Morisi, la Bestia e Salvini: comunicazione politica, etica o propaganda?

Bestia, social network, Lega, festini, droga dello stupro, Capitano, politica, media. Sono parole che nell’ultima settimana rimbalzano su tutti i media italiani, dalla cronaca ai commenti, fino agli attacchi più o meno frontali. Tutto ruota attorno al «caso» Luca Morisi, l’ormai ex guru della comunicazione della Lega. Ma c’è una domanda che, al di là di ogni congettura, sembra giusto porsi: coerenza, comunicazione politica o problema personale (di droga)?
Il personaggio
Luca Morisi, 48 anni il 10 ottobre, è lo spin-doctor (colui che lavora come consulente, ne cura e promuove l’immagine pubblica tramite precise strategie di comunicazione e marketing) di Matteo Salvini dal 2013. Su Twitter si descrive così: «Digital philosopher, social-megafono, mi occupo quasi 24x7 della comunicazione per il Capitano». Dal suo curriculum vitae, pubblicato sul sito del ministero dell’Interno, emerge il ruolo di «esperto di comunicazione e di marketing politico sui social media». È «responsabile della comunicazione e social media strategist di Salvini e dei correlati canali di comunicazione legati al suo ruolo di leader della Lega». Fino al 23 settembre, quando il Carroccio conferma le indiscrezioni dell’Adnkronos sulla rinuncia dell’incarico da parte di Morisi, «per motivi personali». Lui, nella chat WhatsApp del partito, allontana i sospetti su presunti «problemi politici» e parla di «necessità di staccare per un po’ di tempo per questioni famigliari». Quattro giorni dopo, la notizia sui media: «L’inventore della ‘‘Bestia’’ di Salvini indagato dalla Procura di Verona per cessione di stupefacenti».
La vicenda
Quanto accaduto a Morisi è rimasto celato dal silenzio per oltre un mese. Bisogna tornare indietro fino a Ferragosto, infatti, per capire cosa è successo. La sera del 13 agosto, stando a quanto ricostruito oltre confine, Luca Morisi invita alcune persone nella sua casa di Belfiore, alle porte di Verona. Oltre a lui ci sono altri tre uomini. Uno, stando a quanto riferisce Repubblica, sarebbe un modello ed escort di 20 anni, presente su alcuni siti di incontri a pagamento. Raggiunge la villa da Milano, in compagnia di un altro ragazzo. Entrambi hanno origini rumene. Alle 17 del 14 agosto la loro auto si allontana dal cascinale e incappa in un controllo dei carabinieri. Uno dei due ragazzi consegna ai militari una bottiglietta di vetro contenente del liquido trasparente. «È Ghb», la «droga dello stupro», dice. E fa il nome e l’indirizzo di Luca Morisi, indicandolo come colui che gliel’ha consegnata. Scatta quindi la perquisizione. E viene trovata della cocaina. Un quantitativo subito indicato «per uso personale». Ma le dichiarazioni dei fermati fanno scattare l’iscrizione di Morisi nel registro degli indagati per cessione di sostanza stupefacente.
La reazione di Matteo Salvini
Quando l’indagine aperta nei suoi confronti viene alla luce, Luca Morisi invia una nota alle agenzie di stampa. «Non ho commesso alcun reato ma la vicenda personale che mi riguarda rappresenta una grave caduta come uomo – scrive -. È un momento molto doloroso della mia vita, rivela fragilità esistenziali irrisolte a cui ho la necessità di dedicare tutto il tempo possibile nel prossimo futuro, contando sul sostegno e sull’affetto delle persone che mi sono più vicine». Proprio a loro chiede poi scusa «per la debolezza e gli errori», menzionando tra gli altri Matteo Salvini. Che affida il suo primo commento, ça va sans dire, a un post su Facebook: «Quando un amico sbaglia e commette un errore che non ti aspetti, e Luca ha fatto male a se stesso più che ad altri, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a rialzarsi. Amicizia e lealtà per me sono la Vita». Il giorno successivo, però, emerge tutto il suo disappunto sulle discussioni nate intorno alla notizia. «Sono spiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo – afferma -. Sono vicende personali. Luca è una gran brava persona, un amico. Ci sono giornalisti che sbattono il mostro in prima pagina. Se poi la settimana prossima uscirà, come sono convinto, che il dottor Luca Morisi non ha commesso alcun reato, chi gli restituirà la dignità? Chi gli chiederà scusa?».
