L'ultimo volo del Concorde, vent'anni fa

C’era il caviale. E c’era lo champagne. Di più, volando a quelle altitudini era possibile scorgere la curvatura della Terra. Lusso e meraviglia, sul Concorde, si mescolavano di continuo. D’altronde, quei sessantadue metri di aeroplano non erano soltanto un mezzo per spostarsi da una parte all’altra dell’Atlantico. No, erano anche un modo di essere. Uno status symbol. Un sentimento. Soprattutto negli anni Ottanta. Capitava, infatti, che a bordo si accomodassero celebrità di primissimo piano. Perfino membri della famiglia reale britannica. Impossibile non subire il fascino di quelle ali. O non rimanere colpiti dalla velocità. E, di riflesso, dal tempo. Per coprire la tratta Londra-New York, mediamente, bastavano tre ore e mezza. Era perfino stato coniato uno slogan, dedicato espressamente a chi amava andare veloce: «Arriva prima di partire». A 2.179 chilometri orari, insomma, la vita sembrava bellissima.
La storia del Concorde è fatta di persone. Coraggiose e orientate al futuro. Ma è fatta, altresì, di date. Il primo volo: 2 marzo 1969. L’entrata in servizio: 21 gennaio 1976. Il primo e unico incidente: 25 luglio 2000, poco dopo il decollo da Parigi. Il ritiro dal servizio: 24 ottobre 2003. L’ultimo, ultimissimo volo risale invece a vent’anni fa. Era il 26 novembre 2003 e l’esemplare G-BOAF 216, con un tocco di poesia, fu riportato da Londra al Filton Airfield di Bristol, dove era stato costruito anni e anni prima. Il duca di York, nell’accogliere il velivolo, disse: «Oggi è uno dei giorni più tristi della storia dell’aviazione, ma allo stesso tempo è un giorno per riflettere sulla gloria di ciò che il Regno Unito può ottenere». Il duca, per evidente sciovinismo, si dimenticò di citare la Francia, partner del progetto. Pazienza.
Perché il Concorde smise di volare?
Da allora, appunto, sono passati vent’anni. Vent’anni senza voli supersonici commerciali. A condannare il Concorde, all’epoca, non fu tanto – o non solo – il terribile schianto di Parigi. Che fece precipitare la reputazione dell’aereo. La scelta, banalmente, fu economica. Sia Air France sia British Airways, per mantenere attivo il servizio, dovevano sopportare costi operativi enormi. Basti pensare al consumo di carburante.
Eppure, per tutto questo tempo c’è chi non ha mai smesso di pensare a questi viaggi straordinari. Alla possibilità di accorciare tempi e distanze. Al lusso, anche. E alla meraviglia. Pensieri sfociati in progetti, a loro volta incanalati in start-up e collaborazioni di spessore. In obiettivi addirittura concreti: riportare in auge il volo supersonico commerciale. E, nel farlo, avere perfino un occhio di riguardo verso il pianeta in termini di emissioni. Possibile? Sì, possibile. Perfino probabile, verrebbe da dire. Al punto che, oggi, siamo tornati a sognare. Grazie a nuovi attori. Ma anche a vecchie conoscenze.

Boom!
Boom, a proposito di nuovi attori, non solo intende riportare in auge il volo supersonico commerciale ma, addirittura, aprirlo alle masse. Renderlo, cioè, accessibile a tutti. Per farlo si appoggerà su Overture, un jet avveniristico che nelle intenzioni dell’azienda americana dovrebbe entrare in servizio entro il 2029.
Overture, sulla carta, ha tutto per diventare il Concorde del futuro: da 64 a 80 passeggeri, una velocità di crociera pari a Mach 1,7 (poco meno di 2.100 chilometri orari) e un’altitudine standard di 18 mila metri. Come suo «nonno», potrebbe volare fra Londra e New York in tre ore e mezza.
Il condizionale è d’obbligo perché l’aereo, concretamente, non esiste ancora. Il primo, beh, dovrebbe uscire dalla fabbrica nel 2026. Tre compagnie, a ogni modo, hanno già piazzato ordini consistenti: United Airlines, American Airlines e Japan Airlines. Segno che il sentimento, se così vogliamo chiamarlo, è forte. Molto forte. D’altronde, i fornitori sono nomi grossi dell’aviazione: Aernnova, Leonardo, Aciturri. Particolare attenzione, leggiamo, verrà data ai motori. Quelli pensati per Overture sono stati progettati in collaborazione con Florida Turbine Technologies, i cui ingegneri hanno lavorato sugli F-22 e F-35. La parola chiave è efficienza: sia in termini di rumore (un problema per il Concorde) sia pensando al carburante, visto che Overture potrà funzionare senza problemi con il cosiddetto SAF, il carburante sostenibile. Entro il 2040, d’altro canto, Boom vuole raggiungere la neutralità carbonica.
Ma alla fine, funzionerà o no?
Il rumore, attualmente, è il motivo per cui il volo supersonico in molte nazioni non è consentito via terra. Tradotto: soltanto quando il velivolo si trova sull’Atlantico, pensando ad esempio a una tratta fra Londra e New York, è possibile spingere la velocità al massimo. La NASA, a tal proposito, sta lavorando su un velivolo supersonico (che potenzialmente potrebbe perfino spingersi oltre i 4.800 chilometri orari) con un boom sonico molto più silenzioso. Una mossa, questa, che un domani potrebbe spingere i legislatori a rivedere le restrizioni attualmente in vigore.
Detto ciò, il successo di un’impresa supersonica non dipenderà (solo) dal basso impatto sonoro o dall’utilizzo, in maniera massiccia, del SAF. No, le compagnie che hanno puntato su Overture – come United, American e Japan Airlines – dovranno utilizzare questo velivolo tanto quanto un normale aereo a lungo raggio, ovvero facendolo volare circa 5 mila ore all’anno e trasportando circa 4 mila passeggeri. Il Concorde, per intenderci, arrivava a malapena a mille ore all’anno. E se Boom avesse volato troppo in alto in termini di ambizioni? Una domanda lecita.
Una domanda che, sotto forma di critiche, hanno avanzato pure diversi esperti. Perché, pensando ai motori, non sono state coinvolte le aziende più all’avanguardia come General Electric, Rolls-Royce o Pratt & Whitney? Anche l’efficienza a detta di alcuni sarebbe un’utopia, considerando la disponibilità – attuale e futura – del SAF e, analogamente, le esigenze di carburante che richiede un volo supersonico.
Blake Scholl, amministratore delegato e fondatore di Boom, sia quel che sia insiste. Ai suoi occhi, sì, succederà. Il volo supersonico commerciale ritornerà. Come una brezza primaverile. Come un tuono. Anzi, come un bang. A maggior ragione dopo che il NEOM Investment Fund dell'Arabia Saudita, è notizia di alcuni giorni fa, è ufficialmente salito a bordo. «Vogliamo creare un’esperienza che sia stimolante, confortevole, che funzioni» ha spiegato Scholl. «Sarà semplicemente un modo fantastico di volare». Prendiamo in prestito le parole degli Oasis: «I’m feeling supersonic, give me gin and tonic».