Il discorso

Macron: «Chi può credere, ora, che la Russia si fermerà all'Ucraina?»

Il presidente francese, rivolgendosi ai cittadini in diretta televisiva, ha spiegato: «Mosca è diventata, mentre vi parlo e per gli anni a venire, una minaccia per la Francia e l'Europa» – Aperto un dialogo con i partner sulla deterrenza nucleare
©SEBASTIEN NOGIER
Red. Online
05.03.2025 20:31

I francesi sono «legittimamente preoccupati». E questo perché, dopo tre anni, la guerra in Ucraina continua «con la stessa intensità» ma, particolare importante, con gli Stati Uniti che hanno deciso di «dare meno sostegno» a Kiev. Non solo, Washington intende pure imporre tariffe sulle merci provenienti dall'Europa. Di qui, la premessa che sa (già) quasi di conclusione: «Il mondo è sempre più brutale». E, di riflesso, minaccioso. Emmanuel Macron, nel suo discorso alla nazione, in diretta dall'Eliseo, è andato dritto al sodo.

Il presidente della Repubblica, in particolare, ha ricordato che, sin dal primo giorno, la Francia si è schierata al fianco dell'Ucraina. Sanzionando, pesantemente, la Russia per la sua guerra di aggressione. E questo perché, ha ribadito Macron, «non è solo il popolo ucraino a lottare coraggiosamente per la propria libertà, anche la nostra sicurezza è minacciata». E ancora: «La pace non può più essere garantita, nel nostro continente. La minaccia russa è qui. E colpisce anche noi».

«La Russia ha già trasformato il conflitto ucraino in un conflitto globale» ha affermato Macron, ribadendo che «la Russia del presidente Putin sta violando i nostri confini per assassinare i suoi oppositori, manipolare le elezioni in Romania e Moldavia e organizzare attacchi digitali contro i nostri ospedali per bloccarne il funzionamento». E «questa aggressione non sembra conoscere confini», ha detto il presidente francese.

Secondo Macron, la Russia «continua a riarmarsi» tant'è che, entro il 2030, «prevede di far crescere ulteriormente il suo esercito, arrivando a 300 mila soldati, 3.000 carri armati e 300 aerei da combattimento in più». Di qui la domanda: «Chi può credere, in questo contesto, che la Russia di oggi si fermerà all'Ucraina? La Russia è diventata, mentre vi parlo e per gli anni a venire, una minaccia per la Francia e per l'Europa».

Agli occhi del presidente francese, dopo tre anni di invasione su larga scala «la pace non può essere raggiunta a qualsiasi prezzo e sotto il diktat russo. La pace non può significare la resa dell'Ucraina. Non può tradursi nel suo crollo. Né può tradursi in un cessate il fuoco, che sarebbe troppo fragile». Fragile perché, beh, Washington ha sospeso la fornitura di equipaggiamento militare e di intelligence a Kiev mentre Donald Trump si è avvicinato a Vladimir Putin senza invitare al tavolo Volodymyr Zelensky e i leader europei. Il capo dello Stato, in questo senso, ha ricordato il fallimento degli accordi di Minsk. «Non possiamo dimenticare che la Russia ha iniziato a invadere l'Ucraina nel 2014 e che poi abbiamo negoziato un cessate il fuoco a Minsk. La stessa Russia non ha rispettato questo cessate il fuoco e noi non siamo stati in grado di mantenere l'equilibrio, a causa della mancanza di solide garanzie». Un precedente, questo, che scredita la parola del Cremlino, secondo Macron: «Oggi non possiamo più credere alla parola data dalla Russia. L'Ucraina ha diritto alla pace e alla sicurezza per se stessa, e questo è nel nostro interesse e nell'interesse della sicurezza del continente europeo. È su questo che stiamo lavorando con i nostri amici britannici, tedeschi ed europei».

Detto e ribadito che, per garantire la difesa della Francia e dell'Europa, serviranno nuovi e massicci investimenti, «il che richiederà delle riforme», Macron ha speso parole al miele per l'Alleanza Atlantica: «Restiamo fedeli alla NATO e alla nostra partnership con gli Stati Uniti d'America. Ma dobbiamo fare di più. È necessario rafforzare la nostra indipendenza in materia di difesa e sicurezza. Il futuro dell'Europa non deve essere deciso a Washington o a Mosca. Sì, la minaccia sta tornando a Est e l'innocenza, in un certo senso, degli ultimi trent'anni, dalla caduta del Muro di Berlino, è ormai finita».

Tornando alla pace in Ucraina, Macron ha detto che, forse, «arriverà attraverso lo spiegamento di forze europee» nel Paese. Forze che «non andrebbero a combattere in prima linea, ma sarebbero lì, al contrario, una volta firmata la pace, per garantirne il pieno rispetto». Il presidente francese ha quindi annunciato che riunirà a Parigi, la prossima settimana, «i capi di Stato maggiore dei Paesi che desiderano assumersi la responsabilità in materia», elogiando al contempo «un piano per una pace solida, duratura e verificabile, preparato con gli ucraini e diversi altri partner europei». Di nuovo: «Voglio credere che gli Stati Uniti rimarranno al nostro fianco, ma dobbiamo essere preparati se così non fosse».

Macron ha pure aperto «all'appello storico del futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz» decidendo di «aprire il dibattito strategico sulla protezione attraverso la nostra deterrenza e quella dei nostri alleati nel continente europeo». Il cosiddetto ombrello nucleare da intendere come strumento di dissuasione. 

Infine, il presidente si è concentrato sui dazi doganali, «incomprensibili», sia per l'economia americana sia per quelle francese ed europea. Una decisione, quella di Trump, che «non resterà senza risposta da parte nostra» anche se Macron si è detto desideroso di convincere il presidente degli Stati Uniti a tornare sui propri passi.

Riassumendo, «di fronte a queste sfide e a questi cambiamenti irreversibili» il presidente ha lanciato un invito preciso: non cedere «né agli eccessi dei guerrafondai, né agli eccessi dei disfattisti». Largo, semmai, a una rotta, «quella della volontà di pace e di libertà». La rotta, va da sé, di «un'Europa che ha la forza economica, il potere e i talenti per essere all'altezza di quest'epoca». «Le decisioni politiche, l'equipaggiamento militare, i bilanci sono una cosa, ma non sostituiranno mai la forza d'animo di una nazione» ha detto Macron. «La nostra generazione non riceverà più il dividendo della pace. Sta a noi garantire che i nostri figli raccolgano i frutti dei nostri impegni domani».