Nel frattempo sui social e sul web qualcuno coglie l’occasione di ricordare al leader del Carroccio la sua «citofonata» di un anno e mezzo fa a Bologna, durante la campagna elettorale delle Regionali in Emilia-Romagna. «Scusi, lei spaccia?» aveva chiesto a una donna (madre di un presunto pusher) nel quartiere Pilastro, prontamente ripreso dalle telecamere. Ma ancora oggi Salvini rivendica la bontà di quel gesto, «perché lì c’erano degli spacciatori che sono stati arrestati». E rincara pure la dose. «Per me chi vende droga, vende morte. Chi consuma droga sbaglia e va aiutato e curato - dice il Capitano -. Ma tirare in ballo il discorso politico è un attacco gratuito alla Lega a cinque giorni dal voto». Accuse a cui replica la procuratrice capo di Verona, assicurando: «Nulla è stato detto da noi o dai carabinieri. Questo è lo sport nazionale, sparare accuse contro i magistrati e le procure». Salvini difende il suo amico, tirando in ballo altri nomi: «La vita privata non mi permetto di giudicarla. Ho mai giudicato il figlio di Beppe Grillo, indagato per stupro? Non mi permetto. Non giudico l’arresto dei genitori di Renzi. I problemi privati di figli, cugini e nipoti. Condanno e condannerò ogni utilizzo di sostanze stupefacenti. Giudico folle ogni parlamentare, cantante o vip che invita a liberalizzare la droga ma chi consuma va aiutato, perché ha dei problemi».
Le reazioni degli altri
Da quando è scoppiato il «caso», ovviamente in molti si sono espressi, soprattutto chi è recentemente stato bersaglio della Lega. La ministra per le Politiche giovanili Fabiana Dadone, tornando su Bologna, scrive su Facebook: «Luca Morisi ha fatto del perbenismo provocazione, dell’aggressione digitale mestiere. Chi citofonerà a casa di Salvini? Scagli la prima pietra chi è senza peccato». Fedez, seguitissimo sui social, gli dedica una serie di stories su Instagram: «Questa è la storia di un eroe contemporaneo, un uomo che ha sacrificato la vita per contrastare la piaga sociale delle droghe. Oggi scopre di avere al suo fianco un drogato, che magicamente non diventa un drogato ma un amico da aiutare a rialzarsi». Giulia Viola Pacilli, una donna che per ben due volte era finita sui social di Matteo Salvini con in mano dei cartelloni («meglio buonista e puttana che fascista e salviniana» recitava uno, «migranti, non lasciateci soli con i fascisti» l’altro), durante alcune contestazioni, ci va meno per il leggero: «Quest’uomo - scrive - ha esercitato un enorme potere sulla mia vita: per ben due volte ha pubblicato il mio viso perfettamente riconoscibile su uno dei profili social più seguiti in Italia. Sul profilo social di chi, al tempo, era ministro dell’Interno e quindi, in teoria, garante della sicurezza dei propri cittadini. Grazie a Luca Morisi ho trascorso mesi a ricevere a qualsiasi ora messaggi con insulti e minacce. Vorrei essere così matura. Ma se penso alla faccia di Morisi oggi, costretto a leggere ovunque di sé informazioni sensibili, frasi false, vicende personali, mi viene in mente un’unica parola: karma». Matteo Renzi, uno dei bersagli delle campagne social della Lega, dal canto suo invita a «essere diversi da chi sparge odio sui social» - «non faremo a Morisi quello che la Bestia ha fatto a noi in vicende molto meno serie» afferma - e Lapo Elkann vorrebbe che a Morisi fosse risparmiata quella gogna che è toccata invece a lui. Anche Ilaria Cucchi si esprime: «Ora so che tutte le durissime prese di posizione di Matteo Salvini («Questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque» aveva detto lui commentando la sentenza contro i carabinieri imputati di omicidio preterintenzionale, ndr.) contro Stefano e la mia famiglia hanno un volto. Eppure io lo perdono».
