Marina Berlusconi si muove per tutelare il patrimonio, non per vanità
Non è complicato da ricordare, però segnatevi questo nome: Marina Berlusconi. Non il volto né la voce perché appare di rado e parla ancora meno. Il nome. E nemmeno è un nome nuovo (lo sappiamo, giù il ditino inquirente!), ma è il nome che più suscita attenzione a Roma e dintorni, e perciò in Italia, in quel budello di Italia mai a fondo perlustrato che sta fra la politica, la cultura, la finanza, ogni cosa dicibile o meglio se indicibile. Il governo di Giorgia Meloni dipende da Marina. Il futuro di Forza Italia dipende da Marina. L’elettorato moderato dipende da Marina. L’Unione Europa dipende da Marina (e Mario Draghi le ha fatto visita). Le alleanze nel centrodestra e pure nel centrosinistra dipendono da Marina. I progressi sui diritti civili dipendono da Marina. S’è scritto addirittura che la campagna tedesca di Unicredit per Commerzbank dipende da Marina. Questo succede per il bisogno tipicamente italiano di ignorare la scena e farsi stuzzicare dal retroscena, la panna che ne viene montata, la leggenda che panifica discreta, il «pissi-pissi» che diviene incessante, l’indiscrezione che vi assicurano essere riservata. Fa più Marina col suo celebre mutismo rotto da frasi brevi e sporadiche interviste che migliaia di comizi in diretta o registrati.
Roma e dintorni aspettano con trepidazione il discorso che Marina pronuncerà alla cerimonia per la consegna del cavalierato del Lavoro. Segnatevi anche la data: trenta ottobre, un mercoledì. Ancora non c’è traccia del discorso, ma già sono in corso le esegesi di palazzo. I paragoni, ovvio, saranno col padre Silvio, che ottenne il cavalierato nel ’77.
Più che cercare in Marina o nel fratello Pier Silvio il prossimo comandante in capo o la replica timida dell’originale, va rammentato senza sosta – fra le tante da segnarsi – che la famiglia Berlusconi, la seconda generazione di Silvio, s’è sempre mossa per tutelare il patrimonio e non per vanità. Peraltro i cinque figli di Berlusconi, ne va dato atto, sono fra i pochi eredi che non sono finiti in tribunale per contendersi il patrimonio. In quel patrimonio c’è Forza Italia, affidata in comodato d’uso al segretario Antonio Tajani, ma tenuta ben stretta dai figli garanti del debito milionario.
La vocazione di Forza Italia, secondo quello che un tempo era chiamato il partito-azienda, è stare in maggioranza, se possibile, oppure avere ottime relazioni col governo. Forza Italia è inutile accovacciata all’opposizione. Non è il suo posto. Non è abituata a contribuire a scioperi, a picchetti simbolici, a manifestazioni di venerdì.
Il grande piano di Marina e Pier Silvio è rafforzare Mediaset (Media For Europe), diventare il perno di una multinazionale televisiva che produce e distribuisce contenuti nel mercato europeo. E il grande tema, il più urgente, è la gestione del gruppo tedesco ProSiebenSat (ne sono azionisti col 29 per cento).
Marina e Pier Silvio vogliono dimostrare di sapere fare impresa come il padre. La politica viene dopo. O prima. Di politica ce n’è già abbastanza. Non importa. Torna utile così.