Fra storia e attualità

Ma Panama rischia una (nuova) invasione statunitense?

Giorni fa, Donald Trump ha affermato di voler riportare sotto il controllo di Washington il Canale che, dividendo in due il Paese, collega Pacifico e Atlantico – L'influenza cinese è davvero in crescita nella regione? Come si è arrivati a questo punto? Facciamo chiarezza
©Matias Delacroix
Giacomo Butti
26.12.2024 06:00

«Gli Stati Uniti devono riprendersi il Canale di Panama: è fondamentale per il commercio americano e per il rapido dispiegamento della Marina in caso di emergenza per la sicurezza. Il governo locale dovrà accettare la nostra richiesta». Così, con un post pubblicato – come d'abitudine – sul suo social Truth, il presidente eletto statunitense Donald Trump ha espresso la volontà di mettere le mani sulla preziosa opera idraulica che, attraverso l'istmo di Panama in America centrale, collega l'oceano Pacifico all'Atlantico. Canale che, sempre secondo Trump, rischierebbe di cadere sotto il controllo della Cina.

Piccata la risposta del presidente di Panama José Raúl Mulino: «La sovranità e l'indipendenza del nostro Paese non sono negoziabili. Il Canale non è sotto alcun controllo, diretto o indiretto né della Cina, né di qualsiasi altra potenza. Ogni panamense, qui e ovunque nel mondo, lo porta nel cuore ed è parte della nostra storia di lotta e di conquista irreversibile».

Ma che influenza ha, davvero, la Cina sul Canale di Panama? Chi lo ha costruito? E soprattutto: che rapporti esistono fra Stati Uniti e Panama? Cerchiamo di fare chiarezza.

Un po' di storia

L'idea di costruire un canale che, attraverso Panama, consentisse di evitare il lungo e pericoloso viaggio nei più meridionali Passaggio di Drake, Stretto di Magellano o Canale di Beagle, è tutt'altro che recente. I primi riferimenti a una simile opera risalgono infatti al XVI secolo. Nel 1534, Carlo V d'Asburgo – imperatore del Sacro Romano Impero e re di Spagna – ordinò di sondare la possibilità di creare una rotta attraverso le Americhe nell'istmo panamense. Ben noto alla popolazione indigena, il fatto che i due oceani fossero separati da un sottile lembo di terra era stato appurato da esploratori occidentali qualche decennio prima, nel 1513, quando lo spagnolo Vasco Núñez de Balboa raggiunse la costa meridionale di Panama passando attraverso la fitta giungla. L'interesse maturato allora non bastò, tuttavia, a concretizzare la costruzione del canale: idee e progetti (più o meno avviati) fra Seicento e Settecento finirono per naufragare. Nell'Ottocento, poi, la svolta. A seguito del collasso del potere imperiale spagnolo in America latina, nel 1843 gli Stati Uniti si fecero avanti firmando il Trattato Mallarino-Bidlack con l'emergente Repubblica della Nuova Granada (Stato che allora comprendeva l'attuale Colombia, Panama e piccole porzioni di territorio appartenenti oggi a Brasile, Costa Rica, Ecuador, Nicaragua, Perù e Venezuela). Con questo patto, Washington ottenne non solo il diritto di transito nell'area dell'istmo di Panama, ma anche il diritto a intervenire militarmente per difendere tale transito. Sebbene l'interesse degli Stati Uniti per la regione fossero ormai evidenti – nel 1855 aprirono la Panama Railroad, linea ferroviaria che collegava il porto di Colón (sull'Atlantico) al porto di Balboa (sul Pacifico) – a intraprendere la prima vera grande opera di scavo fu una compagnia francese guidata da Ferdinand de Lesseps, l'imprenditore francese che già si era occupato, e con successo, di promuovere la creazione del Canale di Suez. L'impresa panamense, cominciata nel 1881, si rivelò tuttavia ben più difficoltosa, in particolare per le malattie – malaria e febbre gialla – che fecero strage fra gli operai. Sommate a quelle degli incidenti, furono ben 22 mila le vittime in 8 anni di lavori: abbastanza da mandare in frantumi le mire francesi.

Il naufragare del progetto transalpino aprì la porta agli Stati Uniti. Fallito il tentativo di ottenere un accordo con la Colombia (che allora controllava Panama) per la costruzione di un canale, nel 1903 Washington appoggiò la ribellione locale, la quale portò alla nascita di una repubblica indipendente panamense. Dal nuovo governo, gli Stati Uniti ottennero ciò che volevano: la libertà di costruire un canale, insieme a un perpetuo diritto d'uso. Iniziati nel 1907, i lavori – sostenuti dalla vicina linea ferroviaria – si conclusero il 3 agosto 1914.

Presenza militare e invasione

Il trattato Hay-Bunau-Varilla, grazie al quale gli Stati Uniti ottennero il via libera agli scavi, conteneva altre importanti concessioni, tra le quali l'amministrazione sulla cosiddetta Zona del Canale di Panama, un territorio non incorporato statunitense che – dotato di una propria capitale (Balboa), bandiera e motto ("The Land Divided, The World United") – si estendeva per 8 chilometri su ciascun lato della linea centrale del canale, escluse Panama City e Colón. Nel territorio che, di fatto, tagliava in due Panama, gli Stati Uniti eressero una serie di basi militari, rafforzate in particolare nel periodo della Seconda guerra mondiale. Mai particolarmente apprezzata dalla popolazione locale, l'ostilità verso la concessione statunitense sfociò in violenza con una serie di gravi disordini e scontri andati in scena fra fine anni Cinquanta e inizio Sessanta. Il 10 gennaio 1964, il governo di Panama – dopo una serie di falliti tentativi di rinegoziazione del trattato Hay-Bunau-Varilla, e con l'intensificarsi delle violenze – decise così di rompere i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti. Fu solo con l'arrivo dell'amministrazione Carter, e dopo il golpe del generale panamense Omar Torrijos, che Stati Uniti e Panama arrivarono a firmare, nel 1977, due nuovi patti (trattati Torrijos-Carter) che garantirono allo Stato dell'America centrale il controllo del Canale dopo il 1999 e, insieme a esso, la fine della Panama Canal Zone, vaste aree della quale vennero riconsegnate a Panama già nell'anno della firma, mentre le enclave restanti (principalmente basi militari) furono riassorbite nel ventennio seguente.

