Le terre rare ucraine dietro allo scontro tra Trump e Zelensky: «Quell'accordo è un ricatto per la pace»
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Dietro al duro scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky potrebbero esserci le terre rare e le fonti energetiche ucraine che tanto fanno gola al presidente degli Stati Uniti. Il consigliere per la sicurezza nazionale degli USA, Mike Waltz, nelle scorse ore, ha chiesto a Kiev di smetterla di prendersela con il tycoon, proponendo di firmare un accordo che consegni metà delle risorse minerarie ucraine all'America.
Mike Waltz ha spiegato a Fox News che il presidente ucraino dovrebbe «attenuare» le sue critiche agli Stati Uniti e dare un'occhiata «attenta» all'accordo. Nello specifico, il consigliere per la sicurezza nazionale ha proposto all’Ucraina di cedere a Washington 500 miliardi di dollari di risorse naturali, tra cui petrolio e gas.
Secondo quanto riportato dal Telegraph, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco della scorsa settimana, Zelensky ha respinto un'offerta dell'amministrazione Trump che avrebbe dato agli Stati Uniti il controllo sulle riserve minerarie, petrolifere e di gas dell'Ucraina, sui porti e su «altre infrastrutture» non specificate.
I termini dell'accordo proposto sarebbero stati «peggiori delle sanzioni finanziarie imposte a Germania e Giappone dopo la loro sconfitta nel 1945», ha osservato il quotidiano, aggiungendo: «Se questa bozza fosse accettata, le richieste di Trump ammonterebbero a una quota del PIL ucraino maggiore rispetto alle riparazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles».
L'accordo è stato definito «un ricatto per la pace» dal sito European Pravda, che ha sottolineato come sarebbe stata un'intesa troppo sfavorevole per Kiev.
Oltre ad aver rifiutato l'offerta USA, per Mike Walz, Kiev ha pure sbagliato a respingere l'approccio del presidente USA ai colloqui di pace con Mosca, visto tutto quello che gli Stati Uniti hanno fatto per l'Ucraina da quando la Russia ha avviato l’invasione nel febbraio del 2022. E ha negato le accuse secondo cui Washington avrebbero snobbato il Paese devastato dalla guerra e gli alleati europei escludendoli dall’avvio dei negoziati con il Cremlino: «Parte della retorica proveniente da Kiev e gli insulti al presidente Trump sono inaccettabili. Il presidente Trump è ovviamente molto frustrato in questo momento con il presidente Zelensky, per il fatto che non si è seduto al tavolo delle trattative, che non è stato disposto a cogliere questa opportunità che gli abbiamo offerto», ha poi detto Waltz ai giornalisti presenti alla Casa Bianca, riferendosi ancora all'accordo sulle risorse naturali ucraine.
Pure il segretario di Stato americano Marco Rubio ha cercato di giustificare il mancato invito di Kiev e dei partner del Vecchio continente al tavolo dei negoziati con la Russia: «Gli Stati Uniti devono avere relazioni con la Russia indipendentemente dal fatto che piacciano o meno le azioni di Mosca», ha dichiarato in un'intervista con la giornalista Catherine Herridge, pubblicata sul suo account X e ripresa dall’agenzia russa Tass.
«Alla fine dobbiamo essere in grado di parlare con una nazione che ha, in alcuni casi, la più grande riserva di armi nucleari tattiche al mondo e la seconda più grande, se non la più grande, riserva di armi nucleari strategiche al mondo», ha spiegato Rubio, aggiungendo che «alla fine, che ci piaccia o no, la Russia è una potenza, una potenza globale».
Il segretario di Stato ha poi affermato che l'incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello degli Stati Uniti Donald Trump «deve essere sostanziale e dipenderà dai progressi dell'accordo ucraino. Non conosco i tempi, ma un incontro tra il presidente Putin e il presidente Trump deve essere un incontro su qualcosa. Dobbiamo sapere di cosa parlerà quell'incontro, cosa si otterrà. In genere non teniamo questi incontri finché non c'è un risultato o un progresso».
