Midterm, Paolo Grassi e lo «tsunami rosso» che non c'è stato

Le elezioni di midterm sono state vissute con apprensione a New York, dove è stato forte il timore per uno «tsunami rosso» lasciato presagire dai sondaggi, il quale, però, non ha trovato riscontro. L’avvocato ticinese Paolo Grassi, residente oltre Oceano dagli anni Novanta, fa il punto della situazione dalla Grande Mela.
Come avete vissuto queste elezioni di midterm a New York? E qual è stato il sentimento predominante nel cittadino medio?
«New York, come tutti sappiamo, negli Stati Uniti è una realtà a sé: è una città liberale, aperta e dinamica. Il sentimento più diffuso è stato quello della preoccupazione per un’avanzata netta dei repubblicani prevista dai sondaggi, che per fortuna non c’è stata. In una città liberale come New York, la visione liberticida della società propria del Grand Old Party non trova spazio. Per queste midterm possiamo dunque tirare un sospiro di sollievo».
Da qualche tempo a New York si registrano preoccupanti esplosioni di violenza: da agosto i reati gravi nella Grande Mela sono saliti del 26%. Ciononostate il repubblicano Lee Zeldin è stato sconfitto dall’attuale governatrice dem Kathy Hochul, che è stata infatti confermata. È una notizia positiva?
«È una notizia molto positiva. I repubblicani, da un lato, si adoperano per abolire tutte le leggi che controllano la diffusione delle armi. Dall’altra amano farsi vedere come sceriffi. Questa demagogia è stata scofessata. A New York il vero problema non è la violenza in sé, ma il nodo dell’ampia diffusione delle armi che ne sta alla radice. E questo, soprattutto dopo che la Corte Suprema (a trazione repubblicana, ndr.) ha invalidato una legge che era stata adottata oltre cento anni fa e che permetteva allo Stato di New York di controllare con efficacia la diffusione delle armi. Una decisione che ha fatto sì che a New York, peraltro, non si può più proibire il porto d’armi».
Queste elezioni potrebbero rilanciare Donald Trump alla presidenza (lo sapremo martedì). L’opinione pubblica newyorkese, considerati i suoi gravi travagli giudiziari per l’assalto a Capitol Hill, quanto è pronta a sostenerne l’eventuale rientro?
«Occorre distinguere lo Stato dalla Città di New York. Nella sola Città, Trump non ha alcuna chance; mentre nel nordovest dello Stato riscontra più sostegno. Fatto sta che il risultato di queste elezioni ha già sconfessato su più fronti la strategia dell’ex presidente: basti guardare quanto è accaduto in Florida con il successo strepitoso ottenuto dal repubblicano Ron DeSantis, antagonista del tycoon».


Quanto è diffusa la paura di un ritorno al trumpismo?
«Il trumpismo è un po’ come il maccartismo. A New York ci si è abituati a vivere con quest’immagine di Trump che continua ad avere molti simpatizzanti a livello nazionale. I newyorkesi hanno imparato a conviverci pur prendendone le distanze».
Non crede che il maggiore impegno dell’amministrazione Biden in politica estera (leggi miliardi versati all’Ucraina) piuttosto che sui problemi nazionali, possa avere giocato contro?
«Non direi. La politica di Joe Biden sull’Ucraina trova ampio consenso anche tra i repubblicani:è soltanto una frangia estremista trumpiana - minoritaria e filorussa - che continua a puntare il dito contro i miliardi spesi per Kiev. La vera spina nel fianco di Biden - piuttosto - è l’economia».
Quanto è avvertito nel Paese il problema dell’inflazione e dell’energia, che sta creando non pochi problemi all’Europa?
«Negli Stati Uniti, la questione energetica è avvertita decisamente in modo minore. Il rincaro c’è stato, ma è di gran lunga inferiore rispetto a quello della media europea: il prezzo dell’elettricità, della benzina e del gas (gli USA sono produttori di gas liquido-GNL, ndr.) sono rimasti contenuti. Queste elezioni sono state piuttosto il confronto diretto sul tema dell’inflazione, sul quale hanno insistito i repubblicani (insieme a quello della diffusione della violenza) e quello dell’aborto, sul quale hanno costruito la loro battaglia i democratici. Dal profilo legale, ritengo che questo tema sia più urgente, visto che la maggioranza dei cittadini non condivide la linea di chiusura sostenuta dallaCorte Suprema, contraria all’interruzione di gravidanza. D’altro canto, va detto che per la sicurezza, qui non viviamo certo nel Far West».
