Lui è Makar, ha 7 anni, e questo è ciò che resta della sua casa a Mariupol

«I russi cercano di creare una catastrofe umanitaria a Mariupol. Stanno bombardando Mariupol con delle bombe molto pesanti, vogliono distruggere completamente la città, vogliono raderla al suolo». Sono le parole pronunciate poco fa al TG1 da Ivan Fedorov, sindaco di Melitopol, che ieri ha incontrato Papa Francesco prima della veglia di Pasqua. «Ora a Mariupol ci sono circa 100 mila persone e sono civili, non hanno viveri, non hanno acqua, non ci sono farmacie aperte, e non è possibile evacuare i cittadini perchè la Federazione russa ha interrotto anche i corridoi umanitari. Ora stiamo chiedendo loro di lasciare che almeno i feriti possano essere soccorsi ma ci hanno risposto di no perché vogliono utilizzare i civili come scudi, scudi per i loro soldati, per le loro truppe».
Mariupol è sempre più nella morsa dell'esercito russo. Al gruppo di forze ucraine, accerchiato e bloccato nell'acciaieria Azovstal, sarebbe stato offerto di deporre volontariamente le armi e di arrendersi per salvare le loro vite. «Sarete tutti eliminati» è l'avvertimento. Il presidente Volodymyr Zelensky, nell'intervista rilasciata alla CNN, ha definito «molto difficile» la situazione nella città. «Decine di migliaia di persone sono state uccise, non sappiamo esattamente quante. E centinaia di migliaia sono fuggite e non sappiamo cosa sia successo loro». «La città di Mariupol non esiste più - ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba -, quel che resta è circondato dalle forze russe. Continuano a lottare, ma da come si comportano le forze di Mosca sembra che vogliano radere al suolo la città ad ogni costo».
Il coraggio di Makar
Proprio da Mariupol arriva un video che in brevissimo tempo è già diventato virale sui social. Anche perché, si sa, la gente ha bisogno di simboli. E quando la realtà viene mostrata dagli occhi di un bambino, ha un sapore diverso. Il giovanissimo protagonista è Makar. Ha sette anni e davanti allo smartphone della mamma, una fotografa di professione, mostra coraggiosamente ciò che resta della sua casa. Sa cosa sta succedendo, ne è dimostrazione il velo di ironia con cui si esprime.
«Sono Makar», inizia il bambino. Poi si sentono degli spari in sottofondo e lui si spaventa. La mamma lo invita ad avvicinarsi e interrompe temporaneamente il video. Lui prende coraggio, vuole mostrare quel che rimane della sua casa. Makar viveva a Mariupol e ora cammina tra le macerie. Le finestre non ci sono più, neppure i pavimenti. È il risultato dei bombardamenti russi e lui lo sa. Tanto da ironizzare sull'«operazione speciale militare» per «la liberazione degli ucraini» che sta subendo il suo Paese. «Grazie tante "salvatori dalla Russia"» dice. «Grazie per avere fatto questo» aggiunge mentre indica con le mani i resti di quello che fino a pochi mesi fa era il soggiorno della sua abitazione. E ancora: «Grazie per tutto quello che state vedendo in questo video».
«Era un po' perso ma l'ha fatto lo stesso»
È stata la mamma di Makar a postare il video. Ha ancora un profilo su Instagram. Prima lo utilizzava per il suo lavoro, la fotografia newborn. Neonati sorridenti in tutine colorate, tenere pose, caldi berretti. Tra cuori, cestini, fiori e palloncini. L'ultima immagine con parvenze di «normalità» risale a 51 giorni fa. Ritrae Makar, la mamma Irina e il suo fratellino. «Oggi è il 26 febbraio 2022 - scrive la donna -. È il terzo giorno da quando la Russia è entrata in guerra nella mia Ucraina, nella mia città natale, Mariupol. Ho due bambini piccoli e ho paura. Sono spaventata per loro e per me stessa. Cosa gli succederà se io non ci sarò più? Credo e spero nel nostro coraggioso esercito! Prego per la nostra Ucraina e per tutti noi. Io sono ucraina e i miei figli sono ucraini, ne vado orgogliosa». Da allora ci sono stati solo sei post. Aggiornamenti dopo la fuga da Mariupol, una volta trovata la connessione. E il settimo compleanno di Makar, non più sorridente ed elegante nei mini-set in cui la mamma amava immortalarlo, ma sporco e triste, lontano da casa.
Infine, il ritorno. Per scoprire ciò che è rimasto della loro «tana», che ormai non c'è più. Ci sono solo macerie. E anche Makar, questa cosa, non la può accettare. «Abbiamo registrato questo appello cinque volte. Gli spari e i combattimenti fuori dalla finestra hanno spaventato Makar. Era di fretta e un po' perso, ma lo ha fatto lo stesso! Il mio Makar è un vero piccolo eroe e un grande patriota».