Il caso

«Ma è birra o pipì?»: Tsingtao nei guai per un video

Il filmato che mostra un operaio urinare in un container di malto all'interno di uno stabilimento del marchio cinese è diventato virale – Provocando un netto calo delle vendite in Paesi e mercati vicini, come in Corea del Sud
Red. Online
25.10.2023 09:32

Ristoratori e consumatori, in Corea del Sud, all'improvviso hanno abbandonato la birra. Meglio, la birra cinese più famosa di tutte: Tsingtao. E il motivo è presto detto: in rete, ha iniziato a circolare un video che sembrerebbe mostrare un lavoratore del birrificio urinare in un container di malto all'interno di uno stabilimento aziendale. Da quando è apparso, il filmato è stato visualizzato decine di milioni di volte sui social media. Il protagonista dell'improvvisata pausa-pipì, casco in testa e uniforme blu, è parso piuttosto a suo agio, manco a dirlo, mentre Tsingtao – il secondo birrificio più grande della Cina e uno dei principali esportatori di birra del Paese – ha dichiarato di aver contattato le autorità non appena ha visionato il video. «La nostra azienda – si legge in una nota – attribuisce grande importanza al video emerso dal birrificio Tsingtao numero 3 il 19 ottobre scorso». E ancora: «Attualmente, il lotto di malto in questione è stato completamente sigillato. L'azienda continua a rafforzare le proprie procedure di gestione e a garantire la qualità del prodotto».

I funzionari di Pingdu, la città della provincia di Shandong in cui è ubicata la fabbrica, hanno dichiarato dal canto loro di aver aperto un'indagine sull'accaduto. Secondo i media cinesi, che hanno citato una fonte interna a Tsingtao, il lavoratore e il «regista» del filmato non erano alle dirette dipendenze del birrificio. Il contraccolpo, in termini commerciali, è tuttavia pesante, se non pesantissimo. Soprattutto in Paesi e mercati vicini, come appunto la Corea del Sud. Il quotidiano sudcoreano JoongAng Daily, come riporta il Guardian, ha spiegato che alcuni ristoranti, in particolare quelli che servono cibo cinese, hanno chiesto un rimborso delle spedizioni di Tsingtao. Rimborso che l'importatore ufficiale di Seul, tuttavia, per il momento ha negato. «Ho chiesto se potevamo ottenere un rimborso per la birra Tsingtao che avevamo già acquistato, ma il rappresentante dell'importatore ha detto che non era possibile», ha dichiarato un dipendente di un ristorante cinese nella capitale sudcoreana al giornale. Di più, JoongAng Daily ha pure scritto che molti commensali hanno cominciato a chiedere birre diverse dalla Tsingtao.

In difesa del marchio e del buon nome del birrificio sono intervenuti, nel frattempo, alcuni utenti social cinesi. «Suggerisco che l'azienda porti quest'uomo in tribunale e lo costringa a risarcire i danni», ha commentato un utente sulla piattaforma di microblogging cinese Weibo. «Indagate a fondo su questa vicenda», ha detto un altro. «Difendete sempre i nostri marchi campioni nazionali». Altri, ancora, hanno cercato di sdrammatizzare l'incidente: «Ho sempre detto che la birra qui è come la pipì di cavallo», ha detto uno di loro. «A quanto pare mi sbagliavo»

Un calo delle vendite in Corea del Sud, se dovesse essere confermato al di là di queste prime testimonianze, rappresenterebbe un problema per Tsingtao, visto che il marchio cinese nella prima parte di quest'anno, il 2023, ha conquistato la fetta di mercato più grossa delle birre importate. La Cina, dopo il Giappone, è il secondo importatore di birra in Corea del Sud. Detto di chi, preoccupato, si è appoggiato su altri marchi, secondo il JoongAng Daily non tutti i ristoratori e i clienti sono stati colpiti dal filmato. Il proprietario di un altro ristorante cinese di Seul, ad esempio, ha dichiarato che le vendite di birra Tsingtao non sono state influenzate nel fine settimana. 

A crollare, per contro, sarebbero state le vendite di Tsingtao nei minimarket. In una catena, per dire, secondo i media sudcoreani sono diminuite del 26,2% rispetto alla settimana precedente. Anche altri gestori di minimarket hanno confermato il trend negativo. Compensato, leggiamo, dall'aumento di vendite di altre birre importate, fra cui Budweiser e Stella Artois. Un aumento di oltre un terzo rispetto alla settimana precedente. 

BK, l'importatore sudcoreano di Tsingtao, ha cercato di fugare i timori dei consumatori. Specificando che il birrificio cinese gestisce impianti di produzione separati per il mercato nazionale e quelli esteri. E quella pausa-pipì, beh, si sarebbe consumata in uno stabilimento che produce birra solo per i consumatori cinesi. L'episodio ha richiamato una vecchia puntata dei Simpson, quella in cui veniva mostrata la produzione della mitica birra «Zecca Rossa». 

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