Il punto

Lo schianto del Bombardier CRJ200 e la sicurezza aerea in Nepal

Il Paese, da anni, è fra i peggiori al mondo per volare: colpa, in parte, della sua topografia ma anche del caos politico e dei conflitti di interessi dell'Autorità di regolamentazione
© NARENDRA SHRESTHA
Marcello Pelizzari
26.07.2024 13:15

Il luogo del disastro è vicino, vicinissimo alla pista 02/20 dell'aeroporto Tribhuvan di Katmandu. Chiunque, in fase di decollo, si trovi al finestrino in questi giorni può vedere ciò che resta del Bombardier CRJ200 della Saurya Airlines, schiantatosi poco dopo la partenza dallo scalo. L'incidente ha provocato la morte di 18 persone: solo il pilota, ferito, si è salvato. La prima, primissima domanda, nel vedere le immagini e, soprattutto, il video in cui sono stati ripresi gli ultimi secondi prima dello schianto, è stata: ancora? Sì, perché il Nepal ha una pessima reputazione in termini di sicurezza aerea. Solo negli ultimi due anni, come riporta aeroTELEGRAPH, nel Paese sono morte 98 persone a causa di incidenti aerei (elicotteri compresi). Nell'ultimo decennio, invece, l'aviazione nepalese ha mietuto 250 vittime. Tante, troppe. A conferma che, sul fronte politico, poco o nulla è stato affrontato per contrastare i problemi atavici che attanagliano il settore. 

Più volte, invero, analisti ed esperti hanno sottolineato come volare in Nepal, considerando la topografia del Paese himalayano, con valli strettissime e aeroporti ad alta quota, per tacere del clima, sia complicatissimo. Vero. Anche se, e l'ultimo incidente lo dimostra, non sono stati risparmiati nemmeno gli aeroporti in zone pianeggianti e facilmente raggiungibili. Il punto, semmai, è la cosiddetta deregolamentazione dell'aviazione, avvenuta negli anni Novanta, con la fondazione – di riflesso – di decine e decine di compagnie aeree. Compagnie, spesso, negligenti o senza il necessario know-how a livello di sicurezza. Parallelamente, leggi e regolamentazioni nel Paese sono aggiornate, se non aggiornatissime. A mancare, aveva spiegato a suo tempo l'esperto di aviazione nepalese Gandhi Pandit, sono il monitoraggio e l'attuazione, da parte dell'Autorità per l'aviazione civile, delle citate leggi. 

Un argomento questo, prosegue aeroTELEGRAPH, più che mai attuale. A cominciare dal conflitto di interessi dell'Autorità per l'aviazione civile, la Civil Aviation Authority of Nepal, al tempo stesso regolatore del settore e fornitore di servizi. È proprio l'Autorità, ad esempio, a garantire il controllo del traffico aereo e a gestire tutti gli scali del Paese. Della serie: no, così non va affatto bene. Per dire: il direttore generale dell'Autorità per l'aviazione civile è la persona che gestisce gli appalti e ne controlla la regolarità. Ahia. Già nel 2009, in questo senso, l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) aveva gentilmente invitato l'Autorità nepalese a scorporare la parte commerciale. Una richiesta simile era stata formulata anche dall'Unione Europea quando aveva inserito le compagnie nepalesi nella lista nera dei vettori. Anno di grazia 2013.

Il settore, va detto, ha tentato più volte di tenere fede alle raccomandazioni. Ma questi tentativi, ahinoi, sin qui sono andati a vuoto. Tutti. Un discorso politico, dicevamo, a maggior ragione se pensiamo all'instabilità dei governi nepalesi. Dall'abolizione della monarchia nel 2008, sottolinea infine aeroTELEGRAPH, il Paese ha avuto qualcosa come 14 primi ministri, provenienti da 13 partiti diversi. Non finisce qui, perché instabilità politica significa altresì corruzione a livelli elevati, oseremmo dire endemici. Nell'apposito indice Transparency International, il Nepal occupa la 108. posizione su 180 Paesi. Una corruzione che si riflette anche nelle posizioni chiave del settore aereo. Occupate dai favoriti del governo di turno. Di nuovo, senza il necessario know how.

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