg».
Le polemiche
La creazione di un franchise cinematografico ha portato alla nascita di una fedele fanbase attenta ai nuovi sviluppi. Non sempre, c'è da dire, apprezzati. Molti, infatti, non hanno ritenuto Lo Hobbit all'altezza della prima trilogia. E altri hanno criticato le scelte artistiche che distanziano Gli anelli del potere dal materiale originale. Polemiche sterili? Secondo Howe, l'amore incondizionato per la prima trilogia non è una anomalia. «Il Signore degli Anelli occupa un posto unico nel cuore delle persone: è uscito 20 anni fa e fa già parte dei ricordi d'infanzia di una generazione. Ma comparare queste tre produzioni sarebbe un errore, proprio per le grandi differenze che le separano. Per quanto riguarda Gli anelli del potere, bisognerà portare pazienza e aspettare la fine delle cinque stagioni perché si possa dare un giudizio su ciò che sarà. Capisco che sia difficile aspettare, è un lungo processo e la gente vuole vedere e capire di più. Ma la serie è appena iniziata».

Fra le scelte criticate dai fan più bigotti, quella di includere — nel cast principale delle nuove produzioni — più attori di etnie diverse da quella caucasica (decisamente dominante nel Signore degli Anelli), come per l'elfo Arondir, il cui interprete è portoricano. Gli anelli del potere hanno dovuto fare i conti con un'onda reazionaria che non ha risparmiato tanti altri film recenti (ricordate, ad esempio, la nuova Sirenetta?). Questa estate, poi, la polemica ha toccato più da vicino il campo degli illustratori. Stiamo parlando del caso riguardante l'edizione speciale delle carte da gioco di Magic: The Gathering, ambientate nella Terra di Mezzo. Qui, gli illustratori hanno immaginato un Aragorn "afrodiscendente". Apriti cielo! Che cosa ne pensa Howe? «Per quanto mi riguarda, se si è il più possibile in contatto con un tema, e se si ha una certa conoscenza del contesto e di ciò che l'autore potrebbe aver avuto in mente (potrebbe, perché non possiamo mai saperlo veramente), trovo che le immagini appaiano spontaneamente. E mi sembra un po' strano "decidere" cosa disegnare. Il disegno stesso decide, in un certo senso, da solo: l'autore deve abbandonarsi a questa ricerca. Non potrei mai scegliere di fare qualcosa in un modo particolare per una ragione che è al di fuori della scena del testo stesso». Ma ciò non deve essere letto come un divieto assoluto alla reinterpretazione, anzi: «Ogni dipinto può essere dimenticato immediatamente o restare nella memoria delle persone. Prendiamo il Balrog. Le rappresentazioni di fan-art online (immagini create dai fan, ndr), si ispirano tutte alle sequenze proposte in La Compagnia dell'Anello (il primo capitolo della prima trilogia di Jackson, ndr): in qualche modo questa immagine fa ormai parte della cultura tolkieniana. Ma bisogna anche accettare che nulla è permanente e tutto ciò che è basato su un testo esistente è solo una proposta, un'idea. Recentemente ho dipinto un Balrog e l'ho fatto in maniera molto differente». Una libertà d'esecuzione, del resto, fornita dall'autore stesso: «Parte del genio di Tolkien stava proprio in questo: invece di fornire una descrizione dettagliata di ogni creatura che aveva immaginato, preferiva mostrare le emozioni che queste scatenavano nei personaggi. Ciò significa che si è liberi di interpretare come si vuole: un vero dono per chi disegna e dipinge, che non è costretto a seguire una lista di tratti elencati come su una lista della spesa. Ogni lettore completa gli spazi bianchi».
Il fardello del creare
Un po' come tutti i fan, Howe ci racconta: «Amerei poter dimenticare interamente le due trilogie cinematografiche, Gli anelli del potere, tutto. Solo per poter rileggere i libri una prima volta, ancora». Un desiderio, però, ancora più forte quanto più è grande il coinvolgimento nella produzione: «Ogni creatore darebbe così tanto per vedere il proprio lavoro come se fosse stato fatto da qualcun altro: andare ad una mostra senza preconcetti; entrare in un cinema senza sapere come è stato fatto il film, solo per poterlo vedere con occhi nuovi. Ogni professionista del settore porta con sé esperienze e considerazioni che possono divenire un fardello».
Il futuro per gli illustratori sembra volgersi, sempre più, a film e videogiochi. Meno ai libri. Un peccato? «Queste sono tutte differenti opportunità di utilizzare le abilità acquisite nel lavoro di illustrazione. È sempre bello rimanere incantati di fronte a proposte inaspettate. Lavorare a film e videogiochi è divertente perché differisce, e di molto, dal normale ambiente di lavoro. Invece di disegnare da solo, a casa, posso lavorare in nazioni diverse con grandi team di persone. Non si sa mai dove ti porterà la tua penna». Howe, del resto, non si pone limiti: «Al momento sto lavorando a tre libri, uno dei quali è stato scritto da me. Insegno. Lavoro con un'azienda orologiera locale al design di nuovi modelli e a progetti vicini ("La Tour du fantastique", a Neuchâtel) e lontani, con una mostra nel nord della Francia. C'è tanto, tantissimo da fare per un illustratore. Mai avrei immaginato, seguendo la scuola d'arte, che così tante occasioni si sarebbero manifestate».