Dopo aver accusato l’Ucraina di aver iniziato la guerra contro la Russia, mercoledì scorso, Trump è arrivato a definire Zelensky «un dittatore» che si è rifiutato di tenere elezioni, nonostante sia in vigore la legge marziale, sostenendo che il leader di Kiev ha un indice di gradimento del 4%. Zelensky, da parte sua, ha invece affermato che Trump sta vivendo in una «bolla di disinformazione» del Cremlino e che avrebbe voluto che il team del tycoon fosse «più sincero».
Dopo lo scontro con il tycoon, il vicepresidente JD Vance in un'intervista al Daily Mail ha avvisato Zelensky di smorzare i toni quando si rivolge al presidente USA: «L'idea che Zelensky possa far cambiare idea al presidente parlando male di lui sui media pubblici... chiunque conosca il presidente vi dirà che è un modo atroce di trattare con questa amministrazione».
Non sono mancate neppure le stoccate del braccio destro di Trump, il miliardario Elon Musk, il quale ha sentenziato che gli ucraini «disprezzano» il loro presidente, aggiungendo che Trump ha fatto bene a escluderlo dai colloqui con la Russia e sfidando direttamente il capo di Stato a indire nuove elezioni.
Di più, il patron di Tesla ha pure aggiunto che «la quantità di denaro che è stata buttata per via della corruzione in Ucraina è disgustosa». Musk ha poi accusato il leader ucraino di gestire una «massiccia macchina di corruzione che si nutre dei cadaveri dei soldati ucraini»: «Dovremmo provare empatia per le persone che muoiono in prima linea. Questa è la cosa più importante. Per quanti anni ancora dovrebbe andare avanti questa guerra?», si è chiesto il miliardario. Le esternazioni di Trump e Musk sul presunta bassa popolarità di Zelensky stridono con il risultato di un recente sondaggio condotto Kyiv Institute of Sociology, il quale riporta un indice di gradimento del 57%.
Ieri, poi, la tensione tra USA e Ucraina si è fatta ancora più palpabile quando l'inviato speciale di Trump in Ucraina, Keith Kellogg, ha annullato una conferenza stampa a Kiev per rispondere alle domande dei giornalisti ucraini. Zelensky, poche ore dopo, ha smorzato i toni affermando di aver avuto una «buona discussione» con l’ex generale dell’esercito americano, con cui avrebbe pure discusso su «garanzie di sicurezza efficaci» per l'Ucraina.
Gli Stati Uniti questa settimana si sono rifiutati di sostenere una bozza di risoluzione ONU per celebrare, lunedì prossimo, il terzo anniversario dell'invasione su vasta scala della Russia. La risoluzione dovrebbe condannare l'aggressione russa e riafferma la sovranità dell'Ucraina e i confini internazionali pre-2014, prima che Mosca annettesse la Crimea e iniziasse un'acquisizione militare segreta della regione orientale del Donbass. Questa è la prima volta dall'inizio della guerra che gli USA non hanno sostenuto la risoluzione, evidenzia il Guardian, spiegando che 50 Paesi probabilmente la sosterranno, tra cui la maggior parte dei membri dell'UE e il Regno Unito.
Secondo il Financial Times, la Casa Bianca avrebbe pure cercato di bloccare una dichiarazione simile da parte del gruppo del G7, il quale accusa la Russia per il conflitto. Gli inviati degli Stati Uniti, si legge, avrebbero sollevato obiezioni sulla frase «aggressione russa» e non avrebbero firmato un piano per consentire a Zelensky di collegarsi in videoconferenza con i leader del G7. La Casa Bianca starebbe pure valutando il ritiro le sanzioni contro Mosca. Alcune fonti citate dalla Reuters, sono convinte che Trump voglia dimostrare al popolo americano che gli USA stanno recuperando il costo di tutti gli aiuti forniti finora all'Ucraina.
Certo è che il deterioramento dei rapporti con gli USA è una pessima notizia per l'Ucraina e per il suo leader. A tal proposito il New York Post sottolinea che «Zelensky ha pochi, se non nessuno, sostenitori nella cerchia ristretta del presidente Trump, e il peggioramento dei rapporti tra i due rischia di indebolire la posizione di Kiev nei colloqui di pace con la Russia». Secondo il quotidiano statunitense «una fonte vicina a Trump suggerisce che la soluzione migliore per Zelensky e per il mondo è che vada immediatamente in Francia».