Meno gas dai rubinetti russi: «Un avvertimento alla Polonia»
«Non è la prima volta che accade, ma il Cremlino ha inviato un chiaro segnale alla Polonia e alla Germania». Enrico Mariutti, presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica (ISAG) di Roma, legge in questi termini la notizia - battuta questa mattina dai principali media europei - dell’interruzione delle forniture di gas russo attraverso il gasdotto Yamal-Europe. Una decisione, osserva Mariutti, che ha temporaneamente tagliato fuori la Polonia dalle forniture russe e che ha spinto di conseguenza Berlino a inviare il gas a Varsavia sfruttando sempre la condotta Yamal, ma in senso contrario rispetto alla normale direttrice est- ovest.
Un circolo paradossale
Ma di quale gas parliamo? Beh, ancora una volta di quello russo, proveniente però dalla direttrice nord, ossia il Nord Stream 1, che collega direttamente la Russia alla Germania.
A fornire una lettura puramente commerciale è invece Francesco Sassi, ricercatore in geopolitica dell’energia all’Università di Pisa e analista RIE: «Molto semplicemente, il flusso si è interrotto per ragioni contrattuali. Gli acquirenti tedeschi e polacchi hanno ritenuto più conveniente che il rifornimento avvenisse attraverso condotte alternative». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, società di ricerca nel settore energetico: «Molto del gas che arriva in Germania dalla Russia è comprato da società tedesche, le quali lo rivendono ai polacchi. Ecco perché capita che il flusso del gasdotto venga invertito». Quanto accaduto - chiarisce Tabarelli - «non deve quindi essere visto come un ricatto», ma un normale movimento di mercato «che registriamo da dicembre», aggiunge Sassi: «Da questa data, Yamal ha smesso di funzionare nella sua modalità tradizionale, ossia unicamente da est verso ovest», generando, talvolta, anche ripercussioni sul mercato. Ancora Tabarelli: «Lo scorso 21 dicembre, l’interruzione ha causato l’esplosione dei prezzi a 182 euro al megawattora. Oggi, invece, i mercati hanno risposto con nervosismo, mantenendo però il costo del gas al megawattora sui 120 euro».
Il vincolo saltato
«Putin sta giocando sulla scacchiera internazionale del gas in maniera estremamente accorta», rincara Mariutti, secondo il quale gran parte della vicenda va letta in relazione allo stop imposto dagli Stati Uniti al Nord Stream 2: «Nella logica di Putin, il nuovo gasdotto avrebbe infatti consentito al Cremlino di fornire gas alla Germania aggirando la Polonia e l’Ucraina, Paesi con i quali Mosca ha ormai da tempo un contenzioso aperto. Nello stesso tempo, questo avrebbe assicurato alla Germania forniture di gas a prezzi più vantaggiosi non dovendo pagare il transito su altri Paesi». Una comunione di intenti tra Mosca e Berlino osteggiata in particolare dagli Stati Uniti, i quali vedevano nel transito del gas attraverso gli ex Paesi sovietici una garanzia di stabilità e di sicurezza. In questo modo, Europa e Russia erano legate da un doppio filo economico e commerciale che garantiva la stabilità geopolitica dell’area», commenta Mariutti. «Non a caso, quanto Putin ha invaso l’Ucraina, gli USA hanno decretato su due piedi la morte del progetto Nord Stream 2». Oggi, quindi, secondo Mariutti è salato quel vincolo economico che garantiva la pace e la stabilità dell’est Europa. E ora? «Sono guai grossi, una dinamica simile l’abbiamo vista nei mesi precedenti alla Seconda guerra mondiale».
Dipendenza reciproca
D’altro canto, secondo Tabarelli la mancata fornitura di gas all’Europa rappresenterebbe un problema anche per la Russia. «Nel breve periodo ne risentirebbe di più l’Europa, soprattutto in vista dell’inverno prossimo, sul lungo periodo a pagare maggiormente dazio sarebbe la Russia, che rischia di vedersi compromesso l’intero export di gas, di petrolio, e di materie prime». Secondo Tabarelli, infatti, Vladimir Putin difficilmente potrebbe privarsi dell’Europa come partner commerciale: «Gli Stati occidentali pagano molto bene e la maggior parte delle infrastrutture è sul territorio europeo. La Russia esporta 230 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Duecento vanno all’Europa. Alla Cina, invece, vanno meno di 10 miliardi di metri cubi. In prospettiva, questo volume potrebbe crescere. Ma è tutto da vedere».
Più netta, invece, la posizione di Mariutti: «L’Europa fa la voce grossa, ma se davvero Putin chiudesse i rubinetti tutta l’industria europea sarebbe in ginocchio. Nessuno lo vuole ammettere apertamente, ma le ripercussioni sarebbero catastrofiche». Un vero e proprio «tsunami economico».