A Mosca

L'ultimo saluto ad Alexei Navalny e, forse, a una Russia più democratica

Il Cremlino, vista la folla, forse ha sbagliato i suoi calcoli – Ma la vera domanda è un'altra: dopo la morte del principale oppositore di Vladimir Putin, ha ancora senso parlare di opposizione nella Federazione?
© SERGEI ILNITSKY
Marta Ottaviani
01.03.2024 18:00

La vicenda umana di Alexei Navalny si è conclusa. La vera domanda adesso è chi prenderà le redini della sua azione politica. E se al Cremlino sono convinti che il team del dissidente non rappresenta una grande minaccia, le migliaia di persone che oggi hanno partecipato, a Mosca, alle esequie del politico di opposizione si augurano il contrario.

Il regime ha sbagliato i calcoli

Di sicuro, il potere temporale e spirituale in Russia ce l’ha messa tutta perché il funerale di Aleksei Navalny non si trasformasse in una manifestazione contro il regime. Il consenso del presidente Putin non verrà sicuramente intaccato, ma se c’è una buona notizia è che hanno sbagliato i loro calcoli. Nonostante le minacce, le misure di sicurezza, la polizia che controllava i documenti, oggi ad attendere la salma del dissidente a Maryino, il quartiere periferico di Mosca dove Navalny risiedeva con la sua famiglia, erano in migliaia. Mancavano, invece, gli affetti più cari. La moglie Yulia e la figlia Daria sono rimaste all’estero perché, con le loro recenti dichiarazioni, sarebbero state passibili di denuncia penale con relativi procedimenti giudiziari. Il fratello Oleg è già nella lista dei ricercati speciali, e i suoi più stretti collaboratori sono scappati da molto tempo dalla Russia perché sottoposti a processi che avrebbero potuto far fare loro la stessa fine del leader.

Tutto il carico lo ha assunto, ancora una volta, la madre del dissidente, Liudmjla Navalnaya, che a fianco del marito Anatoly ha dovuto aspettare che l’obitorio le restituisse il corpo del figlio. Cosa che l’obitorio ha fatto con due ore di ritardo. Il Cremlino sperava così di disincentivare - ma anche qui con scarso risultato - le persone accorse per assistere al funerale davanti alla chiesa della Icona di Nostra Signora, già dalle prime ore della mattina. Nonostante il gran numero di poliziotti, quelle persone sono rimaste anche quando hanno capito che non sarebbero mai riuscite a entrare.

Nel luogo di culto - una chiesa di quartiere come a Mosca ce ne sono a centinaia, e assolutamente inadatta ad accogliere un evento del genere - hanno ammesso solo 300 persone, i genitori e gli amici più stretti. E qui è arrivata la seconda beffa. In barba alla tradizione ortodossa e alle sue complesse ed elaborate liturgie, le esequie dell’ex politico di opposizione sono durate poco meno di mezz’ora. Tutto merito del Patriarcato di Mosca che, di concerto con il Cremlino, ha ordinato di non farla troppo lunga. E così la bara con il corpo di Alexsei Navalny è stata coperta prima ancora che i presenti potessero salutarlo come vuole la tradizione per l’ultima volta. Inutili le preghiere al parroco, Anatoly Rodionov, di aspettare qualche minuto. Ma è evidente che il Cremlino voleva chiudere la questione il prima possibile, come se il dissidente facesse più paura da morto che da vivo. E così il feretro è stato portato di gran fretta al cimitero, dove è stato accolto da altrettante migliaia di persone che non se ne sono andate fino alle 17, le 15 in Svizzera, orario in cui il campo santo ha chiuso i battenti. E quindi sono dovuti uscire tutti, dalla famiglia a chi ha potuto solo buttare un pugno di terra nella fossa. L’unica parvenza di pietà, in un funerale che di cristiano e umano aveva ben poco, è stata la musica di Terminator 2 che ha accompagnato la tumulazione di Navalny. Era il suo film preferito. Tutta la giornata è stata però accompagnata da un’altra colonna sonora. Quella rappresentata dagli applausi delle decine di migliaia di persone presenti, che urlavano «Navalny! Navalny!» insieme ad altri slogan fra cui «La Russia sarà libera», «No alla guerra», fino al più pericoloso: «Putin assassino». Fra loro anche alcuni esponenti dell’opposizione, come Evgenij Roizman e Boris Nadezhdin, ossia quel che resta dell’opposizione russa.

Ma c'è ancora qualcuno contro Putin?

La vera sfida è proprio questa. Capire se, dopo la morte dell’oppositore numero uno di Vladimir Putin, ha ancora senso parlare di opposizione in Russia. Non tanto ai fini dei risultati elettorali - in Russia le elezioni sono ampiamente truccate, e chi vince viene stabilito prima e indipendentemente dal responso delle urne -, ma per vedere se quella parte di Paese che non si riconosce nelle politiche del Cremlino e aspira a una maggiore democrazia può continuare ad avere un movimento di riferimento. I dubbi sono molti. Il team di Navalny è compatto e determinato ad andare avanti con quelli che erano i temi di lotta del fondatore, ossia scoperchiare il sistema di corruzione che c’è dietro le politiche del Cremlino. Il problema è che questo team opera da fuori. Andare in Russia significherebbe venire messi in galera e fare una brutta fine entro breve termine. Yulia Navalnaya si è creata una vasta rete di relazioni internazionali, ma da qui ad abbattere il muro di omertà e la propaganda russa, la strada è ancora lunga. Il dissenso all’interno del Paese è totalmente silenziato e le maggiori figure di opposizione sono in prigione. Come Navalny, non sono immediatamente pericolose per il cerchio magico del Cremlino, ma Putin potrebbe pure decidere di far fare loro una brutta fine. «In questo momento - spiega al Corriere del Ticino Anna Zafesova, giornalista e autrice del libro Navalny contro Putin - è evidente che non ci sarà nessun ragionamento umanitario. Ci sono altri dissidenti in carcere in condizioni di salute molto fragili. E tutti conosciamo la durezza del sistema carcerario russo. Di fondo, resta l’impossibilità quasi totale di un’azione legale e non violenta. In Russia è impossibile scendere in piazza, è impossibile parlare in pubblico, è impossibile e rischioso fare un post su internet».

Anche per questo, Yulia Navalnaya e il team di Aleksei rimangono all’estero. Cercano di costruire un movimento dal basso, pronti ad agire quando il potere di Putin sarà in bilico. Ammesso che succederà mai e, in quel caso, sarà merito di una congiura di palazzo. Non certo della democrazia.