«Machado è stata rilasciata»
La leader dell'opposizione venezuelana Maria Corina Machado, uscita oggi dalla clandestinità per partecipare alle manifestazioni anti-Maduro, è stata arrestata al termine di un corteo a Caracas, e rilasciata poche ore dopo. Secondo il suo staff, «durante il periodo del suo rapimento (Machado) è stata costretta a registrare diversi video». Il governo di Caracas, attraverso i ministri dell'Interno e degli Esteri, ha smentito la notizia dell'arresto definendola «un'invenzione» e «una menzogna», nonché «un'operazione di 'false flag'»
Secondo il suo partito Vente Venezuela Machado era stata intercettata da agenti armati del chavismo che hanno sparato contro la sua delegazione. «María Corina è stata violentemente intercettata mentre usciva dal comizio di Chacao. Agenti del regime hanno sparato alle moto che la trasportavano». La leader era uscita brevemente dalla clandestinità per partecipare a una manifestazione pacifica dell'opposizione a Chacao, uno dei comuni di Caracas. A pochi metri da un presidio di polizia pesantemente armata e blindata, e vicino a civili chavisti armati, Machado ha preso la parola per cantare l'inno nazionale venezuelano da un palco improvvisato, rivolgendosi a circa 700 persone che l'attendevano dal mattino. Sarebbe stata arrestata dopo essere caduta dalla moto, dopo che il motociclista con cui viaggiava ha perso il controllo.
Dopo che si era diffusa la notizia dell'arresto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva chiesto «la liberazione immediata». «Non possiamo più tollerare le azioni repressive e illegittime del regime di Maduro che ha perso le elezioni - ha affermato Tajani, esprimendo vicinanza »a tutti i cittadini che combattono per la libertà e la democrazia in Venezuela«.
La vicenda avviene in un contesto di alta tensione alla vigilia dell'insediamento di Maduro per il suo terzo mandato consecutivo, in una cerimonia blindata e dagli esiti incerti. Secondo indiscrezioni giornalistiche, l'opposizione è al lavoro su un piano B: una presidenza parallela all'estero, guidata dal candidato Edmundo González Urrutia, già riconosciuto come presidente eletto da numerosi Paesi della comunità internazionale.
Nel Paese la temperatura è salita alle stelle con mobilitazioni di piazza sia del chavismo al potere, sia dell'opposizione. Quest'ultima ha inondato le strade in forma pacifica, al grido di 'Gloria al bravo pueblo', ma nella regione di Maracay e nel Carabobo alcuni manifestanti sono stati colpiti da gas lacrimogeni lanciati dalle forze dell'ordine. Mentre prosegue l'ondata di arresti di attivisti anti-regime e la sparizione forzata di vari giornalisti. Una situazione che ha destato la »profonda preoccupazione« dell'alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Volker Turk.
In una nazione che rischia di precipitare definitivamente nel caos, la presidenza è contesa da due pretendenti. Da una parte c'è il capo dello Stato uscente, Nicolas Maduro, proclamato vincitore senza tuttavia aver presentato i verbali elettorali. In carica da undici anni consecutivi e deciso a non mollare la poltrona per almeno altri sei, il delfino di Hugo Chavez si è detto pronto a difendere la posizione »a costo della vita«. Dall'altro lato c'è González Urrutia, considerato dall'Occidente il vero vincitore delle presidenziali del 28 luglio 2024, caratterizzate da un'allarmante mancanza di trasparenza da parte delle autorità locali, che hanno alimentato il sospetto di brogli.
L'ex ambasciatore, che ha ottenuto asilo dalla Spagna ed è sostenuto dalla leader dell'opposizione Machado, prosegue il suo tour in America Latina (è stato ricevuto anche nella Repubblica Dominicana dal presidente Luis Abinader), dove continua a raccogliere il riconoscimento di vari governi della regione dopo il significativo placet degli Stati Uniti e, da ultimo, anche del Canada. Ancora non si conoscono le sue prossime mosse, ma non si esclude che possa cercare di giurare presso un'ambasciata venezuelana all'estero per istituire una sorta di »governo provvisorio«.