La storia

Le mogli dei soldati russi, il tallone d'Achille di Vladimir Putin

Da mesi, oramai, chiedono il ritorno a casa dei propri mariti deponendo fiori sulla tomba del Milite ignoto a Mosca e presso altri monumenti in Russia
© REUTERS
Marcello Pelizzari
19.02.2024 16:15

Sulla tomba del Milite ignoto, a Mosca, situata ai piedi delle mura del Cremlino, da tempo oramai le mogli dei soldati russi depongono fiori. Sono sempre di più. E si recano al monumento sempre più spesso. Chiedendo una cosa soltanto: il ritorno a casa dei propri mariti. Questo rito, se così vogliamo chiamarlo, si ripete giorno dopo giorno anche in altre città russe. Di più, le mogli dei soldati sono diventate un tema mediatico. Spalleggiate, nelle loro richieste, da alcuni gruppi di opposizione. La divergenza di opinioni rispetto alla guerra in Ucraina, agli occhi di Vladimir Putin, secondo analisti ed esperti ha superato i cosiddetti livelli di guardia. Tradotto: le accuse lanciate dalle mogli dei soldati sono un problema per il presidente russo. Difficile, se non impossibile, da risolvere. Eccolo, il vero tallone d'Achille.

Il movimento «Put Domoi»

In realtà, anche all'interno del fronte delle mogli le differenze di vedute riguardo all'invasione su larga scala dell'Ucraina non mancano. Come sottolinea Deutsche Welle, c'è chi condanna la guerra tout court e chi, invece, la sostiene ma chiede, almeno, una migliore rotazione degli uomini. Non solo, c'è chi, via Telegram, ha espressamente chiesto ai parenti dei soldati di non partecipare alle proteste contro il conflitto. E questo per timore di irretire le autorità e di frenare il dialogo con il Cremlino. Lo scorso novembre, tuttavia, nonostante questi appelli via social cinque donne del movimento Put Domoi – traducibile con La via di casa – si sono riunite per una prima veglia nella capitale, a Mosca. Chiedendo, appunto, il ritorno dei loro uomini. Una richiesta comprensibile, soprattutto se consideriamo che il servizio al fronte – leggiamo – è a tempo indeterminato.

Le immagini di quella veglia novembrina, presto, hanno fatto il giro dei media e dei social russi. Le partecipanti, incredibilmente, non sono state arrestate. Al contrario, hanno ricevuto una visita con ammonimento da parte delle autorità: in futuro, niente attività simili. È successo l'esatto contrario. Le cinque donne hanno cominciato a piantonare la tomba del Milite ignoto. E a deporre fiori, come detto. Giorno dopo giorno, sono state accompagnate da altre mogli di soldati. 

Le risposte evasive

Nel giro di pochi mesi, il numero di donne è cresciuto. E sì, da Mosca la protesta si è allargata ad altre città e regioni della Federazione Russa, includendo le famiglie dei soldati e «semplici» oppositori. Il 10 febbraio, a Ekaterinburg, al confine fra la Russia europea e quella asiatica, la polizia ha arrestato cinque partecipanti mentre deponevano fiori davanti a un monumento alle vittime delle guerre in Afghanistan e Cecenia. La loro colpa? Aver violato le norme contro gli assembramenti pubblici. Un uomo è stato pure condannato a otto giorni di carcere per «aver organizzato una manifestazione contro l'operazione militare speciale», la perifrasi scelta dal Cremlino per descrivere e parlare della guerra in Ucraina.

Prima che le mogli e i parenti dei soldati si organizzassero come un movimento, o qualcosa di simile, alle autorità arrivavano singole lamentele o richieste. La risposta, per contro, era sempre la stessa: interlocutoria se non evasiva. Della serie: aspettate. Una cosa, tuttavia, è stata chiarita dalle stesse autorità: l'impossibilità a limitare la durata del servizio al fronte, perché ciò avrebbe comportato, citiamo, «cambiamenti fondamentali nell'addestramento militare».  

Sono state proprio risposte di questo tenore a spingere sempre più donne a manifestare. 

Non c'è soluzione

Il discorso, evidentemente, è anche politico, nella misura in cui è stato cavalcato dai candidati (anzi, dagli aspiranti candidati) dell'opposizione Yekaterina Duntsova e Boris Nadezhdin. Dopo che i due sono stati squalificati dalla Commissione elettorale centrale russa, Maria Andreeva – una delle leader di Put Domoi – ha cercato conforto e sostegno in un altro candidato alla presidenza, Vladislav Davankov. Un tentativo è stato fatto perfino con Vladimir Putin in persona, a caccia del suo quinto mandato. Nessuno dei due, mentre scriviamo queste righe, ha dato una risposta concreta.

Putin, d'altronde, in questi primi due anni di guerra ha parlato poco, pochissimo dei soldati mobilitati. Anzi, la sua amara ironia ha fatto discutere, e pure parecchio, nel novembre del 2022, in occasione di un raro incontro con i parenti dei soldati caduti. Questo il suo laconico commento: «Tutti noi prima o poi dobbiamo lasciarci alle spalle questo mondo». I limiti della mobilitazione di massa, al contrario, sono stati descritti e affrontati da varie figure dell'opposizione: dal liberale Maxim Katz, in esilio a Tel Aviv dopo essere stato etichettato come «agente straniero», al «londinese» Michail Khodorkovsky, passando per Alexei Navalny.  

Katz, al riguardo, ha spiegato che le autorità russe non intendono fare concessioni alle mogli. Anche perché, a quel punto, altre chiederebbero direttamente che i propri mariti (non ancora chiamati) rimangano a casa. «Le autorità non vedono soluzioni comode, ecco perché agiscono in modo così vago nei confronti delle proteste» ha aggiunto Katz. 

E sulla tomba del Milite ignoto, intanto, i fiori si accumulano. Giorno dopo giorno.