L'Ucraina rischia di restare senza aiuti: «Ma così vincerebbe Putin»
L'Ucraina avrà ancora il sostegno di Stati Uniti e Unione Europea? Bella domanda. Ne avevamo parlato, sia a margine della risposta, muscolosa, di Israele dopo gli attacchi terroristici di Hamas sia, negli scorsi giorni, considerando l'arrivo dell'inverno al fronte. La situazione, come riferisce il New York Times, è complicata. Anzi, pessima: il governo ucraino, fra meno di un mese, potrebbe trovarsi con poche, pochissime forniture di nuovi armamenti.
In America, in particolare, il presidente Joe Biden ha chiesto al Congresso di approvare ulteriori finanziamenti per 106 miliardi di dollari, dei quali 61 miliardi destinati all'Ucraina. Una mossa pensata (anche) per il futuro e, nello specifico, per aiutare Kiev oltre l'orizzonte del 2024. A fargli eco, ieri, è stato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan: «Senza un'azione del Congresso – ha dichiarato durante un briefing alla stampa – gli Stati Uniti finiranno i fondi per gli aiuti militari all'Ucraina entro la fine dell'anno e Vladimir Putin prevarrà». Già, Vladimir Putin prevarrà. Lo scorso settembre, giova ricordarlo, i finanziamenti all'Ucraina erano stati bloccati dall'ala destra del Partito Repubblicano.
Mentre scriviamo queste righe, i senatori Democratici e Repubblicani stanno cercando una mediazione o, se preferite, un compromesso. Che preveda, a mo' di contropartita, anche nuove procedure e nuovi controlli per limitare gli ingressi illegali dal confine meridionale degli Stati Uniti. Una misura, questa, cui i Repubblicani tengono parecchio. Resta da capire, tuttavia, se l'accordo verrà o meno raggiunto entro la fine dell'anno. E, soprattutto, se il possibile compromesso verrà approvato dalla Camera, a maggioranza Repubblicana. Il nuovo speaker, Mike Johnson, di suo è sempre stato molto scettico e negativo sugli aiuti da elargire all'Ucraina. Lo stesso Johnson, tuttavia, sui social ha lanciato segnali di apertura. A patto, appunto, che il Senato raggiunga una mediazione sui nuovi controlli al confine.
La Commissione Europea, venendo all'UE, ha deciso di approvare un piano di aiuti all'Ucraina pluriennale. Proprio per garantire la giusta stabilità a Kiev da qui al 2027. Il piano prevede uno stanziamento da 50 miliardi di euro ma dovrà prima essere sottoposto ai leader degli Stati membri il 14 e 15 dicembre a Bruxelles. E qui, beh, le cose potrebbero complicarsi e non poco. Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, si starebbe infatti preparando a mettere il veto sul nuovo stanziamento. Lo stesso Orbán, a novembre, aveva minacciato di mettersi di traverso in una lettera al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Ieri, lunedì, ha scritto su X che la proposta della Commissione per negoziare l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea è «senza fondamento e preparata male».
In un altro post, invece, ha riproposto una sua intervista televisiva. Chiaro, chiarissimo il testo di accompagnamento: «È chiaro che non ci sarà alcuna soluzione per la guerra in Ucraina sul campo di battaglia. Invece di finanziare la guerra, dovremmo finalmente dedicare le risorse dell’Europa alla realizzazione della pace».
Orbán, da tempo oramai, è considerato l'alleato più stretto di Vladimir Putin a livello europeo. Non solo, è probabilmente l'esponente politico all'interno dell'UE più critico rispetto alla strategia del blocco nei confronti dell'Ucraina. Molto, secondo gli esperti, dipende dalla battaglia fra l'Ungheria e la Commissione Europea, che ha bloccato 13 miliardi di euro di finanziamenti al Paese per le preoccupazioni circa le continue violazioni dello Stato di diritto commesse dal governo ungherese. Finora, è vero, Orbán non ha mai utilizzato il potere di veto, garantito a ciascun leader di uno Stato membro sulle decisioni del Consiglio, per bloccare le iniziative europee legate agli aiuti a Kiev. Tanti, al riguardo, sostengono che in realtà il primo ministro ungherese voglia soltanto mostrarsi aggressivo e sicuro per alimentare la sua figura in patria. Politico, per contro, sostiene che a questo giro Orbán portebbe davvero «fare cadere nel precipizio» l'Unione.
D'accordo, ma che cosa succederebbe se, all'improvviso, Unione Europea e Stati Uniti smettessero di aiutare l'Ucraina? Le conseguenze, va da sé, sarebbero pesanti, ancorché imprevedibili. Sin dagli albori di questo conflitto, infatti, Kiev ha potuto contare sugli alleati occidentali per finanziare le spese del suo esercito. Non solo, la guerra ha provocato un crollo, verticale, del Prodotto interno lordo (-30%) e causato l'emigrazione, interna o esterna, di 10 milioni di persone. A oggi, gli alleati dell'Ucraina hanno sostenuto lo sforzo di Kiev con oltre 220 miliardi di dollari. Poco meno della metà di questi aiuti è arrivata sotto forma di contributi militari. Sebbene l'economia ucraina, nel frattempo, si sia stabilizzata, con una crescita del 2% stimata per quest'anno, l'Ucraina rimane fortemente dipendente dai suoi alleati. Senza, in sostanza, non potrebbe sopravvivere.
A novembre, il Parlamento ucraino ha approvato la cosiddetta legge di bilancio. Il prossimo anno è previsto un deficit pari al 20% del Prodotto interno lordo, circa 42 miliardi di dollari. La metà di questo deficit sarà impiegata in spese militari e verrà finanziata in parte dalla vendita di titoli di Stato ucraini (4 miliardi) e da donazioni del Fondo monetario internazionale, del Regno Unito, del Giappone e di altri alleati (10 miliardi). Il governo ucraino conta invece di coprire il resto con i 18 miliardi di euro promessi dall'UE, parte dei 50 miliardi in discussione a metà dicembre, e con 12, 14 miliardi degli Stati Uniti. Se Unione Europea e Stati Uniti dovessero avere problemi, ha avvisato il ministro delle Finanze ucraino Serhiy Marchenko, la crisi sarà «molto molto traumatica, non solo per l’Ucraina, ma per tutta l’Europa».