Il punto

«L'Ucraina è Russia»: Medvedev risponde a Zelensky (e alla Svizzera)

L'ex presidente russo, via social, ha denigrato la formula di pace del leader ucraino appoggiata dalla Confederazione
© EKATERINA SHTUKINA / GOVERNMENT
Red. Online
16.03.2024 13:30

Non è facile comprendere, appieno, i discorsi e le sparate di Dmitry Medvedev. Un tempo considerato filo-occidentale, l'ex presidente russo non perde occasione, oggi, per denigrare gli Stati Uniti, l'Europa e perfino la Svizzera. Probabilmente, il fatto che sia stato relegato a un ruolo politicamente privo di peso e significato, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza, ha spinto Medvedev a inasprire ulteriormente i toni e ad abbracciare, sempre di più, la narrazione di Vladimir Putin. Nella speranza, evidentemente, di guadagnarci qualcosa. 

La mappa mostrata da Medvedev a Sochi. 
La mappa mostrata da Medvedev a Sochi. 

Nello specifico, da quando l'Occidente ha riproposto, con forza, la soluzione dei colloqui di pace per porre fine una volta per tutte alla guerra, Medvedev ha lanciato invettive e offese a ritmi oseremmo dire infernali. Poco prima del secondo anniversario dell'invasione su larga scala o, per dirla con i russi, dell'«operazione militare speciale», l'ex leader del Cremlino ha spiegato ai media statali che il «regime di Kiev» deve essere distrutto. Non solo, ha chiesto che Odessa torni «a casa» e, ancora, non ha escluso nuove, possibili avanzate nel tentativo di prendere Kiev. Alcuni giorni dopo, al Festival internazionale della gioventù di Sochi, celebre alle nostre latitudini per la foto dello street artist napoletano Jorit con Putin, ha tenuto un discorso quantomeno particolare. Alle sue spalle, infatti, è stata mostrata una mappa dell'Europa orientale. Nella quale l'Ucraina era ridotta a un piccolo, piccolissimo Stato attorno a Kiev mentre il resto del territorio era colorato di rosso. Come dire: è roba nostra, russa. L'Ucraina, ha poi aggiunto Medvedev, non esiste.

Giovedì, lo stesso Medvedev ha chiarito ulteriormente il concetto. Via social, ha ridicolizzato la formula di pace del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ribadendo che «anche gli sfacciati bugiardi occidentali» devono capire un concetto ai suoi occhi fondamentale: la pace si ottiene solo accettando un compromesso sensato o con la capitolazione di una delle parti. E l'Ucraina, secondo l'ex presidente russo, non vuole affatto negoziare o riconoscere «la realtà sul terreno». Di qui la controproposta, formulata proprio da Medvedev e articolata in sette punti. Citiamo, fra le condizioni poste, l'ammissione della sconfitta, la resa incondizionata, la pretesa che la comunità internazionale riconosca il carattere «nazista» della leadership ucraina e la denazificazione del territorio sotto il controllo delle Nazioni Unite. Medevev ha pure chiesto che le Nazioni Unite dichiarino che l'Ucraina ha perso il suo status di soggetto ai sensi del diritto internazionale e che nessun successore legale potrà entrare in un'alleanza militare senza il consenso della Russia. Di più, Medevev nella sua proposta ha inserito anche nuove elezioni, risarcimenti alla Russia e, infine, il punto dei punti: l'intero territorio della «ex Ucraina» è territorio della Federazione Russa. 

Medvedev, con un certo sarcasmo, ha etichettato la sua proposta come «blanda». In realtà, al netto di una certa follia geopolitica di fondo, l'ex presidente russo ha lanciato un segnale chiaro: la formula di pace di Zelensky, per il Cremlino, è inaccettabile. Il politico russo, nel suo esposto, ovviamente ha tirato in ballo anche la Svizzera. Basti pensare al titolo del suo post: Sulla «formula di pace» dei nazisti di Kiev, le «conferenze di pace» svizzere e la vera base per i colloqui. Della serie: Berna si propone come sede di colloqui, ma intanto sposa la causa ucraina. Un altro segnale, anche qui, di come il Cremlino non accetti simili posizioni. Non a caso, anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha attaccato a muso duro la Svizzera. Giovedì, in un'intervista con il giornalista filo-Cremlino Vladimir Soloyov, Lavrov ha detto che in effetti è strano che Ignazio Cassis, a capo del DFAE, si sia innamorato della citata formula di pace. Addirittura, il ministro degli Esteri russo all'inizio di marzo ha detto che le dichiarazioni di Cassis sui negoziati di pace dimostrano quanto, in realtà, il nostro «ministro» non abbia capito che cosa stia succedendo. 

Al netto della retorica e della narrazione, ma anche degli obiettivi elettorali, l'obiettivo di Mosca è fin troppo chiaro. Era chiaro anche prima dell'invasione su larga scala dell'Ucraina, invero: privare Kiev della sua indipendenza. Il fatto che la Russia ritenga di avere il sopravvento al fronte, secondo gli esperti, significa che il Cremlino è più che mai convinto a perseguire questo obiettivo di «denazificazione».