Il punto

L'Iran fra umiliazione e (in)sicurezza: «Come è potuto succedere?»

Dopo l'uccisione di Ismail Haniyeh la Repubblica Islamica si interroga: possibile che la sicurezza interna abbia fallito?
Red. Online
31.07.2024 23:00

Un'uccisione chirurgica. O mirata, se preferite. L'arma, spesso a doppio taglio, cui ha fatto ricorso più volte Israele. Al di là del chi, con Teheran che in ogni caso ha subito accusato lo Stato Ebraico per la morte di Ismail Haniyeh, è lecito chiedersi come. Riformuliamo: possibile che la sicurezza interna, in Iran, abbia fallito? Non riuscendo, nello specifico, a proteggere uno dei più alti ufficiali di Hamas, l'organizzazione militante palestinese che vanta stretti, strettissimi legami proprio con Teheran? Evidentemente sì. È possibile.

Un'indagine approfondita, in questo senso, è stata subito avviata dal Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Per ora, come scrive la BBC, sappiamo che Ismail Haniyeh e la sua guardia del corpo sono stati uccisi in un edificio nella zona nord di Teheran alle 2 di notte ora locale. A ucciderli è stato un missile. Sparato da oltre i confini dell'Iran. L'attacco, dicevamo, mette in cattiva luce o, quantomeno, in discussione le Agenzie di sicurezza iraniane. E la loro (in)capacità di controllare le operazioni israeliane all'interno del proprio territorio. 

Israele, nell'ultimo decennio, ha assassinato diversi scienziati nucleari iraniani. Mai, per contro, ha preso di mira un dignitario o un importante leader politico del Paese. Al di fuori dell'Iran, per contro, lo Stato Ebraico ha dimostrato e non poco le proprie capacità. Ad esempio, con il raid all'Ambasciata iraniana di Damasco lo scorso aprile. Tornando all'Iran e ai suoi confini, tre anni fa l'ex ministro dell'Intelligence, Ali Younesi, disse che l'infiltrazione israeliana era così ampia e profonda, nel Paese, che tutti i funzionari avrebbero dovuto temere per la propria vita. 

Di certo, quanto accaduto non è esattamente di buon auspicio per il neo-presidente iraniano, Massoud Pezeshkian, considerato un moderato. Il suo primo giorno in carica, di fatto, si è concluso con la morte di un leader politico fedele all'Iran. Eletto con la doppia promessa di allentare le tensioni sociali e, ancora, di migliorare le relazioni del Paese con il mondo esterno, incluso l'Occidente, si ritrova confrontato a una possibile, pesante escalation. E con il rischio di una guerra totale con Israele, Paese che ha fortemente criticato durante la sua intronizzazione pur affermando di voler perseguire «le esigenze di pace e sicurezza nella regione e nel mondo».

Poi, come detto, nella notte c'è stata l'uccisione di uno degli ospiti VIP della sua cerimonia di insediamento. Per il regime iraniano, sottolinea ancora la BBC, è stata un'umiliazione al limite dell'imbarazzo. Svegliatosi in un Iran che ribolliva di rabbia, Pezeshkian ha ribadito che l'Iran «difenderà la sua integrità territoriale, la sua dignità, il suo onore e il suo orgoglio e farà rimpiangere agli occupanti terroristi il loro atto vile». La domanda, di nuovo, è come. Già, come, considerando che le forze di sicurezza del Paese non sono riuscite a proteggere Haniyeh. La Guida Suprema – che esercita il potere massimo nel Paese – ha parlato del «dovere» dell'Iran di vendicare la morte di Ismail Haniyeh. Ma, forse, prima è bene che i vertici iraniani facciano chiarezza su questa uccisione. A cominciare dai limiti palesati dalle citate Agenzie di sicurezza.