L'inchiesta

Nella «flotta ombra» russa molte petroliere europee e statunitensi

Stando a una indagine di «Follow the money», diversi Paesi che applicano le sanzioni contro Mosca hanno venduto vecchie navi poi finite a trasportare petrolio russo
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Red. Online
05.02.2025 18:30

Le petroliere della «flotta ombra» utilizzate per aggirare le sanzioni? Molto provengono proprio da quei Paesi occidentali che applicano le restrizioni economiche contro la Russia. È quanto emerge da un’inchiesta internazionale condotta dall'agenzia di stampa olandese Follow the Money (FTM), secondo cui le compagnie navali europee e statunitensi hanno venduto almeno 230 vecchie imbarcazioni, poi utilizzate per eludere le sanzioni occidentali contro la Russia sulle esportazioni di petrolio, contribuendo così al finanziamento della guerra in Ucraina.

Secondo l’indagine di FTM, gli armatori occidentali hanno guadagnato più di 6 miliardi di dollari da quando, nel 2022, è iniziata l’invasione russa, vendendo le navi a società registrate in Paesi che non impongono sanzioni economiche contro Mosca, come l’India, Hong Kong, il Vietnam e le Seychelles.

Le petroliere utilizzate dalla «flotta ombra» provenienti dai Paesi che applicano le sanzioni, sono state vendute in gran parte da compagnie greche, britanniche, tedesche e norvegesi a «prezzi eccezionalmente elevati».

Le società greche hanno venduto 127 petroliere, le quali rappresentano più della metà delle navi europee individuate, per un guadagno complessivo di poco inferiore ai 4 miliardi di dollari.

Secondo l’inchiesta, le aziende britanniche hanno ricavato un profitto di circa 590 milioni di dollari dalla vendita di 22 navi, mentre i proprietari tedeschi hanno venduto 11 imbarcazioni per 190 milioni di dollari.

Il rapporto cita, in particolare, il caso di due petroliere greche, vecchie di 15 anni, cedute a una società con sede ad Hanoi, che hanno cambiato nome e bandiera (da Malta a Panama) e che in seguito hanno caricato 120 milioni di litri di petrolio russo dal porto baltico di Ust-Luga, nella regione di Leningrado, vicino al confine con l’Estonia.

In generale, gli armatori di 21 dei 35 Paesi che hanno sanzionato il commercio di petrolio russo hanno venduto navi destinate alla «flotta ombra».

Nel 2022, i Paesi del G7 e l'Unione europea hanno implementato un tetto massimo al prezzo del petrolio russo per limitare le entrate nelle casse di Mosca tramite le esportazioni di greggio.

All'inizio di gennaio 2025, gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni contro «un numero senza precedenti di navi che trasportano petrolio, molte delle quali fanno parte della "flotta ombra"».

Secondo il New York Times, lo scorso dicembre, le navi della flotta ombra erano aumentate a tal punto da costituire circa il 17% del numero totale di petroliere del mondo.

Queste navi, oltre a eludere le sanzioni e provocare danni ambientali con lo sversamento di petrolio nei mari, secondo i funzionari della NATO avrebbero pure un ruolo nel sabotaggio di infrastrutture critiche, come i cavi sottomarini nel Mar Baltico.

Verso la fine del 2023, evidenzia Newsweek, l'UE ha introdotto nuove norme che impongono alle aziende che vendono navi a Paesi terzi di verificare che queste non vengano utilizzate per aggirare le sanzioni, ma da allora 32 petroliere di proprietà europea sono finite a far parte della «flotta ombra» russa.

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