L'incredibile anno del GNL, il gas naturale liquefatto
Le coordinate, sin dai primi giorni di guerra, erano chiarissime: l’Europa, per fare a meno del gas russo, avrebbe dovuto rivolgersi ad altri Paesi produttori e, nello specifico, «scommettere» sul gas naturale liquefatto, noto anche con l’acronimo GNL.
Secondo logica, lo scorso anno i volumi di GNL importati sono aumentati di 66 miliardi di metri cubi. Lo afferma un rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) pubblicato ieri, martedì. «L’Europa – si legge – è stata il motore principale dell’aumento della domanda di GNL». Un aumento che, di riflesso, ha permesso al continente di allontanarsi dai gasdotti russi. «I carichi di GNL consegnati in Europa sono aumentati del 63% lo scorso anno» ha ribadito l’IEA.
Che cosa dicono i numeri
Il dato è significativo. Anche perché è perfettamente allineato a quelli di un altro report, firmato dal think tank Institute for Energy Economics and Financial Analysis e pubblicato a metà gennaio. Secondo il documento, l’Unione Europea ha importato 155 miliardi di metri cubi di GNL nel 2022. Il 60% in più rispetto all’anno precedente, il 2021.
La forte, fortissima domanda europea – motivata da un’emergenza impellente – ha fatto schizzare i prezzi. E così, il mercato globale del gas naturale liquefatto nel 2022 è raddoppiato di valore per toccare una cifra monstre: 450 miliardi di dollari. Per il 2023, l’Agenzia prevede un’ulteriore crescita (4,3%).
Il ruolo dell'America
Della situazione venutasi a creare, giocoforza, ne hanno beneficiato gli Stati Uniti. Washington, infatti, ha garantito due terzi dei 66 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivo. E così, l’America – oltre a essere la superpotenza per eccellenza – è diventata pure il principale fornitore di GNL dell’Unione Europea per il 2022.
Le esportazioni americane verso il continente europeo, infatti, sono esplose. Citiamo i dati del think tank: +143% rispetto al 2021. Da soli, gli Stati Uniti hanno garantito oltre la metà delle importazioni di GNL degli Stati membri. Un boom che ha consentito a Washington di superare, in velocità, l’Australia e il Qatar.
Quanto agli altri fornitori, l’Europa ha ricevuto GNL extra anche da Qatar (5 miliardi di metri cubi), Egitto (5), Norvegia (3), Angola (2) e, infine, Trinidad e Tobago (2). La Russia, nonostante tutto, ha pure contribuito con 2 miliardi di metri cubi. Politico, citando i dati dell’Unione Europea, aveva parlato a suo tempo addirittura di 16,5 miliardi quale contributo di Mosca senza considerare i flussi aggiuntivi. Una questione delicata, a maggior ragione se consideriamo che Kiev aveva chiesto un embargo totale sui combustibili fossili russi, GNL compreso.
La spinta tedesca
Al culmine della corsa, folle ma appunto necessaria, al gas naturale liquefatto, complici i siti di stoccaggio pieni e le temperature miti, una trentina di navi cisterna cariche di GNL era ancora in attesa di allacciarsi agli impianti di rigassificazione europei, ha detto l’IEA.
I singoli Paesi hanno spinto, e pure molto, per dotarsi delle necessarie strutture. La Germania, ad esempio, a gennaio ha inaugurato tre terminali mentre in Italia il dibattito sui rigassificatori ha occupato lo spazio mediatico per mesi. Berlino, va da sé, non intende fermarsi e – grazie alla liberazione di nuovi fondi statali – intende avviare almeno altri quattro rigassificatori. Un’accelerata definita impressionante da esperti e analisti, considerando che prima dello scoppio della guerra la Germania non disponeva nemmeno di un terminale. Tanto più impressionante se si considera che prima della guerra in Ucraina, la Germania non aveva un terminale GNL.
Sono aumentati, per forza di cose, anche gli ordini di navi cisterna: +130% rispetto al 2021, per 165 esemplari. Oltre un terzo degli ordini globali è stato preso in consegna dai cantieri cinesi.