L’iPhone compie 15 anni: la rivoluzione nata per sbaglio

Da quando, il 9 gennaio 2007, Steve Jobs salì sul palco del Macworld di San Francisco per presentare la prima generazione dei suoi smartphone, il nostro modo di informarci, intrattenerci e lavorare, in una sola parola di vivere, è cambiato per sempre. Da quel giorno, sono trascorsi 15 anni. Un tempo brevissimo nel quale - in passato - sarebbe stato difficile anche soltanto avvertire un mutamento significativo. Invece, l’iPhone è stato un salto di paradigma. Un rovesciamento della storia, senza dubbio. Ma nato per caso.
La rivoluzione dell’iPhone fu un felice imprevisto. Il risultato non voluto, né cercato, di una scelta dettata dalla volontà di “salvaguardare” (e proteggere, dentro il mercato hi-tech) un altro prodotto della Apple, l’iPod. «Nel 2005 - racconta Walter Isaacson - la distribuzione di iPod esplose. Il prodotto stava diventando sempre più importante per il bilancio della società: contava per il 45% del fatturato e aveva dato un tale lustro al marchio Apple da far aumentare anche le vendite di Mac. Proprio per questo, Jobs si preoccupava. “Il telefono cellulare può farci fuori”. Come spiegò al cda, il mercato degli apparecchi fotografici digitali era stato annichilito dai nuovi telefoni cellulari, dotati di macchina fotografica incorporata. Se i produttori di telefoni avessero cominciato a fabbricare cellulari con riproduttori musicali integrati, l’iPod avrebbe potuto subire la stessa sorte: “Tutti hanno un telefono, e questo potrebbe rendere superfluo l’iPod”».
Gli antesignani
L’iPhone non è stato il primo smartphone, anche se alla fine ha reso popolare questo concetto, diventando poi il modello con il quale si è diffuso ovunque. Come dice la parola stessa, smartphone significa “telefono intelligente”: è un apparecchio «in grado di fare telefonate e, nello stesso tempo, integra anche funzioni tipiche del personal computer, come archiviare, elaborare e trasmettere dati, attraverso l’uso di un apposito sistema operativo». A ben guardare, ha scritto il fisico Massimo Temporelli, «Jobs e la Apple non inventarono nulla di nuovo: il dispositivo non era nient’altro che un telefono che univa al suo interno un computer. Ma in tutti i suoi dettagli e le sue caratteristiche, dai materiali al sistema operativo, fino all’interfaccia e alle icone, l’iPhone era qualcosa di mai visto prima».
Il primo telefono chiamato “smartphone” risaliva a quasi 10 anni prima. Era il GS88, prodotto dalla Ericsson nel 1997, mentre il primo dotato di un proprio sistema operativo era stato l’R380, sempre della casa svedese (il sistema in questione era il Symbian, software nato dalla collaborazione fra diverse aziende di elettronica e informatica e oggi del tutto abbandonato).
Per paura che uno “smartphone” soppiantasse l’iPod, e approfittando dell’amicizia che lo legava a Ed Zander, nuovo ad di Motorola, nel settembre 2005 Steve Jobs siglò quindi un accordo con l’azienda di Schaumburg per la realizzazione e la distribuzione del «Rokr», un telefonino che integrava alle funzioni del cellulare il software iTunes di Apple per l’acquisto e la riproduzione degli mp3. Fu un vero e proprio fallimento, sia a livello di critica sia a livello commerciale. Il classico flop, che convinse Jobs a produrre in casa qualcosa che fosse diverso. E, soprattutto, innovativo.
Il gemello digitale
«L’iPhone è stato l’inizio di una rivoluzione sociale più che tecnologica: il grande matrimonio, previsto da Marshall McLuhan, tra telefono e computer. L’origine anche di un’economia globale». L’analisi è di Derrick de Kerckhove, allievo del grande massmediologo canadese e, a sua volta, tra i più importanti studiosi al mondo dei sistemi di comunicazione.
«Lo smartphone - dice de Kerckhove al Corriere del Ticino - è stato più importante dello stesso personal computer, dato che ha aumentato subito la proporzione della popolazione online. Alla luce di quanto stiamo vivendo, potremmo dire che il primo passo è stato l’iPhone, il secondo passo la pandemia».
La portabilità del dispositivo, la sua efficacia, «hanno dato a tutti immediatamente un nuovo e fenomenale potere: l’accesso non soltanto alle persone, ma all’informazione sempre crescente della Rete. Lo smartphone aggiunge il sociologo di origini belghe, oggi cittadino canadese - è diventato anche il nostro primo gemello digitale personale. Contiene tutto ciò che serve: memoria, intelligenza, giudizio, scelte». Uno strumento rivoluzionario, in tutti i sensi. Ma «anche l’inizio della fine dell’uomo occidentale. Una sorta di cavallo di Troia della trasformazione digitale, che ha fatto “emigrare” su un supporto informatico tutte le nostre facoltà cognitive».
