Nel 2020 morte 342.000 donne per tumore al collo dell’utero

Iniziare uno screening regolare per il papilloma virus ai 30 anni d’età e farlo ogni 5-10 anni: è questa una delle indicazioni contenute nelle nuove linee guida pubblicate dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per ridurre le morti e i casi di tumore al collo dell’utero, che si verificano ancora in numero troppo alto. Solo nel 2020 oltre mezzo milione di donne si è ammalata di questo cancro e circa 342.000 ne sono morte, soprattutto nei paesi più poveri.
La strategia globale dell’OMS per eliminare questo tumore è di arrivare a monitorare regolarmente il 70% delle donne nel mondo con test di alta qualità, e far ricevere le terapie appropriate al 90%. Oltre alla vaccinazione contro il papilloma virus umano (HPV), l’adozione di questa strategia a livello globale potrebbe prevenire 62 milioni di morti per cancro della cervice uterina nei prossimi 100 anni. Nelle nuove linee guida si raccomanda come test di monitoraggio dell’HPV quello basato sul DNA, invece del pap test o dell’ispezione visiva con acido acetico. Il test del DNA è infatti in grado di rilevare i ceppi di papillomavirus a maggior rischio di causare cancro, è più semplice ed anche con un rapporto costo-efficacia maggiore. Secondo l’OMS i campioni auto-raccolti possono essere usati per il test del DNA dell’HPV: molte donne infatti si sentono più a loro agio a prelevarsi il campione a casa. Nelle linee guida c’è anche un focus specifico sulle donne sieropositive, che hanno un rischio 6 volte maggiore di sviluppare il tumore della cervice uterina, raccomandando l’inizio dei test di screening per loro a 25 anni e ad intervalli di tempo più brevi tra un esame e l’altro.