Nessuno gioca più in quello stadio: è nelle mani degli oligarchi russi
Un altro tentativo, leggiamo, è andato a vuoto. Fra l'imbarazzo generale. In Finlandia, la più grande arena di hockey del Paese è (ancora) collegata ad alcuni oligarchi vicini, anzi vicinissimi a Vladimir Putin: Gennady Timchenko e la famiglia Rotenberg. Finora, le trattative per acquistare questo stadio del ghiaccio dai citati oligarchi sono andate a vuoto. Sempre. A questo giro, riferisce il portale indipendente The Insider, sarebbe stata la parta russa a tirarsi indietro dall'affare. E questo perché le condizioni erano sfavorevoli. Nel frattempo, le autorità finlandesi cercheranno di individuare delle basi legali per sequestrare l'arena. Arena che, in oltre due anni e mezzo di guerra, è oramai in disuso.
Subito dopo aver conquistato l'argento alle Olimpiadi di Pechino, nel febbraio del 2022, la Sbornaja, la nazionale russa di hockey, ha iniziato a pianificare i Mondiali di maggio. La squadra avrebbe dovuto disputare le partite del girone alla Hartwall Arena di Helsinki, lo stadio più grande del Paese appunto nonché una delle sedi del torneo. Un'occasione unica, soprattutto, per Roman Rotenberg: presidente dell'arena, figlio dell'uomo d'affari Boris Rotenberg e nipote di Arkady Rotenberg, all'epoca anche allenatore dello SKA San Pietroburgo. Un'occasione unica per riguadagnare terreno e influenza all'interno della Sbornaja, da cui era stato cacciato dopo esserne diventato, quattro anni prima, capo staff.
Colpa delle sanzioni
L'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca, tuttavia, mandò all'aria i piani di Rotenberg. E, di riflesso, spinse la Russia al di fuori di qualsiasi contesto sportivo internazionale: il 1. marzo, per dire, la Sbornaja venne esclusa dai Mondiali mentre gli organizzatori dell'evento si videro costretti a rinunciare all'Hartwall Arena poiché, banalmente, era in mani russe. Non solo, a stretto giro di posta i partner dell'arena, a cominciare dal produttore di bevande alcoliche Hartwall, levarono le tende. Tant'è che lo stadio oggi si chiama Helsinki Hall. Lo Jokerit, squadra di Helsinki sino a quel momento parte della KHL russa, su pressioni politiche lasciò il campionato. Anche tutti gli appaltatori e locatari rescissero i contratti con Arena Events, la società di gestione della pista.
Da allora, come detto, l'arena è rimasta vuota. E inutilizzata. Timchenko e la famiglia Rotenberg sono finiti nel mirino delle sanzioni dell'Unione Europea. Solo Roman Rotenberg, per certi versi, se l'è cavata, forte della cittadinanza finlandese. Ma il suo legame con la Russia è innegabile. Non a caso, è sottoposto a sanzioni statunitensi addirittura dal 2015. Il pasticciaccio, insomma, è servito. E Helsinki, da oltre due anni e mezzo, si ritrova con una cattedrale nel deserto. Una cattedrale che non riesce ad acquistare poiché, come spiegò il sindaco di Helsinki Juhana Vartiainen, «non è possibile fare affari con i russi presenti nella lista delle sanzioni». In questa fase, aveva aggiunto, «possiamo solo assicurarci che l'arena paghi le tasse e adempia ai suoi obblighi». In questi due anni e mezzo e oltre le autorità finlandesi hanno percorso più di una strada per garantire il passaggio di proprietà. Invano. Detto che il terreno su cui sorge lo stadio è di proprietà della Finlandia, i proprietari dell'impianto sono Gennady Timchenko e la famiglia Rotenberg. Insieme, questi due attori detengono il 44% delle azioni della società che gestisce l'arena. Un altro 13% è nelle mani della Federhockey finlandese mentre il restante è distribuito fra 557 piccoli azionisti, spiega The Insider. Detto di queste percentuali, giova ricordare che i due principali attori, Timchenko e la famiglia Rotenberg, detengono il 93,9% delle azioni con diritto di voto. La struttura, in termini di controllo, è loro.
Verso l'esproprio, ma poi?
