Ma davvero Kim Jong-un sta preparando una guerra per il 2024?

La Corea del Nord sta (davvero) preparandosi a una guerra? Sì, no, forse. La domanda, in ogni caso, è lecita. A maggior ragione se consideriamo che il leader del Paese, Kim Jong-un, è entrato nel 2024 facendo il cosiddetto botto. Escludendo, cioè, la possibilità di una riunificazione pacifica con i cugini del Sud. Di più, le relazioni con Seul sono paragonabili a quelle fra due «Paesi ostili e belligeranti». Agli occhi del leader nordcoreano, addirittura, la costituzione andrebbe modificata: al suo interno, il Sud andrebbe designato come «il nemico principale». Ahia. Kim, ancora, al nuovo anno ha chiesto un'espansione «esponenziale» dell'arsenale nucleare e un aumento dei test sui missili balistici. Di più, il leader nordcoreano si è impegnato a lanciare tre nuovi satelliti spia. Di che ragionare su un possibile conflitto, insomma. Nel suo discorso, Kim ha apertamente accusato la Corea del Sud e gli Stati Uniti di «mosse sconsiderate». Mosse propedeutiche a una vera e propria «invasione», secondo lo stesso Kim. «Una guerra può scoppiare in qualsiasi momento nella penisola coreana».
La Corea del Nord, nel 2023, ha lanciato un numero record di missili. Compreso quello che, a dicembre, è stato definito come missile intercontinentale con capacità nucleari. In grado, secondo gli esperti, di raggiungere qualsiasi punto degli Stati Uniti. Domenica, invece, Pyongyang ha dichiarato di aver lanciato con successo un missile balistico ipersonico a raggio intermedio. Di nuovo: lo scorso 6 gennaio, la Corea del Sud ha detto che il Nord ha sparato almeno 60 proiettili di artiglieria nelle acque vicine all'isola di Yeonpyeong, al confine marittimo al largo della costa occidentale della penisola. Il menù, se così vogliamo definirlo, è stato completato dalle rivelazioni dell'intelligence statunitense. I satelliti americani hanno rivelato l'ammodernamento e l'espansione del complesso chimico nordcoreano Manpho Unha, nel quale vengono prodotte sostanze chimiche utilizzate per il carburante dei missili e i reagenti per le armi nucleari. A dicembre, invece, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) ha riferito che un secondo reattore nucleare è operativo a Yongbyon e potrebbe essere utilizzato per produrre combustibile per armi.
Come riferisce Deutsche Welle, un recente articolo pubblicato da 38 North, un sito web di analisi della Corea del Nord gestito dal think tank Stimson Center di Washington, ha avvertito che le ultime mosse di Kim potrebbero andare oltre le solite spacconate in stile hollywoodiano. Robert Carlin, ex capo della divisione Asia nord-orientale del Dipartimento di Stato americano, e Siegfried Hecker, professore di studi sulla non proliferazione presso il Middlebury Institute of International Studies di Monterrey, hanno avvertito che la situazione della sicurezza nella penisola coreana è «più pericolosa di quanto non lo sia mai stata dall'inizio di giugno del 1950», quando cioè scoppiò la guerra di Corea. «Può sembrare eccessivamente drammatico, ma crediamo che, come suo nonno nel 1950, Kim Jong-un abbia preso la decisione strategica di entrare in guerra», si legge nell'articolo. «Non sappiamo quando o come Kim abbia intenzione di premere il grilletto, ma il pericolo è già ben oltre gli avvertimenti di routine di Washington, Seul e Tokyo sulle provocazioni di Pyongyang», hanno affermato Carlin e Hecker. «Non consideriamo i temi di preparazione alla guerra apparsi nei media nordcoreani dall'inizio dell'anno scorso come tipiche spacconate».
Il regime nordcoreano, fra le altre cose, avrebbe abbandonato l'obiettivo di normalizzare le relazioni con gli Stati Uniti. Un cambio di paradigma notevole, considerando «quanto l'obiettivo di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti fosse centrale per tutti e tre i Kim che hanno guidato la Corea del Nord», si legge nell'articolo. «L'abbandono completo di questo obiettivo da parte del Nord ha cambiato profondamente il panorama strategico all'interno e intorno alla Corea». La nuova visione di Kim sarebbe nata sulla scorta del fallimento maturato al vertice di Hanoi, nel 2019, quando il leader nordcoreano e l'allora presidente statunitense Donald Trump non riuscirono a trovare un'intesa sulla possibilità di alleggerire le sanzioni nei confronti di Pyongyang in cambio della promessa di ridurre il programma di armamenti da parte della Corea. Cinque anni dopo, hanno spiegato gli analisti dello Stimson Center di Washington, la Corea del Nord ritiene che «i tempi siano maturi per mettere in discussione lo status quo». Il Nord sta sviluppando legami sempre più forti e solidi con la Russia, sostenendo (anche concretamente) la guerra di Mosca in Ucraina. Allo stesso tempo, Pyongyang considera gli Stati Uniti in «ritirata globale».
Non tutti, per contro, concordano con le conclusioni di Carlin e Hecker. «Gli appelli ad armarsi per la guerra non sono insoliti in Corea del Nord» ha dichiarato a Deutsche Welle Garren Mulloy, professore di relazioni internazionali all'Università Daito Bunka di Tokyo e specialista di questioni militari. «Non dovremmo compiacerci del fatto che tutto ciò sia privo di significato, ma non dovremmo nemmeno immaginare che ciò significhi guerra». Il timore, questo è lapalissiano, è che «qualsiasi segno di debolezza da parte dell'Occidente in Medio Oriente, Ucraina o altrove possa dare a Kim l'impressione che questa possa essere un'opportunità irripetibile, troppo buona per lasciarsela sfuggire».
«Il Nord ha fatto progressi nel coltivare la Cina e la Russia come alleati, ma non vedo perché dovrebbe voler combattere in questo momento» ha invece spiegato Ryo Hinata-Yamaguchi, professore assistente di relazioni internazionali presso l'Università di Tokyo. I tempi, par di capire, non sarebbero maturi. «Se è vero che il Nord potrebbe fare affidamento su Mosca e Pechino per il sostegno, non si fida abbastanza di loro per essere sicuro che verrebbero in aiuto di Pyongyang in caso di guerra». E ancora: «La mia sensazione è che la leadership nordcoreana non sia stupida e che Kim e sua sorella Kim Yo-jong stiano usando le parole come leva strategica per avere un impatto, elaborando azioni che segnalano la guerra senza arrivare a tanto. La mia grande preoccupazione, tuttavia, non è tanto un attacco pianificato contro la Corea del Sud o il Giappone, ma un gioco di sciabole che porta a incomprensioni e a un conflitto non voluto».
Tuttavia, Carlin e Hecker hanno insistito proprio sul fatto che il mondo debba prendere in seria considerazione l'eventualità dello scenario peggiore, con il Nord che «potrebbe pianificare di muoversi in modi che sfidano completamente i nostri calcoli». A sua volta, Mulloy ha affermato che la narrazione secondo cui la Corea del Nord non avrebbe altre opzioni se non la guerra – e questo perché non è riuscita a impegnarsi diplomaticamente con gli Stati Uniti – «presenta molte lacune nella logica e nella motivazione». «Kim non è un pazzo, è un attore molto razionale» ha detto Mulloy.