«Macron? Sta proprio cercando uno scontro con l’estrema destra»
Che ne sarà della Francia? Riformuliamo: che cosa dobbiamo aspettarci dalle elezioni legislative annunciate da Emmanuel Macron dopo lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale? E davvero Rassemblement National è pronto a governare, come ha annunciato in pompa magna il suo presidente Jordan Bardella? Sono giorni concitati, nell’Esagono. Per questo, ci siamo rivolti ad Arnauld Leclerc, professore di Scienze Politiche in seno all’Università di Nantes.
Professore,
innanzitutto: è d’accordo nel definire la mossa di Macron un’arma
costituzionale? O siamo semplicemente di fronte a un gesto politicamente
disperato?
«Lo
scioglimento dell’Assemblea Nazionale, in effetti, dal 1958 è previsto dall’articolo
12 della Costituzione francese. È una misura cui può fare ricorso il presidente
della Repubblica previa consultazione con i presidenti di Assemblea Nazionale e
Senato. Macron ha fatto ricorso a questa “arma” perché si trovava e si trova in
un’impasse: non ha la maggioranza in Parlamento che approvi i suoi progetti e l’opinione
pubblica nei suoi confronti è decisamente sfavorevole, basti pensare all’esito
delle Europee e ai nuovi rapporti di forza emersi. Detto ciò, niente e nessuno
lo obbligavano a fare ricorso allo scioglimento dell’Assemblea Nazionale. Si
tratta, quindi, di una mossa puramente politica ancorché rischiosa. Così facendo,
Macron intende salvare il suo secondo mandato, attualmente sotto scacco».
Quali
lezioni può trarre Macron dal passato? Sappiamo che Mitterrand a suo tempo ne
uscì rafforzato, mentre Chirac si ritrovò costretto a convivere con Jospin.
«A
mio avviso, Macron può avere due calcoli politici in testa. Il primo: un
confronto diretto con l’estrema destra, come avvenne alle presidenziali del
2017. Queste legislative, in sostanza, sono anche una sorta di referendum:
siete a favore o contro Rassemblement National al potere? In questo senso,
Macron può legittimamente confidare che la maggioranza dei francesi lo seguirà per
paura dell’estrema destra. Ma è un calcolo rischioso, appunto, proprio considerando
l’avanzata di Rassemblement National più o meno ovunque in Francia. Il secondo:
sperare che Rassemblement National vinca per obbligare la formazione di Jordan
Bardella a governare e a confrontarsi con il Paese reale. Il tutto mentre lui,
Macron, rimarrà alla presidenza e, quindi, a tutela delle istituzioni e degli
equilibri. In questo secondo caso, Macron in futuro dovrà dimostrarsi un abile
tattico per gestire il conflitto fra presidente e governo di opposizione. Nel
1997, in effetti, Chirac credeva di poter rafforzare la sua maggioranza
sciogliendo l’Assemblea Nazionale ma accadde l’esatto contrario. Uno scenario
che potrebbe verificarsi anche adesso, sebbene Rassemblement National
difficilmente avrà i numeri per governare da solo».
Detto
che le grandi manovre per cercare alleanze, da una parte come dall’altra, sono
già cominciate, la cosiddetta coabitazione sarebbe davvero un dramma per
Macron?
«Le
opzioni principali, dopo le legislative, sono due: una maggioranza assoluta di
Rassemblement National, poco probabile senza il sostegno di una parte dei
Repubblicani e di Reconquête, oppure l’ingovernabilità del Paese qualora nessun
partito riuscisse a conquistare una larga maggioranza».
C’è
chi, a proposito di maggioranza, guarda a sinistra. Si può fare?
«Anche
riunendosi, mi sembra difficile se non impossibile che la sinistra possa
vincere. Il suo peso, in Francia, oggi si situa attorno al 30%».
E
lo schieramento di Macron?
«La
sfida, per lui, sarà proprio mantenere una maggioranza tutta sua. Un’altra
partita in salita».
L’uscita di Eric Ciotti, presidente dei
Repubblicani, ha aperto una crisi nella destra. Chi andrà con chi, dunque, in
vista di queste legislative? Non tutti i Repubblicani, per dire, vogliono un
accordo con l’estrema destra.
«La
sinistra ha tutto l’interesse a unirsi, pena la perdita di molti seggi.
Unendosi, invece, potrà mantenere le forze attuali nelle grandi città. Nel
resto del Paese, per contro, è molto debole. Il campo presidenziale sta
cercando alleati. Macron, tuttavia, da due anni sta venendo meno sotto questo
aspetto. La sua impopolarità rischia di essere un ostacolo all’allargamento del
suo schieramento. La destra, e lo abbiamo visto, potrebbe invece essere
attraversata dalle tensioni. Della serie: andare verso Rassemblement National o
rimanere indipendenti ma contare di meno in termini di voti? Gli elettori si
sono già divisi: Macron da una parte, estrema destra dall’altra. Rassemblement
National punta ad allargarsi verso le altre destre, come Reconquête e Debout la France, e verso una parte dei Repubblicani. C’è comunque l’eventualità
che molti elettori decidano di votare per Rassemblement a prescindere dagli
accordi».
La
virata di alcuni elettori verso Rassemblement National potrebbe spiegarsi con
le critiche mosse a Macron sul piano internazionale? I muscoli mostrati a
Putin, ad esempio, non sono piaciuti.
«In
Francia, in realtà, la condanna della Russia e della sua guerra in Ucraina è forte.
Molto forte. Macron, più che altro, è stato attaccato per aver esitato a inizio
2022. Analogamente, in queste settimane non è stato attaccato per la sua
opposizione a Putin ma per l’idea che delle truppe francesi vadano al fronte.
La questione russa, semmai, è una spina nel fianco di Rassemblement National».
C’è
chi, allargando il campo all’UE e pensando al risultato di Scholz alle Europee,
ora afferma che difficilmente l’asse Berlino-Parigi potrà dettare legge in termini
di politica estera comune. È così?
«Scholz
e Macron, certo, escono indeboliti dalle Europee. Ma erano stati già indeboliti
dal clima politico che ciascun esponente respira nel proprio Paese. Malgrado ciò,
Macron rimane una figura carismatica sul piano internazionale. Che può esercitare
una certa leadership. Il suo margine di manovra, tuttavia, si è notevolmente
ridotto rispetto al primo mandato».