Le scie di condensazione degli aerei sono un problema: «Ecco la soluzione»
Scie di condensazione. Parliamo, banalmente, delle nuvole di vapore acqueo condensato che possono formarsi al passaggio degli aerei. Queste scie sono «portatrici» di cambiamento climatico (ne avevamo parlato mesi fa) dato che le emissioni provocate dagli aerei contengono biossido di carbonio, ossidi di azoto, monossido di carbonio, idrocarburi come il metano, solfati, particolato da combustione. Chi più ne ha più ne metta, insomma. Che fare, dunque? Un nuovo studio dell'organizzazione non governativa Transport & Environment (T&E) sembrerebbe aver individuato una possibile soluzione: modificando le rotte di pochissimi voli, leggiamo, il riscaldamento provocato dalle scie di condensazione si dimezzerebbe entro il 2040. Non solo, la misura sarebbe particolarmente economica visto che costerebbe meno di 4 euro per volo.
Le scie di condensazione, o contrails in inglese, si vedono praticamente ogni giorno alzando gli occhi al cielo. Testimoniano, in un certo senso, il passaggio di un aereo. Un passaggio, appunto, non privo di agenti inquinanti. L'effetto delle scie sul riscaldamento del pianeta è importante. Tanto quello generato dalle emissioni di CO2. Detto ciò, una piccola percentuale dei voli che quotidianamente occupa i cieli del mondo (il 3%) genera qualcosa come l'80% del riscaldamento da scie. Di qui la proposta: modificare le rotte, affinché il riscaldamento generato da scie si riduca della metà (e oltre) entro il 2040. Il tutto tenendo presente che, al contempo, l'aviazione dovrà ridurre – anche drasticamente – le emissioni di CO2.
T&E ritiene che la modifica delle rotte sia davvero necessaria solo per un numero ridotto di voli e, all'interno di questi voli, solo per una piccola parte del viaggio. Il cherosene extra bruciato per evitare la formazione di scie peserebbe pochissimo, sull'intera flotta di una compagnia, nell'arco di un anno: non più dello 0,5%. Detto in altri termini, basterebbe un consumo di carburante superiore del 5% (al massimo) su determinati voli, con relative emissioni di CO2, per evitare il grosso del riscaldamento provocato dalle scie. Arrivati fin qui, sorge spontanea una domanda: dove, esattamente, bisognerebbe intervenire? La geografia, o meglio dove si trova un aereo nel mondo, e la latitudine di un volo hanno un impatto sulla formazione o meno delle scie. E, quindi, sul «contributo» di quel volo al cambiamento climatico. I sorvoli sul Nordamerica, sull'Europa e sull'Atlantico settentrionale, nel 2019, pesavano parecchio (oltre la metà) sul riscaldamento generato dalle scie di condensazione. Detto di geografia e latitudine, anche l'ora del giorno ha un'influenza sugli effetti climatici delle scie. Quelle che si formano di sera e di notte, ad esempio, hanno un peso maggiore. Pure la stagionalità entra in gioco: le scie più «riscaldanti» tendono infatti a formarsi in inverno.
Carlos Lopez de la Osa, di T&E, al riguardo afferma: «All'industria aeronautica stiamo offrendo un modo semplice ed economico per ridurre il proprio impatto sul clima. Alcuni operatori del settore sopravvalutano l'incertezza scientifica delle scie di condensazione, ma i benefici climatici derivanti dall'evitare le scie sono enormi e le soluzioni migliorano di giorno in giorno. Identificando i pochissimi voli che causano il riscaldamento da scie e modificando le rotte, possiamo avere un effetto immediato. Quindi non discutiamo più se dobbiamo farlo, ma come».
Evitare le scie, come detto, sembrerebbe anche economico. T&E cita a mo' di esempio un ipotetico volo da Parigi a New York: una modifica della rotta costerebbe meno di 4 euro a biglietto. In quei 4 euro scarsi sarebbero compresi il costo del carburante extra e di tutte le tecnologie utilizzate per evitare la formazione delle scie, come i sensori di umidità, i dati satellitari e via discorrendo. Una soluzione, questa, ritenuta più economica di altre, fra cui la cattura e lo stoccaggio della CO2.
Compagnie aeree, start-up e altri attori del settore dell'aviazione, dice T&E, stanno già implementando pratiche per prevenire le scie. L'anno scorso, per dire, si è svolta una sperimentazione che ha coinvolto 70 voli. Il risultato? La formazione di contrails si è ridotta del 54% mentre il consumo extra di carburante non ha superato il 2% a livello di flotta. Affinché la prevenzione delle scie venga applicata su scala, per contro, T&E raccomanda che le scie di condensazione vengano monitorate anche su tutti i voli in partenza e in arrivo nell'Unione Europea a partire dal 2027 e, parallelamente, che le autorità di regolamentazione preparino lo spazio aereo europeo per le citate modifiche delle rotte. L'UE, ancora, agli occhi di T&E dovrebbe dare priorità ai finanziamenti per la ricerca sulla prevenzione delle scie e offrire incentivi alle compagnie aeree e ai produttori che si muovono per primi, fino a quando queste tecnologie non diventeranno standard. Ancora Lopez de la Osa: «Ci sono pochissime soluzioni per il clima che possono essere implementate così rapidamente, a costi così bassi e con un impatto minimo sull'industria e sui consumatori. La nostra è una di queste. Ma, appunto, è necessario includere la mitigazione delle scie nei nostri obiettivi climatici e adottare politiche innovative. Possiamo e dobbiamo rendere i nostri cieli liberi dalle scie di condensazione nei prossimi dieci anni, per il bene del pianeta. I responsabili politici e l'industria non possono permettersi di perdere l'opportunità climatica di questo decennio».
Gli effetti non CO2 dell'aviazione, come gli ossidi di azoto e appunto le scie, riscaldano il pianeta almeno quanto le emissioni di CO2 legate all'aviazione. Le scie, create dagli aerei che volano in aria fredda e umida, sono il più significativo degli effetti non-CO2 dell'aviazione. La maggior parte delle scie si dissolve in pochi minuti, ma in determinate condizioni alcune scie possono persistere nell'atmosfera, diffondersi e diventare addirittura cirri artificiali con un effetto netto di riscaldamento.