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Mario Draghi, non solo «whatever it takes»

Le università, il Tesoro, la finanza e Bankitalia per tacere degli anni alla BCE e degli interventi per difendere l’euro: ora «Super Mario» dovrà cercare di fare un nuovo Governo a Roma
© AP/Michael Probst
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
03.02.2021 20:27

Probabilmente nessuno, per rispetto, usa il nomignolo in occasioni ufficiali, ma è noto che Mario Draghi è per molti Super Mario. In un certo senso l’economista e professore universitario italiano ha conquistato sul campo il nomignolo, che riecheggia il personaggio di un videogioco, in lunghi anni di lavoro in diverse posizioni di responsabilità e soprattutto guidando la Banca centrale europea (BCE). Una carriera da uomo di economia, che lo ha però messo molto a contatto anche con i vertici della politica.

Le università e il Tesoro

Classe 1947, laureato all’Università di Roma, specializzazione al bostoniano MIT, Draghi a partire dagli anni Settanta insegna in diversi atenei italiani e poi, dal 1984 al 1990, è direttore esecutivo alla Banca mondiale. Nel 1991 diventa direttore generale del ministero italiano del Tesoro, carica che manterrà per un decennio, curando tra l’altro una serie di privatizzazioni; in questa fase un suo incontro con esponenti della finanza internazionale sul panfilo Britannia, della regina d’Inghilterra, susciterà poi polemiche in Italia.

La finanza e Bankitalia

Nel 2002 Draghi apre una parentesi entrando nella banca americana Goldman Sachs; quanti avevano sottolineato i suoi rapporti con la finanza internazionale non mancano di accusarlo di voler rimanere in quell’ambito. Ma Mario Draghi dopo tre anni ritorna pienamente sulla scena italiana e nel 2005 diventa governatore della Banca d’Italia, carica che manterrà per sei anni e che rafforzerà il suo ruolo in Italia e in Europa. Nel 2011 un ulteriore balzo, con la nomina a presidente della Banca centrale europea.

Gli anni alla BCE

A Francoforte, sede della BCE, per Draghi come numero uno della politica monetaria dell’area euro è un battesimo del fuoco, perché nello stesso anno scoppiano le tensioni sugli eccessivi debiti pubblici. Draghi mostra una capacità di agire nel contempo su differenti fronti: di gestire i meccanismi complessi della moneta unica, di rapportarsi con diplomazia ai diversi Governi, di farsi ascoltare dai mercati. La sua frase in inglese diventata famosa («whatever it takes», qualunque cosa occorra), riferita agli interventi della BCE per difendere l’euro, è del luglio 2012. Di lì in poi sono in molti a indicarlo come salvatore dell’euro, con una definizione che forse lui stesso, da banchiere centrale, non ama più di quel tanto.

Capacità diplomatica

Nell’ottobre del 2019, dopo una lunga azione che ha impegnato la banca centrale dell’Eurozona nella creazione di maxi liquidità con l’obiettivo principale di sostenere le economie dell’area, Draghi lascia il timone della BCE alla francese Christine Lagarde. Non è passata inosservata, in otto caldi anni, quella capacità diplomatica che gli ha permesso, tra l’altro, anche di resistere alle critiche della tedesca Bundesbank e di trovare al tempo stesso un accordo di fondo con la cancelliera Angela Merkel.

La nuova sfida

Si aprono gli interrogativi sui suoi futuri approdi nella politica italiana. Cattolico, definito da più parti social-liberale, lui resta riservato, dice la sua sull’economia ma evita giudizi politici diretti. Sino alla chiamata del Quirinale nei giorni scorsi. Sarà dunque lui a cercare di fare un nuovo Governo a Roma, come molti avevano detto o pensato. Prima di lui, in Italia da incarichi economici sono venuti i premier Ciampi, Dini, Monti. Ora il quadro è diverso. E ci sono la pandemia da sconfiggere e il Recovery Plan da fare con urgenza e concretezza. Super Mario in politica.

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