Medio Oriente

Ma Bashar al-Assad, ora, è un imbarazzo per la Russia?

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, dopo un lungo silenzio, ha confermato che Vladimir Putin ha concesso asilo politico al dittatore siriano e alla sua famiglia senza confermare ufficialmente che gli Assad si trovano a Mosca
Bashar al-Assad e Vladimir Putin in una foto d'archivio. © Alexei Druzhinin
Red. Online
09.12.2024 12:30

Sì, a Bashar al-Assad e alla sua famiglia è stato concesso asilo politico nella Federazione Russa. Non solo, la decisione in questo senso è stata presa dal presidente russo Vladimir Putin. È quanto ha affermato, oggi, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, rompendo così un silenzio che iniziava a essere assordante. «Naturalmente, tali decisioni non possono essere prese senza il capo dello Stato» ha dichiarato Peskov.

Dopo che il Ministero degli Esteri russo, nella mattinata di ieri, aveva riferito che al-Assad e la sua famiglia avevano lasciato la Siria, oramai nelle mani dei ribelli con l'entrata a Damasco, in serata le agenzie di stampa russe avevano scritto che lo stesso al-Assad e la sua famiglia si trovavano a Mosca: «Assad e i membri della sua famiglia sono arrivati a Mosca» aveva dichiarato una fonte interna al Cremlino alla TASS e a Ria Novosti. «La Russia ha concesso loro asilo per motivi umanitari». Al riguardo, Peskov ha osservato che non ci sono dichiarazioni ufficiali da fare: «Non ho niente da dire su questo argomento adesso». Detto in altri termini: al momento il Cremlino non prevede di pronunciarsi sul luogo in cui si trova, ora, Bashar al-Assad. Parallelamente, Peskov ha chiarito che non è in programma un incontro fra il dittatore siriano e Vladimir Putin.

Il regime siriano, ieri, è caduto dopo un'offensiva-lampo lanciata lo scorso 27 novembre dai gruppi armati di opposizione. Gruppi guidati dall'organizzazione islamista Hayat Tahrir al-Sham. Le grandi città siriane, Aleppo, Hama, Daraa e Homs, sono state conquistate una dopo l'altra. Ieri, 8 dicembre, l'ingresso a Damasco, la capitale. Il Ministero degli Esteri russo, ieri, nella sua dichiarazione aveva scritto che al-Assad si è dimesso dalla carica di presidente e, ancora, dato istruzioni per una transizione pacifica del potere. L'asilo, ha ribadito oggi il Cremlino, è stato concesso sulla base di considerazioni umanitarie.

In generale, l'impressione è che la Russia stia commentando i fatti siriani con un certo distacco. Una riprova? La bandiera «alternativa», quella usata dai gruppi ribelli, è stata issata all'Ambasciata siriana di Mosca. Una mossa simbolica, considerando che per anni la Russia è stato un alleato del regime di al-Assad sostenendo il presidente nel corso della lunga, e sanguinosa, guerra civile. Di sicuro, la caduta di al-Assad rappresenta una sconfitta importante, finanche clamorosa per il Cremlino. Il cui focus, ora, si concentra sul mantenimento delle sue basi militari in Siria. La fonte interna al Cremlino interpellata ieri dalle agenzie stampa russe, al riguardo, aveva detto che i ribelli, conclusa la loro offensiva lampo, «hanno garantito la sicurezza delle basi dell'esercito russo e delle istituzioni diplomatiche sul territorio siriano». Mosca, il principale sostenitore di al-Assad insieme all'Iran, possiede una base navale a Tartus e un aeroporto militare a Khmeimim. Le forze di Mosca sono state coinvolte militarmente nel conflitto siriano nel 2015, quando iniziarono a fornire sostegno alle forze di al-Assad per schiacciare l'opposizione nella sanguinosa guerra civile. «La Russia è sempre stata a favore di una soluzione politica alla crisi siriana» aveva aggiunto la fonte del Cremlino. «Il nostro punto di partenza è la necessità di riprendere i negoziati sotto l'egida dell'ONU». Uscendo dal politichese, significa che Mosca è disposta a dialogare anche con i nuovi padroni della Siria. A patto che le sue basi non vengano messe in discussione.