Energia

L'Ucraina interrompe il transito del gas russo verso l'UE: e adesso?

Dalle rassicurazioni della Commissione Europea alle fonti alternative, passando per le tensioni fra il primo ministro slovacco Robert Fico e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky
Il quartier generale di Gazprom a San Pietroburgo. © AP/ANATOLY MALTSEV
Marcello Pelizzari
01.01.2025 10:15

L'accordo, quinquennale, è scaduto. Era stato firmato dall'operatore di transito ucraino, Naftogas, e dal colosso energetico russo Gazprom. Da oggi, 1. gennaio 2025, le forniture di gas russo agli Stati dell'Unione Europea attraverso l'Ucraina sono state interrotte. La conferma, da Kiev, era arrivata ieri. Stamane, alle 8 ora di Mosca, anche Gazprom ha confermato di aver chiuso i rubinetti. «Dato che Kiev ha ripetutamente e chiaramente rifiutato di estendere gli accordi in tal senso» con la Russia, si legge in un comunicato, l'azienda «ha perso in data odierna la capacità tecnica e legale di far transitare il gas attraverso l'Ucraina». Stop. Fine. Domanda: e adesso? Proviamo a fare chiarezza.

Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino, a suo tempo aveva dichiarato che Kiev non avrebbe permesso alla Russia, citiamo, di «guadagnare altri miliardi sul nostro sangue». Al contempo, aveva dato all'Unione Europea un anno di tempo per prepararsi allo stop delle forniture di gas attraverso l'Ucraina. Detto che, dall'inizio dell'invasione su larga scala da parte dell'esercito di Mosca a oggi le importazioni di gas russo, a livello di Stati membri, sono crollate (ma non quelle di GNL), la Commissione Europea si è affrettata a ribadire che l'approvvigionamento energetico del continente è, citiamo anche qui, «resiliente e flessibile». Di più, a detta di Bruxelles l'Europa disporrebbe di riserve sufficienti per far fronte allo stop del transito di gas via Ucraina.

La Russia, invero, può ancora inviare gas all'Europa, e nello specifico all'Ungheria, fra le nazioni più «affamate» di fonti energetiche russe, attraverso il gasdotto TurkStream che attraversa il Mar Nero. Un gasdotto, questo, la cui costruzione era cominciata nel 2017 ma che, all'epoca, aveva rischiato di non vedere la luce a causa delle relazioni, tese, fra Russia e Turchia. Relazioni deterioratesi per via dei diversi schieramenti e obiettivi in Siria, a immagine dell'abbattimento di un caccia di Mosca da parte di Ankara (parliamo del 2015). Nessun problema, dunque, pensando in particolare a Paesi come la citata Ungheria o alla Slovacchia, fra le nazioni più colpite dallo stop delle forniture attraverso l'Ucraina? In realtà, gli esperti si dividono: di sicuro, l'interruzione dei flussi via Kiev segna, metaforicamente ma non solo, la fine di un'era. Quella del gas russo a basso costo di cui, per anni, ha beneficiato l'intera Unione. La Commissione, dicevamo, ha spiegato che l'impatto di questo stop sarà limitato, grazie a un'attenta pianificazione e, appunto, a forniture alternative. Tuttavia, a livello strategico e, ancora, simbolico l'impatto – scrive fra gli altri la BBC – è e sarà enorme. La verità, probabilmente, sta nel mezzo.

La Russia, indubbiamente, perde un mercato importante, per non dire enorme. Agli occhi del suo presidente, Vladimir Putin, a soffrire di più saranno però i Paesi dell'Unione Europea. Il quadro, di per sé, è disomogeneo. L'UE, da un lato, ha ridotto significativamente e drasticamente le importazioni di gas dalla Russia dopo che, nel 2022, l'esercito di Mosca ha lanciato un'invasione su larga scala dell'Ucraina, ma alcuni Stati membri dipendono ancora, in maniera importante, dalle forniture russe. Forniture che fruttano (o fruttavano) circa 5 miliardi di euro all'anno al Cremlino. Percentuali alla mano, secondo l'Unione il gas russo nel 2023 rappresentava meno del 10% del totale delle importazioni di gas. Nel 2021, Mosca occupava invece una quota del 40%. I numeri, in ogni caso, non dicono tutto. Di qui la disomogeneità: Austria e Slovacchia, fra gli altri, hanno continuato a importare quantitativi importanti di gas russo. Vienna, tramite l'Autorità di regolamentazione dell'energia austriaca, allineandosi alla Commissione ha spiegato di non prevedere contraccolpi: ha accumulato abbastanza riserve e, parallelamente, diversificato le proprie fonti di approvvigionamento. Diverso, invece, il tono usato da Bratislava. Anche perché la Slovacchia, ora, è il principale punto di ingresso del gas russo nell'Unione Europea. Venerdì scorso, il primo ministro Robert Fico – intrattenutosi, di recente, a Mosca con Putin – ha minacciato di interrompere la fornitura di energia elettrica all'Ucraina. Spingendo Zelensky ad accusare a sua volta Fico: così, ha detto il leader di Kiev, aiuti Putin a «finanziare la guerra e a indebolire l'Ucraina». E ancora: «Fico sta trascinando la Slovacchia nei tentativi della Russia di causare ulteriori sofferenze agli ucraini». La Polonia, fermo alleato dell'Ucraina, si è subito offerta di sostenere Kiev qualora la Slovacchia interrompa davvero le sue esportazioni di elettricità. Forniture, queste, cruciali per l'Ucraina dal momento che le centrali elettriche del Paese sono costantemente attaccate dalla Russia. 

Uscendo dall'Unione Europea, a soffrire di questo stop potrebbe essere la Moldova. Gran parte dell'elettricità generata nel Paese, infatti, dipende dal gas russo. Elettricità di cui beneficia anche la Transnistria, regione separatista sostenuta da Mosca. Il ministro dell'Energia moldavo, Constantin Borosan, ha dichiarato che il suo governo ha preso provvedimenti per garantire forniture di energia stabili, invitando al contempo i cittadini a risparmiare energia. Da metà dicembre, al riguardo, è in vigore uno stato di emergenza di 60 giorni nel settore energetico. La presidente Maia Sandu ha accusato il Cremlino di «ricatto», forse finalizzato a destabilizzare il Paese prima delle elezioni politiche del 2025. Il governo moldavo ha inoltre dichiarato di aver offerto aiuti alla Transnistria.

Il gas russo attraverso l'Ucraina transitava, ininterrottamente, dal 1991. Dopo l'invasione su larga scala, come detto, l'Unione Europea ha trovato fonti energetiche alternative, fra cui il gas naturale liquefatto (GNL) proveniente in particolare da Qatar, Stati Uniti, Norvegia ma anche dalla stessa Russia (9% secondo gli ultimi dati). Proprio il GNL russo è stato oggetto di sanzioni. Il Consiglio federale, lo scorso ottobre, nell'adottare il quattordicesimo pacchetto di misure dell'Unione Europea nei confronti di Mosca aveva scritto: «D'ora in poi sarà vietato investire in progetti di GNL in costruzione in Russia o fornire i beni necessari per tali progetti. A partire da marzo 2025 sarà inoltre vietato fornire servizi di ricarica di gas naturale liquefatto russo. È inoltre vietato acquistare, importare o trasportare nell'UE il GNL russo attraverso terminali non connessi alla rete del gas naturale». Risalgono invece a dicembre, concludendo, i piani della Commissione Europea per sostituire interamente il gas russo che arrivava in Europa attraverso l'Ucraina.