La Bestia
«Posso dire che è proprio sui social media che è iniziato, in tempi antichi e non sospetti, il passaggio dalla dimensione della vecchia Lega a quella nuova». Con queste parole Luca Morisi descriveva, due anni fa, il suo lavoro di «domatore di consensi». «Già dal 2014, quando Salvini ha assunto il ruolo di segretario, abbiamo iniziato a nazionalizzare la comunicazione. È lì che si è vista tutta la potenzialità che c’era. I social network sono stati fondamentali». Sono stati gli stessi leghisti, secondo lo spin doctor Alex Orlowski, a soprannominare il sistema «la Bestia». Nel 2016 avrebbero anche registrato il dominio liberalabestia.it. Quando è stato lanciato il sito di informazione Il Populista lo slogan scelto era «Libera la bestia che c’è in te». Qualcuno forse si stupirà, ma dietro a «la Bestia» non vi è alcun super computer, ma delle persone. Nel suo «dataroom», Milena Gabanelli a ottobre 2019 descriveva in poche parole il suo funzionamento: «Durante i cinque mesi di campagna elettorale 17 post su Facebook al giorno, 60 milioni di interazioni, 40 milioni di like e video visualizzati per oltre 5 milioni di ore. L’attesa delle interviste in TV è trainata da ripetuti annunci su Facebook; durante la trasmissione si pubblicano e si commentano in tempo reale i fermi-immagine e le dichiarazioni più efficaci per i messaggi da diffondere. In questo modo il pubblico social fa crescere l’audience TV; più cresce e più ti invitano. Lo stesso schema vale per i comizi. Poi la scelta dei messaggi da lanciare per raccogliere fan: quelli che penetrano la pancia, quelli motivazionali, l’attacco al rivale politico, le tenerezze della vita privata per coinvolgere gli utenti. L’argomento più discusso in rete cavalcato con post, foto, link, video. I sondaggi. Gli stratagemmi, i giochi, il caffè con il primo che clicca ‘‘like’’». Persone. Che creano post, li rilanciano, ricondividono. E utilizzano una tecnologia che è alla portata di tutti. Si tratta di un team di persone pagate per intercettare i sentimenti della rete, influenzare le interazioni degli utenti e fomentare la loro emotività. Ne deriva che così si «sparano» slogan brevi, si deride l’avversario politico, si presenta il Capitano come un italiano medio che mangia pane e Nutella e accarezza i gattini, condanna l’immigrato sul barcone e loda il cane eroe.


Comunicazione politica e garantismo
Di Luca Morisi e di Bestia si legge in ogni dove in questi giorni. Ma «è doveroso chiarire alcuni punti», come spiega da noi interpellato Alberto Bitonti, docente di Comunicazione politica all’Università della Svizzera italiana (USI). In primo luogo che «colui che ha messo in piedi la Bestia non ha fatto niente di paranormale o strano, se non un sistema intelligente di gestione dei dati messi a disposizione dei social network. Non c’è nessun super computer o meccanismo straordinario in questo – aggiunge -. C’è qualcuno che, come ogni social media manager che si rispetti dovrebbe fare, sfrutta il funzionamento dei social. È vero che la Lega è stata tra i primi partiti a coglierne le potenzialità, ha dato una svolta alla comunicazione». Per il professore, è necessario dividere la questione tecnica da quella politica. «Affidarsi alla comprensione profonda delle dinamiche del web e trovare il modo per risultare più amplificati e convincenti nella comunicazione sul web è la questione tecnica. La questione politica è l’uso che si fa di alcuni mezzi. E questa è una scelta». È qui che i metodi utilizzati da Salvini cascano. «Si entra nel discorso che contrappone il garantismo al giustizialismo, o gogna mediatica – aggiunge il professor Bitonti -. Uno non può essere garantista a giorni alterni o solo quando il suo amico finisce in un guaio giudiziario». Ed è su questo punto che tanti, nel «caso Morisi», si stanno prendendo una «rivincita». «La Lega negli anni ha sfruttato le emozioni, adottando una comunicazione politica legata agli istinti. In generale oggi la comunicazione è molto più emotiva. Sta tutto nel ‘‘lanciare un messaggio’’. Quindi si commenta l’evento dandone un’interpretazione emozionale. Si cavalca l’onda emotiva, anche se poi i processi durano anni o la verità dei fatti emerge mesi dopo. Nel frattempo, per parafrasare lo stesso Salvini, ‘‘si sbatte il mostro in prima pagina’’. È proprio questo il discorso etico che si può rimproverare al leader della Lega, il voler usare due pesi e due misure». Ma, ribadisce il docente dell’USI, «è giusto separare l’analisi tecnica, quella politica e quella etica».
Tutto insegna, se non si dimentica
Il «caso Morisi» fermerà la Lega o rappresenterà la morte de la Bestia? «Non credo – risponde senza indugio il professor Bitonti -. Oggi si parla di Luca Morisi, tra una settimana se ne saranno tutti dimenticati. Sono i cicli della politica». Ma qualcosa si può imparare dalla vicenda? «Essere colpiti da problemi giudiziari o avere persone vicine al proprio entourage coinvolte in problemi di droga dovrebbe insegnare un po’ più di moderazione. Il garantismo dovrebbe valere sempre e non ‘‘a corrente alternata’’. Ma a livello di comunicazione politica non cambierà nulla, proprio perché la memoria degli elettori e dei politici è abbastanza a breve termine. È più conveniente cavalcare un problema degli avversari e presentare la ‘‘propria parte’’ come ‘‘qualcuno che sbaglia’’. Ragioniamo tutti in maniera polarizzata ed emotiva. Fa parte della dinamica emozionale della politica e della polarizzazione che vede dalla propria parte il lato giusto e l’altra nel torto, sempre, indipendentemente da ciò di cui si parla».