Ma quel petrolio azero importato dalla Svizzera è russo?
La cifra, riferisce un’inchiesta del gruppo CH Media, lascia quantomeno perplessi. L’anno scorso, la Svizzera ha importato circa 175 mila tonnellate di petrolio grezzo dall’Azerbaigian. Spingendo così il Paese al quarto posto nelle statistiche di importazione dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini. Le importazioni dall’Azerbaigian, in totale, avevano un valore di 152 milioni di franchi.
Dopo la pandemia, la Svizzera ha aumentato le sue importazioni di oro nero. Ne hanno approfittato altri Paesi produttori, come la Nigeria, il Kazakistan e gli Stati Uniti. L’Azerbaigian, spiega CH Media, resta tuttavia un caso particolare. Se non unico. E questo perché, negli anni, la percentuale di petrolio grezzo azero nel volume totale delle importazioni elvetiche ha oscillato fra 0 e 0,1%. Nel 2022, invece, è passata al 6%. Come spiegare un aumento così netto e repentino?
Piccolo passo indietro. A suo tempo, per sfuggire all’influenza russa, è stato costruito un oleodotto di 1.800 chilometri che, da Baku, capitale azera, attraverso la Georgia raggiunge i porti turchi sul Mediterraneo. Con la guerra in Ucraina, l’installazione è stata più volte minacciata. In particolare, leggiamo, a causa delle mine presenti nel Mar Nero.
Eppure, l’Azerbaigian ha registrato un aumento della domanda. Sin dalle prime avvisaglie di guerra. E questo perché l’Unione Europea ha parlato presto, molto presto di un possibile embargo al petrolio russo in risposta all’invasione. La decisione, infine, è caduta relativamente tardi, a giugno, ed è entrata in vigore a dicembre.
Da mesi, ad ogni modo, diverse testate hanno sollevato più di un dubbio circa la reale provenienza del petrolio azero. O di una parte di petrolio azero messa in commercio. Il motivo? I media del Paese hanno parlato si un aumento delle esportazioni. Ma la produzione, l’anno scorso, sembrerebbe essere diminuita stando alle cifre dell’Agenzia internazionale dell’energia. Un contrasto evidente.
La diminuzione della produzione, in realtà, non sarebbe una sorpresa. Da anni, infatti, l’Azerbaigian su questo fronte è in calo. Solo con lo sfruttamento di nuovi giacimenti petroliferi nel Mar Caspio ci si aspetta che la principale fonte di reddito dell’Azerbaigian torni di nuovo a galla.
Il regime azero, poi, non è molto incline a fornire cifre ufficiali. Quando vengono pubblicate, ed è raro, resta comunque difficile fare paragoni con gli anni precedenti. È quanto denuncia, ad esempio, Eurasianet, agenzia di stampa indipendente dell’Asia centrale. Così, per rispondere all’aumento della domanda l’Azerbaigian si rivolgerebbe ai suoi vicini. Chi? Turchia, Kazakistan e, sì, Russia.
Niente di illegale, tecnicamente parlando. L’Azerbaigian non ha aderito alle sanzioni occidentali e, a sua volta, non è sotto sanzioni. È interessante, ad ogni modo, sottolineare il rapporto complicato fra Baku e Mosca. La Russia, infatti, sostiene l’Armenia nella guerra a bassa intensità con l’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh. Ma in questi ultimi tempi le forze armate russe non sembrano intenzionate a sostenere gli armeni.
L’Azerbaigian, per l’Europa, gioca un ruolo chiave. Lo scorso agosto, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha concluso un partenariato energetico con Baku. Questione di affrancarsi, appunto, dalla Russia. Peccato che, poche settimane dopo, l’Azerbaigian abbia stretto un accordo simile con, proprio così, Mosca.