La transizione non avvenne, tuttavia, in modo del tutto pacifico. I rapporti degli Stati Uniti con il generale Manuel Noriega, asceso al potere a Panama nel 1983, si deteriorarono nel prosieguo degli anni Ottanta. Inizialmente più filo-americano che filo-sovietico (il leader panamense aveva collaborato con le agenzie di intelligence statunitense), Noriega entrò sempre più nel mirino delle autorità statunitensi per le sue attività criminali legate, in particolare, al traffico di droga. Sul finire del decennio Washington cominciò a temere che Noriega stesse collaborando con agenzie nemiche. Fu a quel punto – nel 1989 – che avvenne l'invasione statunitense di Panama. George H. W. Bush, allora presidente, giustificò l'operazione con il bisogno di salvaguardare la vita dei cittadini statunitensi a Panama così come la democrazia e i diritti umani nel Paese, ma menzionò – oltre alla lotta al traffico di droga – anche la necessità di proteggere l'integrità dei trattati Torrijos-Carter (tradotto: l'accesso al Canale di Panama), che l'establishment americano riteneva minacciati dalla crescente alienamento di Noriega, facendo valere l'emendamento dell'articolo IV che recita: «se il Canale viene chiuso o le sue operazioni vengono interferite, gli Stati Uniti d'America e la Repubblica di Panama avranno ciascuno il diritto di prendere le misure che riterrà necessarie, in conformità con le proprie procedure costituzionali, compreso l'uso della forza militare nella Repubblica di Panama, per riaprire il Canale» o ripristinarne le operazioni. 

Condannata da una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (75 voti a favore, 20 contro, 40 astensioni) come una «flagrante violazione del diritto internazionale», l'operazione portò alla deposizione di Noriega all'instaurazione di un nuovo governo panamense. E oggi rappresenta un precedente importante nel caso in cui Trump volesse passare dalle parole ai fatti.

L'influenza cinese

Che negli ultimi anni l'influenza cinese sia cresciuta sul Canale di Panama è un fatto innegabile. Dalla guerra civile cinese del 1949, il Paese americano aveva intessuto rapporti diplomatici con il Governo nazionalista rifugiatosi a Taiwan, la Repubblica di Cina. La decisione, nel 2017, di interrompere le relazioni con Taipei per stabilire relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese, Pechino, ha aperto le porte a una serie di investimenti cinesi nell'area del Canale. Da quell'anno le aziende cinesi si sono aggiudicate una serie di gare d'appalto per importanti progetti infrastrutturali, dalle centrali elettriche e una ferrovia all'ampliamento delle chiuse e altri miglioramenti dei canali. Negli anni che hanno compreso il primo mandato di Trump e, poi, quello di Biden, Panama è diventato vieppiù un partner affidabile per la Cina, tanto da ricevere lo status di Most Favoured Nation, un riconoscimento che garantisce alle navi di Panama una serie di vantaggi nei porti cinesi. 

Oggi una società cinese con sede a Hong Kong controlla due dei cinque porti adiacenti al canale, uno per lato. Un fatto che, hanno sottolineato in questi giorni le autorità locali, non scalfisce il controllo totale di Panama sul Canale. Sebbene, come evidenziato in un recente articolo del Washington Post, non esistano prove che la Cina stia attivamente creando una presenza militare nella regione, il Comando meridionale americano (SOUTHCOM) ha sollevato un allarme per gli investimenti cinesi in infrastrutture critiche, tra le quali porti in acque profonde e strutture cibernetiche e spaziali che «possono avere un potenziale doppio uso per attività commerciali e militari».

Dati alla mano, tuttavia, il commercio statunitense non starebbe risentendo della crescente presenza cinese. È vero, come evidenziato da Trump stesso, che i prezzi per il passaggio nel Canale, fissati da una commissione locale indipendente, sono aumentati di recente. Ma ciò, evidenziano i media internazionali, è dovuto a due ragioni che nulla hanno a che fare con un'ipotetica ostilità nei confronti di Washington: da una parte, la siccità ha causato, insieme a una riduzione dei livelli d'acqua, un calo del numero massimo di transiti permessi sull'arco dell'anno. Dall'altra, un nuovo sistema di prenotazione impone multe per le navi che non rispettano la tabella di marcia per il passaggio nel Canale. Le statistiche pubblicate dalle autorità panamensi, poi, mostrano che se nel 2017 il traffico navale attraverso il Canale di Panama diretto o proveniente dagli USA corrispondeva al 68,3%, nel 2024 la percentuale a stelle e strisce è salita al 74,7%. Un aumento che evidenzia la dipendenza di Washington dal passaggio, sì, ma anche come le navi americane continuino a mantenere la precedenza nell'uso del prezioso collegamento.

Dalle parole ai fatti, dicevamo. Trump cercherà davvero di riprendersi il Canale? Quando Panama fece il primo passo verso la Cina, nel 2017, e quando Xi Jinping ricambiò con una visita di Stato nel 2018, a guidare gli Stati Uniti c'era proprio Trump. Eppure l'amministrazione di allora non intraprese alcuna azione. Vedremo se per il suo secondo mandato tycoon opterà per una politica più aggressiva nella regione.