L'arena aprì i battenti nel 1997. Timchenko e la famiglia Rotenberg acquistarono le loro quote nel 2013 dall'uomo d'affari finlandese Harry Harkimo. La cifra della transazione? 35 milioni di euro. Parallelamente, Timchenko e la famiglia Rotenberg si garantirono il 49% dello Jokerit. Trasferendo la squadra, dalla stagione 2014-15, nell'allora ricchissima KHL russa. All'epoca, Timchenko sottolineò che altre squadre in Europa, svedesi e svizzere in testa, avrebbero presto raggiunto la KHL. Trasformando il campionato in una sorta di NHL europea. Questi piani di espansione, per contro, non si avverarono mai. A distanza di un decennio da quelle parole, lo Jokerit è tornato a giocare in patria. A livello societario, non ha più legami e addentellati con la Russia. L'unico proprietario, oggi, è l'ex giocatore di hockey Jari Kurri. I problemi e il destino dell'arena, al contrario, rimangono irrisolti. La Finlandia, dicevamo, sta cercando delle basi legali per sequestrare lo stadio. Ma sia Timchenko sia Boris Rotenberg, padre di Roman, hanno pure il passaporto finlandese. Il che, evidentemente, complica e non poco le cose. L'alternativa è trovare un accordo economico con i proprietari. Ma, finora, non ha funzionato. Anche se, riferisce The Insider, la parte russa si è sempre detta disposta a vendere. Contattato dal portale d'inchiesta russo, il Ministero degli Affari Esteri finlandese ha spiegato: «Le azioni della Helsinki Hall che appartengono alle persone elencate sono attualmente congelate. Il congelamento delle azioni non impedisce di per sé l'utilizzo della sala per i suoi scopi, ma è piuttosto l'immagine legata alle sanzioni e alla guerra illegale di aggressione della Russia in Ucraina che ha portato alla situazione per cui la sala non viene utilizzata. Secondo le nostre conoscenze, negli ultimi tempi la società non è stata in grado di ricevere alcun servizio bancario e ha avuto problemi a pagare le bollette». Qualcosa, a tal proposito, si sarebbe dovuto muovere già a settembre. E invece lo stallo prosegue. A proposito di espropri e affini, Boris Rotenberg, subito dopo essere stato sanzionato, si era visto sequestrare le sue due Ferrari 599 GTB del valore di 300 mila euro dal Ministero degli Esteri finlandese e dall'autorità di recupero crediti. Oltre alle auto, Rotenberg aveva salutato due barche del valore di 225 mila euro. A maggio del 2022, ancora, a Boris Rotenberg erano stati sottratti degli immobili commerciali: 63 appartamenti a Hanko ora nelle mani del Comune.
L'arena, intanto, senza la necessaria e continua manutenzione sta accusando i segni del tempo. Lo scorso 19 settembre, addirittura, dei ladri si sono introdotti dal tetto. Rubando, per fortuna, solo degli alcolici e alcuni oggetti da collezione. Inciso: sono riusciti a entrare poiché, senza corrente, i sistemi d'allarme non funzionano. Hanninen, sia quel che sia, si è detto stupito che tanto la città di Helsinki quanto il governo finlandese non riescano a trovare una soluzione: «La maggior parte dei finlandesi non capisce come sia possibile che ci voglia così tanto tempo per sequestrare l'arena». La questione, per i finlandesi, è importante: «Tenete presente che l'arena si trova in una posizione centrale della capitale, ed è di proprietà di oligarchi vicini a Vladimir Putin, un criminale di guerra molto odiato». Una risposta ai dubbi di Hanninen, in realtà, si celerebbe dietro le reali volontà di Timchenko e Rotenberg: ovvero, non vorrebbero vendere l'arena ma trarre vantaggio da questo conflitto. Riassumendo, se dovessero accordarsi economicamente non vedrebbero quei soldi, non a breve almeno, mentre in caso di esproprio potrebbero «divertirsi» dando vita a una lunghissima battaglia in tribunale. Ancora il giornalista: «Vedo come una possibilità il fatto che i russi si godano questa situazione. La confusione è un danno per la Finlandia e, poiché la Russia considera la Finlandia, membro della NATO di recente adesione, come una potenza ostile, la confusione fa comodo al Cremlino».