Alla rivoluzione sociale indotta dall’iPhone appartengono anche altri fenomeni, diventati ormai prassi: «Il selfie, ad esempio, sparizione progressiva dell’ego intimo più segreto. O la fine della privacy», aggiunge de Kerckhove.
Un cambio di prospettiva
Dello smartphone come «strumento di governo globale collocato al centro del nostro universo digitale» parla invece Fausto Colombo, ordinario di Sociologia dei processi culturali e direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo della Cattolica di Milano.
Lo smartphone, dice Colombo al Corriere del Ticino, «ha modificato, cambiandone completamente la prospettiva, un oggetto nato negli anni ’80 - il telefono cellulare - che aveva mutato il modo di dialogare a distanza continuando però a imitare il telefono fisso, del quale era un’estensione mobile. L’iPhone ribalta questo assetto statico perché garantisce la connessione costante. Con l’iPhone nasce, di fatto, il Web 2.0».
Da lì in avanti, dice ancora il sociologo lombardo, «sono partite tantissime rivoluzioni. Penso, ad esempio, all’alfabetizzazione informatica di una larga parte della popolazione e, soprattutto, all’esplosione dei social media, diventati un’altra cosa con l’annullamento dello spazio e del tempo garantito proprio dallo smartphone».
Con questo oggetto dalle dimensioni perfette e dai costi relativamente limitati, quindi «fortemente interclassista», possiamo fare praticamente tutto: «Sfogliare il giornale, dialogare, guardare film, leggere la posta, ascoltare la musica e la radio, pagare la spesa, registrare voci, fotografare, filmare, giocare, e molto altro ancora». Come nessun altro, è uno «strumento convergente: su di esso confluiscono gli usi e le nuove applicazioni tecnologiche ad essi collegate. È il centro di una rete di altri oggetti. Alcuni, i più piccoli, sono sul nostro corpo - l’orologio, gli occhiali; altri, i più grandi, sono ovunque attorno a noi: l’automobile, gli elettrodomestici, l’insieme del cosiddetto “Internet delle cose”, ormai sempre più pervasivo».
Apocalittici e integrati
Secondo i dettami della più classica disputa tra apocalittici e integrati, come testimoniato pure dalle riflessioni di de Kerckhove, anche attorno allo smartphone si è scatenato, negli anni, il duro confronto su pericoli e benefici di un uso continuo e costante del dispositivo. «È la solita questione - dice però Fausto Colombo - tutte le tecnologie comportano vantaggi e rischi. Mi chiedo, tuttavia, per quale motivo dovremmo farne a meno. Le opportunità che ci vengono offerte sono moltissime, e sarebbe sbagliato rinunciarvi. Per questo parlo di “Ecologia dei media”: abbiamo bisogno di tempo per adattarci alle cose; bisogna prendersi questo tempo in modo attivo, senza rincorrere soltanto un modello di consumismo. La meraviglia che la tecnologia è in grado di suscitare è qualcosa di positivo. Il rischio vero, paradossalmente, siamo noi, quando decidiamo di non utilizzare le tecnologie per diventare più umani».
Dopo il lancio del 2007, l’iPhone venne immediatamente soprannominato dai blogger «the Jesus phone», il telefono divino. Ma i concorrenti della Apple sottolinearono che a 500 dollari costava troppo per avere successo. «È il telefono più costoso al mondo - disse Steve Ballmer della Microsoft a un giornalista della CNBC - e non piace agli utenti professionali, perché non ha la tastiera». Profetico.
Una storia affascinante
Chi era Steve Jobs
Per conoscere la storia del fondatore della Apple è utilissima la biografia scritta da Walter Isaacson: Steve Jobs (Mondadori 2011); molto interessante anche l’instant book che il Corriere della Sera pubblicò, sempre nel 2011, dopo la morte dell’imprenditore americano: Steve Jobs. Stay Hungry, Stay Foolish (a cura di Alessio Ribaudo). Una silloge delle idee di Jobs si trova in un altro instant book del 2011, Siate affamati. Siate folli. Steve Jobs in parole sue (Rizzoli-Etas, a cura di George Beahm).
Tra tecnologia e filosofia
Per avvicinarsi ai cambiamenti indotti dalla tecnologia è utile Ecologia dei media. Manifesto per una comunicazione gentile, di Fausto Colombo (Vita e Pensiero, 2020). Interessante anche Noi siamo tecnologia. Dieci invenzioni che ci hanno cambiato per sempre, di Massimo Temporelli (Mondadori, 2021). Per un approccio più sistemico e filosofico: Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale, di Luciano Floridi (Raffaello Cortina editore, 2020).
