Le leggi non scritte e i numeri record del conclave

Il conclave è il solo meccanismo al mondo di «elezione a vita di un’autorità assoluta». Storicamente, è «un reperto medievale sopravvissuto alla fine dell’ancien régime e del potere temporale», e si presenta oggi «come un collettore di contraddizioni e di speranze, dette col silenzio, col pensiero o anche con il pettegolezzo». La definizione è di Alberto Melloni, ordinario di Storia del cristianesimo nell’Università di Modena-Reggio Emilia, probabilmente lo studioso che più di altri in questi ultimi anni ha indagato origini, riforme e trasformazioni del conclave.
Fino al secolo scorso, si parlava di questa straordinaria riunione di cardinali soltanto alla morte del Papa. Oggi, ovviamente, non è più così. La società della comunicazione ha cambiato totalmente lo scenario. «Agli studiosi del cattolicesimo - scrive Melloni - è noto, vuoi dall’analisi della stampa, vuoi dalle fonti private, ecclesiastiche o diplomatiche, quel clima particolare che si crea quando il divieto canonico di parlare» del futuro pontefice, «(specchio fedele del divieto di congiurare contro il re) principia a sgretolarsi sotto il peso delle cose. Il naturale variare della salute del Papa e il buon senso obbligano alla riflessione quanti a vario titolo - elettori, spettatori o osservatori - hanno un ruolo nei meccanismi del conclave. In questo clima tutto è possibile: dalla cortigianeria di chi scalpita e discetta sulla futura beatificazione del Papa regnante, alla seria preoccupazione di individuare le linee di crescita della comunione cristiana; dal cinismo di chi pondera le possibilità di sopravvivenza di un uomo sofferente alla noncuranza degli spiritualisti radicali; dalla fatua temerarietà di chi si dedica al “toto-papa”, alla volgarizzazione dei meccanismi politici attraverso i quali si tesse la tela della maggioranza necessaria a fare il vescovo di Roma».
L’impatto dei mass media
Una cosa è del tutto evidente. E facilmente comprensibile. Il conclave è sopravvissuto ed è giunto apparentemente immutabile sino al XXI secolo proprio perché è cambiato. Adattandosi all’impatto che la comunicazione di massa ha avuto sull’intero sistema delle concezioni politiche. Un impatto che «ha imposto le sue leggi anche all’elezione del Papa».
Spiega ancora Melloni: «Sono passate in secondo piano le funzioni del collegio cardinalizio come “utero surrogato” della dinastia papale e sono venute alla luce nuove dimensioni di omologazione alla cultura politica contemporanea. L’elemento della spettacolarizzazione, che domina le elezioni democratiche, ha riscattato il conclave, regalandogli, contro ogni previsione, una nuova modernità. Come le elezioni democratiche e più di quelle, anche quella del Papa risente sempre più della logica mediatica d’impianto e d’interpretazione. Le stesse norme che regolano la procedura elettorale attirano l’attenzione e la curiosità di fasce della opinione pubblica ben più larghe di quelle direttamente interessate all’evento per la professione della fede cristiana o più specificamente per l’appartenenza alla Chiesa cattolica. I commenti tendono a leggere il conclave - dai suoi prodromi, al suo svolgimento e al suo esito - nei termini bipartisan della dialettica politica, quasi evocando lo schierarsi dell’opinione pubblica dentro e fuori la comunità dei cattolici su liste di priorità trasparenti».
Con una differenza, tuttavia, non da poco. Quando si parla di conclave e di elezione del Papa bisogna necessariamente «lasciare da parte l’azzardo dei pronostici e la cabala del successore».
Il detto che chi entra in conclave Papa ne esce sempre cardinale non è soltanto saggezza popolare. Anche senza prendere in considerazione l’intervento dello Spirito Santo, che ovviamente può fare presa sulle coscienze dei credenti ma lasciare scettici o indifferenti tutti gli altri, nel conclave le variabili sono molte e spesso uniche. Scrive sempre Melloni: «Il nodo storico serio, posto dal periodico attivarsi dei cardinali come ceto elettorale, non si colloca sul piano dell’interferenza di istanze esterne nella procedura e nemmeno della grammatica politica che ne determina l’esito, ma […] sul senso del nesso che lega elettori ed elezione da quasi un millennio. È lì il punto d’equilibrio fra piano romano e piano universale. La forma di quel rapporto resiste perché duttile, resta apparentemente immobile proprio per il suo continuo adattamento, ma non ha nessuna pretesa di esprimere sempre e comunque una funzione - quella petrina - che è oggetto di profonde riforme nella prassi e nelle concezioni teologiche e politiche che la sorreggono».
Mai così tanti
Che cosa succederà nella Cappella Sistina quando le porte saranno chiuse e il sacro Collegio comincerà a votare è quindi inutile tentare di prevederlo. Una cosa, tuttavia, si può dire: i numeri del conclave autorizzano a immaginare qualche sorpresa. I cardinali elettori, è noto, sono 135 su un totale di 252. Due di loro, però, hanno già dato forfait per motivi di salute: lo spagnolo Antonio Cañizares Llovera, 79 anni, arcivescovo emerito di Valencia e Vinko Puljiæ, anch’egli 79.enne, arcivescovo emerito di Sarajevo, creato cardinale da Giovanni Paolo II nel concistoro del 26 novembre 1994 e, per questo, l’elettore più anziano per elevazione alla porpora. Saranno, dunque, 133 i cardinali che eleggeranno il successore di Francesco. Di questi, 108 sono stati creati dal pontefice argentino (l’81% del totale), 22 da Benedetto XVI e soltanto 5 da Karol Woytila. Mai un conclave ha avuto un numero così elevato di elettori. Nel 1903, l’elezione di Pio X fu decisa da 62 cardinali, 60 dei quali europei (e 39 italiani). Nel 1914 e nel 1922, per le elezioni di Benedetto XV e di Pio XI, gli elettori furono in numero persino inferiore: rispettivamente, 57 e 53. Per scendere addirittura a 51 nel 1958, quando al soglio di Pietro fu chiamato Angelo Giuseppe Roncalli, il Papa buono. È con la riforma di Paolo VI e la decisione di portare a 120 il numero di elettori che il conclave inizia ad affollarsi. Così, furono 111 i cardinali che scelsero nel 1978 prima Albino Luciani e, meno di due mesi dopo, Karol Woytila. E 115 i porporati che elessero Benedetto XVI nel 2005 e Francesco nel 2013.
«Sotto chiave» dall'XI secolo
